Non si fa certo soverchie illusioni il vecchio leone libertario. Per Noam Chomsky la politica estera statunitense del dopo Trump non subirà cambiamenti sostanziali. Ma forse – dice – perlomeno nel caso dei curdi “non credo che Biden sarà altrettanto brutale di Trump. Non credo che approverà l’uccisione dei curdi come invece ha fatto Trump”. E comunque la cosa più importante resta “quello che farà la società civile, il sostegno che si saprà costruire in seno alla società civile e al popolo perché sarà questo sostegno a influenzare le politiche della nuova amministrazione”.
Il 15 gennaio è stato il giorno dell’inaugurazione della conferenza sulla libertà organizzata dal dipartimento delle Scienze Sociali dell’Università del Rojava. E non poteva esservi relatore più qualificato del filosofo e linguista Noam Chomsky. Nonostante appaia evidente come in Rojava il processo di autodeterminazione stia attraversando un momento difficile, Chomsky ha voluto affermare che “è già un miracolo che abbia saputo sopravvivere fino a ora”, appellandosi quindi all’intera comunità internazionale affinché tale esperienza possa continuare a esistere, a crescere.
Il problema principale, secondo Chomsky, è quello di “capire come por fine gli attacchi condotti dallo Stato turco con l’approvazione degli USA”. Contemporaneamente è importante anche capire “come i curdi reagiranno alle proposte di Damasco”.
Il filosofo statunitense, in base alla sua esperienza, si è detto comunque convinto che “un efficace sostegno internazionale è possibile”.
Se non dovesse esserci pressione in tal senso da parte della società civile, gli Stati Uniti quasi certamente continuerebbero a garantire il sistema attuale, quello che ha consentito alla Turchia di attaccare i curdi. Sollecitato con forza dalla società civile, Biden potrebbe comportarsi diversamente da Trump; ma “non bisogna perdere altro tempo: il mondo dovrebbe far pressione su Biden fin da ora”.
Nel suo intervento non sono mancate le raccomandazioni all’amministrazione autonoma del Rojava. Ricordando come questa sia stata in Sudafrica una politica vincente per la crescita democratica, ha sottolineato che “la cosa più importante è garantire i diritti delle donne. È la vostra principale speranza”. Ha poi concluso ribadendo che “il valore della rivoluzione in Rojava deve essere compreso in tutto il mondo, universalmente”.