Socialisti, globalisti, europeisti, intellettuali radical chic, magistrature deviate… La bella umanità che costituisce l’élite occidentale, più o meno velatamente adora i terroristi e non riesce proprio a sopportare le vittime. Ora si preoccupano tutti per qualche mentecatta che ha aderito all’ISIS e vuole tornare in Europa, ma se ne infischiano delle migliaia di yazidi trucidati dai nazislamici.
Lo scorso 15 marzo, un gruppo di yazidi ha organizzato una manifestazione davanti alla Casa Bianca per chiedere al governo americano di localizzare o salvare le circa 3000 donne e bambine catturate, tenute prigioniere o uccise dai terroristi dell’ISIS. I manifestanti hanno attirato l’attenzione sull’ultima infamia dei miliziani dell’ISIS i quali, prima di fuggire da Baghuz, la loro ultima roccaforte nella Siria orientale, hanno decapitato 50 donne yazidi che avevano usato come schiave sessuali.
La maggior parte dei partecipanti alla manifestazione erano persone sopravvissute agli attacchi dell’ISIS contro gli yazidi, etnia non musulmana autoctona in Iraq, Siria e Turchia. Secondo uno studio del 2017 pubblicato dalla rivista “PLOS Medicine”, nel solo agosto 2014
sono stati uccisi [in Iraq] circa 3100 yazidi, di cui quasi la metà sono stati giustiziati – fucilati, decapitati o bruciati vivi – mentre il resto sono morti sul monte Sinjar per fame, disidratazione o per le ferite riportate durante l’assedio dell’ISIS. Il numero stimato delle persone rapite è 6800. Chi è riuscito a scappare ha raccontato degli abusi subiti, tra cui la conversione religiosa forzata, le torture e la schiavitù sessuale. Oltre un terzo dei rapiti non erano stati ancora ritrovati al momento della pubblicazione dello studio. Tutti gli yazidi erano nel mirino indipendentemente da età e sesso, ma i bambini sono stati colpiti in modo sproporzionato. Pur avendo la stessa probabilità degli adulti di essere giustiziati, hanno tuttavia costituito il 93% dei morti sul monte Sinjar. Inoltre, i bambini rappresentano appena il 18,8% degli yazidi che sono riusciti a sfuggire alla prigionia.
Racconti dell’orrore che dovrebbero conquistare le prime pagine dei giornali di tutto il mondo, ma che purtroppo vengono ignorati. Al contrario, è stata prestata molta attenzione alla storia di Shamima Begum, una tizia di origine britannica che ha lasciato il Regno Unito nel 2015 per unirsi all’ISIS in Siria e che voleva tornare in patria nel febbraio scorso. Il caso della Begum ha suscitato un acceso dibattito sulla condizione e sul trattamento degli jihadisti “occidentali” che cercano di tornare a vivere nei Paesi che hanno concesso loro la naturalizzazione.
Alcuni opinionisti hanno dipinto la Begum come una vittima di “adescamento” e “lavaggio del cervello” da parte dei terroristi islamici a cui si è unita. In un’intervista rilasciata a Sky News nel febbraio scorso, la Begum ha dichiarato di essere stata pienamente consapevole delle decapitazioni e delle altre atrocità commesse dall’ISIS prima di recarsi in Siria. “Ero al corrente di quanto accadeva e mi stava bene”, ha detto. “Perché, sapete, ho iniziato a diventare religiosa poco prima di partire. Da quanto ho appreso, dal punto di vista islamico tutto è permesso”.
Alla domanda se le fosse sorto qualche scrupolo in merito, la donna ha risposto: “No, niente affatto”.
La Free Yezidi Foundation, che chiede giustizia per le vittime e i sopravvissuti del genocidio islamico, ha espresso rabbia e frustrazione per la calda attenzione che la Begum, unitasi allo Stato Islamico di sua spontanea volontà, ha ricevuto da certi politici in Gran Bretagna. Rivolgendosi alla parlamentare britannica Diane Abbott – secondo la quale rendere la Begum “apolide” è “insensibile e disumano” – la FYF ha twittato:
Lei sa che alcune delle nostre bambine di appena sei anni sono state letteralmente vendute ai mercati degli schiavi nel territorio dell’ISIS? Quando gli uomini uscivano per combattere era una “sposa dell’ISIS” che le chiudeva in casa.
Inoltre, era una “sposa dell’ISIS” che lavava, vestiva e truccava le donne e le ragazze yazidi preparandole per essere stuprate o vendute. Molti uomini e donne criminali erano britannici, non potremmo piuttosto attirare l’attenzione sul genocidio disumano e insensibile che hanno compiuto?…
È abominevole che il benessere di questa donna e del suo bambino riceva un’attenzione così enorme, mentre le migliaia di donne che sono state rapite e ridotte in schiavitù dalla sua organizzazione (con la partecipazione delle donne dell’ISIS) non la ricevono.
Uno dei partecipanti alla manifestazione di protesta di Washington, Salim Shingaly, attivista yazidi iracheno, ha dichiarato al Gatestone Institute:
Mentre speravamo di riunirci con le donne e le bambine yazide rapite dai terroristi dell’ISIS, di recente abbiamo appreso che 50 di loro sono state decapitate. Intanto, quelli che hanno stuprato e ucciso le nostre donne sono liberi di tornare nei loro Paesi a vivere una vita normale. Questo ci fa pensare che non abbiamo valore come esseri umani agli occhi degli altri: stiamo per perdere la nostra fede nell’umanità.
Dovrebbe essere ovvio, per i governi occidentali, rendersi conto che i terroristi dell’ISIS rappresentano un rischio colossale per i Paesi che li lasciano tornare.
Dawood Saleh, un sopravvissuto al genocidio degli yazidi e autore del libro Walking Alone, ha aggiunto:
Sono così addolorato per le migliaia di donne e bambini della comunità yazida che soffrono per mano dell’ISIS, mentre alcuni media occidentali stanno cercando di banalizzare le azioni di coloro che hanno violentato, torturato e ucciso la nostra gente. Questi media non danno abbastanza voce ai sopravvissuti yazidi.
La mia famiglia ha perso la casa ed è finita in un campo profughi dove vive da quasi cinque anni, a causa dei mostri dell’ISIS. Hanno distrutto i nostri villaggi e i templi, ci hanno costretti a disperderci in ogni parte del mondo. Ignorando le nostre sofferenze e dando invece copertura mediatica positiva alle “spose” dell’ISIS o ai miliziani che tornano in Occidente, alcuni organi di stampa e politici occidentali stanno distruggendo ogni barlume di speranza in noi che siamo sopravvissuti al genocidio.
Secondo Adil Suliman, un attivista yazidi che ha partecipato alla manifestazione di protesta,
gli yazidi presenti in Iraq hanno paura che tutte le atrocità compiute dall’ISIS si ripetano, perché gli yazidi vivono ancora in mezzo ai musulmani, e i musulmani non ci ritengono esseri umani.
Haji Ali Hameka, un altro attivista e interprete yazidi, ha espresso disappunto per il recente caso di una sopravvissuta al genocidio, rimasta inorridita quando ha incontrato in Canada il suo rapitore e stupratore dell’ISIS:
È terribile sentire che i governi occidentali stanno permettendo ai criminali che hanno violentato e decapitato persone innocenti di tornarsene impunemente a casa. Un criminale è un criminale, che sia occidentale o mediorientale. Lo Stato di diritto deve prevalere ovunque. Non penso che ci sia un combattente dell’ISIS che non abbia stuprato o ucciso. Le punizioni per le loro azioni dovrebbero essere severe. Come può il Canada consentire a questi terroristi di rimanere a piede libero?
Lo studioso yazidi iracheno Nawaf Ashur Yousif Haskan conferma:
Ci opponiamo fermamente alla decisione dell’Occidente di far tornare nei loro Paesi d’origine questi miliziani dell’ISIS e le loro spose. Piuttosto, dovrebbero essere incarcerati e processati in Iraq da un tribunale internazionale per tutto ciò che hanno fatto in Siria e in Iraq. Ognuno di loro ha sposato una pericolosa ideologia. Noi diciamo all’Occidente: se non vuoi che le donne occidentali subiscano ciò che è accaduto alle donne yazidi, allora non lasciare che questi criminali tornino.
Il giorno della manifestazione di protesta di Washington, il governo iracheno e le Nazioni Unite hanno iniziato a riesumare i corpi sepolti in una fossa comune a Sinjar, alla presenza di Nadia Murad, vincitrice del premio Nobel per la Pace, i cui familiari uccisi sarebbero stati seppelliti in quell’area. Sul sito web ufficiale della Murad si legge che quella è stata la prima esumazione di corpi in una fossa comune contenente i resti degli yazidi trucidati dai loro aguzzini islamici.
Di quali ulteriori prove ha bisogno l’Occidente per considerare le vittime dei terroristi dell’ISIS più meritevoli di interesse mediatico e di solidarietà rispetto ai terroristi “di ritorno” e alle loro spose compiacenti?