Parlando di Sahara Occidentale, la prima impressione è che tutto sommato si registri una discreta attività diplomatica a livello internazionale (e non mancano le manifestazioni di solidarietà).
Con il 45° vertice della sadc (Comunità di Sviluppo dell’Africa Australe), tenutosi a Antananarivo in Madagascar, si confermava il sostegno dei Paesi partecipanti al diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi.
Quasi contemporaneamente, con la nona edizione del vertice Giappone-Africa-ticad (Tokyo International Conference on African Development), l’isolamento del Marocco sembrava essersi accentuato. Infatti Rabat ha dovuto, se pur obtorto collo, subire la presenza al vertice di rappresentanti della Repubblica Saharawi.
Non sembra poi voler calare, almeno per ora, la tensione tra Algeria e Francia. Fermo restando che buona parte della diplomazia occidentale sembra dare prove ricorrenti di incapacità nell’affrontare la questione saharawi. E non solo quelle di Parigi, Washington e Londra: tre membri permanenti del Consiglio di sicurezza che sostengono apertamente il piano di Rabat.
Da questo punto di vista, una recente intervista di Abdelaziz Rahabi apparsa su El Independiente e ripresa da L’Algérie Aujourd’hui, può fornire qualche chiarimento.
L’ ex ministro algerino della cultura ed ex ambasciatore in Spagna denuncia apertamente che “il piano marocchino di autonomia per il Sahara Occidentale del 2006 non è stata concepito a Rabat ma a Parigi”. All’epoca di Jacques Chirac che poi tentò di “venderlo” agli altri Paesi europei. Frutto degli ottimi rapporti con Hassan II e poi con il figlio Mohamed VI. Sarkozy proseguì nella medesima direzione e Rachida Dati impersonò il volto ufficiale della “lobby filo-marocchina” in Francia.
Ricordo che attualmente il “piano di autonomia” implica quella che è stata definita “occupazione silenziosa” della regione. Con vari effetti collaterali quali la distruzione di abitazioni e la deportazione della popolazione sahrawi per progetti turistici ed energetici,
Inoltre Abdelaziz Rahabi sostiene che l’attuale crisi tra Algeria e Francia, oltre che dalle vecchie ferite mai rimarginate, viene alimentate dalle manovre elettorali francesi. Ossia che “la Francia ha fatto dell’Algeria uno strumento della sua politica interna”. Intensificando gli attacchi contro Algeri (vedi gli interventi contro l’immigrazione e l’islam) ogni qualvolta si avvicinano le elezioni.
Ma evidentemente, aggiunge, “non conoscono gli algerini”.
Per completare il quadro, va anche segnalato (ce lo ricordava recentemente Luciano Ardesi su “Nigrizia”) che comunque qualche crepa in merito alla questione saharawi si è aperta anche tra i Paesi africani.
Qualche mese fa, il 10 giugno, presso il Comitato Speciale sulla decolonizzazione nella sede delle Nazioni Unite, si era tenuto un dibattito sul Sahara Occidentale (uno dei 17 territori non autonomi di cui si occupa il Comitato). Erano intervenuti, oltre ai membri del Comitato, vari osservatori e anche il rappresentante del Polisario presso le Nazioni Unite. Con ripetuti tentativi da parte del Marocco – presente in qualità di osservatore – di impedire gli interventi di chi difendeva i diritti dei saharawi.

A conti fatti la maggioranza dei Paesi africani rimane a favore dell’autodeterminazione. Tuttavia Senegal, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Gambia, Togo, Benin, Comore, Repubblica democratica del Congo e Guinea Bissau si sono allineati con il piano di autonomia del Marocco.
Naturalmente Algeria e Sudafrica mantevano con forza le loro posizioni a favore sia dell’autodeterminazione sia del referendum. Stessa posizione, per quanto tiepida, sfumata, quella dell’Etiopia che ospita la sede dell’Unione Africana di cui fa parte anche la rasd (Repubblica Araba Sahrawi Democratica). Nonostante i ripetuti tentativi di Rabat per escluderla.
Va anche segnalato che – per “merito” della aggressiva diplomazia di Rabat – in America Latina sia Panama che l’Ecuador l’anno scorso hanno ritirato il riconoscimento alla rasd. Mentre al Comitato Speciale si sono espressi a favore Venezuela e Bolivia.
Per il Medio Oriente, intervenendo a nome dei sei Paesi membri del Consiglio di cooperazione del Golfo, il Kuwait si è espresso a favore del piano di autonomia marocchino.
Sappiamo poi che ancora nel 2020 Trump aveva riconosciuto la sovranità di Rabat sul Sahara Occidentale, in cambio dell’adesione del Marocco agli Accordi di Abramo e al ristabilimento di rapporti diplomatici (ma anche economici e militari) con lo stato di Israele.
Nel frattempo l’ufficio saharawi per il coordinamento delle attività relative alle mine antiuomo (smaco) ha smentito con prove la propaganda di Rabat (definita “una manipolazione dei fatti”) in merito alla distruzione delle mine anti-persona nei territori occupati.