Chiedo umilmente scusa agli amici e compagni curdi, ma devo ancora una volta ammettere che sono fondamentalmente ingenui (anche se forse dovrei dire “ancora integri, non infettati dal male oscuro del capitalismo e delle gerarchie…”).
Quello che avevo pensato – e scritto – varie volte, trova ulteriore conferma.
Ipotizzavo che gli Stati europei sostanzialmente si aspettassero, dandolo per scontato, che i curdi eliminassero fisicamente il problema costituito dalle migliaia di prigionieri jihadisti. E infatti ora, perfino nella civilissima Olanda, si propone (da parte di membri della maggioranza, non da qualche gruppuscolo) di lasciarli giudicare da un tribunale iracheno sapendo così di condannarli a morte quasi certa.
Per carità. Nessun piagnisteo per questi fanatici tagliagole. Peggio di loro solo i mandanti, i terroristi di Stato. Tra cui gli USA, la Turchia, l’Arabia Saudita… forse anche Israele che comunque ne curava i feriti. Pare inoltre che lo stesso Assad ne avesse rimessi centinaia in libertà quando in Siria scoppiavano le prime rivolte, poi presumibilmente infiltrate e strumentalizzate. Prima li hanno usati come ascari (compiacenti comunque) e ora hanno fretta di liberarsene. Anche per non lasciare tracce.
I curdi invece (senza per questo escludere qualche eccesso, di cui però non trovo notizie certificate ma solo propaganda rosso-bruna) hanno effettivamente creduto nei valori tanto strombazzati dall’Occidente (libertà, democrazia, diritti umani, Convenzione di Ginevra) e li hanno messi in pratica rispettando perfino questi assassini seriali (oltre, beninteso, alle loro famiglie). Vedendo cosa ora stanno facendo gli alleati di Ankara alle donne curde, sia alle civili sia alle combattenti, mi veniva da pensare – e anche questo l’avevo scritto – che in fondo “‘sti curdi erano stati fin troppo buoni”.
Altro che le inesistenti “pulizie etniche” operate dai curdi in Rojava contro altre etnie di cui farneticava qualche giovane ricercatore “anticapitalista”. Riportando le dicerie di quell’altro scappato da casa e rifugiato a Damasco. Da dove – ed è umanamente comprensibile – non può che celebrare il regime, infangare i curdi e sperare che non lo riconsegnino alla CIA o ai servizi francesi, magari in cambio di qualcosa. Posizione umanamente comprensibile la sua, dicevo, vicenda che presenta qualche analogia con quella – solo apparentemente opposta – di John Cantlie.
Ma non a spese dei curdi, cazzo! Diffamati e infangati con uno stile che ricorda quello di Pansa quando scriveva sui partigiani.
Torniamo agli europei. Carini loro (noi). Prima, per mesi e mesi hanno finto di ignorare quanto accadeva nelle prigioni (talvolta solo delle palestre controllate da civili) e nei campi (dove alcune donne che tentavano di andarsene sono state uccise da altre donne, mogli di jihadisti). E adesso, quando la situazione è insostenibile, continuano a lavarsene le mani lasciando il lavoro sporco da svolgere a giudici e boia iracheni (o magari anche siriani; vi ricordate delle prigioni siriane dove si praticava la tortura per conto terzi?). Il tutto mantenendo la solita aria di superiorità in campo giuridico e morale.
Non solo l’Olanda. Sarebbero almeno sei o sette i Paesi europei (si parla anche di Francia, Gran Bretagna, Belgio, Svezia e Danimarca) in trattative con il governo iracheno per “smaltire” i prigionieri dell’ISIS con passaporto europeo. Alla modica cifra di qualche milione di euro elargito a Bagdad per ogni jihadista giudicato.
La prospettiva? Anche escludendo l’eventualità di confessioni strappate con la tortura, si avrebbero processi lampo (un quarto d’ora al massimo, garanzie inesistenti) che presumibilmente si concluderebbero con la condanna a morte. Non occorrono prove di reati specifici, basta la – magari presunta – appartenenza allo Stato Islamico.
Come nel caso di undici “francesi” la cui esecuzione per ora sembra essere stata rinviata.