Il 9 luglio scorso, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato il Belgio per non aver sufficientemente motivato il rifiuto di consegnare alla giustizia spagnola Maria Natividad Jauregui Espina (“Pepona”), presunta esponente di Euskadi Ta Askatasuna. Ricercata dal 1979, la militante basca veniva arrestata nell’ottobre 2013 a Gand dove viveva da alcuni anni. Era accusata di aver preso parte nel 1981 ad azioni del commando Vizkaya in cui avevano perso al vita due militari (tra cui il colonnello dell’esercito Ramon Romeo) e altrettanti poliziotti e guardie civili.
Giudicata a Gand in base a due mandati di cattura europei, dopo un primo parere favorevole della camera di consiglio, l’estradizione veniva rifiutata. Infatti si temeva che in Spagna “Pepona” venisse sottoposta a condizioni detentive disumane o degradanti (in pratica: tortura).
Nel 2015 la giustizia spagnola aveva emesso un nuovo mandato di cattura europeo respingendo l’accusa mossale di tollerare possibili violazioni dei diritti umani. Ma anche questo nuovo MAE è stato rifiutato il 9 luglio, sia dal tribunale di Gand sia dalla Corte di Cassazione.
Da parte sua la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto il diritto del Belgio di non applicare automaticamente il meccanismo di reciprocità quando questo si scontra con la violazione di diritti umani fondamentali. Ritiene infatti che il timore di trattamenti disumani o degradanti sia legittimo, basandosi su precedenti sufficientemente dimostrati.
Contemporaneamente ha condannato il Belgio a indennizzare i figli del colonnello Ramon Romeo (ucciso da ETA a Bilbao nel 1981) a circa 12.000 euro per danni morali.
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