Un virus sta mettendo in ginocchio l’umanità e la pandemia mostra la fragilità dell’èra post-tecnologica. Questa situazione potrebbe essere almeno proficua all’uomo, annegato nell’immanenza, affinché tornando alla fede dei semplici faccia memoria delle suppliche a San Rocco contro l’orribile flagello della Peste Nera del ‘300. La Chiesa (che allora cominciava a essere contestata da sètte eretiche in quanto istituzione interprete esclusiva del rapporto tra il singolo e Dio) e la fede popolare fecero del santo medievale il protettore dei malati di peste, dei contagiosi, degli invalidi nonché dei prigionieri.
Considerato un taumaturgo, la sua grande popolarità partendo dalla Languedoc si estese in Provenza, nell’attuale Italia – dal Friuli al Sud – e successivamente in tutta Europa. Visti gli indizi scarni e approssimativi su du lui (non lasciò scritti) e non potendo fare una puntuale biografia, siamo costretti a una sintesi sommaria. C’è comunque da chiedersi come abbia fatto, in soli trent’anni di vita, a ottenere una generale approvazione popolare nell’immaginario collettivo divenendo uno dei santi più amati in tutto il continente. Molti avvenimenti significativi della Storia Maggiore hanno avuto origine nella quotidianità di quella che, con sufficienza, è chiamata Storia Minore e che i testi non hanno colto. A chi obietta che la Storia Minore non ha fonti accreditate ed è influenzata dalla tradizione, si può rispondere che le leggende, se coeve e non manipolate, possono fornire informazioni verosimili sui personaggi che si mossero in un particolare contesto storico.
Rocco nacque a Montpellier approssimativamente fra il 1345 e il 1350. Figlio del magistrato Jean Roch Delacroix e della moglie Libèr, che avevano perso le speranze di un erede per il casato e perciò avevano invocato la Beata Vergine, venne alla luce con un segno rosso vermiglio a forma di croce sul petto e fu battezzato nel santuario cittadino di Notre-Dame des Tables. Di viva intelligenza, ebbe una madre pia e fu educato religiosamente secondo gli insegnamenti della Chiesa, mostrando fin dai primi anni di vita compassione e carità per i poveri e gli ammalati, che accoglieva volentieri presso la casa del padre donando loro i propri risparmi. A sedici anni frequentò l’Università di Montpellier e a venti perse a breve distanza di tempo il padre e la madre. Il padre prima di morire, conoscendo la sua vocazione, gli aveva detto: “Figlio mio, sii sempre fedele servitore di Nostro Signore Gesù. Aiuta le vedove, gli orfani e i malati; impiega in opere buone ciò che ti ho lasciato”.
La peste nera
In quel periodo l’Europa perse per la pandemia un terzo degli abitanti e l’Italia si spopolò; a Siena, per esempio, morirono 70.000 persone, a Firenze 100.000. In Francia furono decimate le città di Marsiglia e Avignone, quest’ultima città vassalla della Santa Sede e luogo della cattività del papato dal 1309 al 1377, dove si avvicendarono sette pontefici consecutivi di etnia occitanica. Ovunque
regnava il panico, il contagio ogni giorno andava crescendo, la gente scappando abbandonava a sé stessi i malati e mancavano persino braccia sufficienti per seppellire i morti.
Davanti a tale catastrofe Rocco, inizialmente studente universitario a Montpellier e poi misticamente trascinato dalla chiamata del Signore, entrò nel Terzo Ordine dei francescani per aiutare i malati. Indossato l’abito del pellegrino, fece voto di recarsi a Roma per pregare sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo. Non è possibile ricostruire il percorso scelto per arrivare dalla Francia in Italia: forse attraversò le Alpi per poi dirigersi verso l’Emilia e l’Umbria, oppure seguì la Costa Azzurra per scendere dalla Liguria al litorale tirrenico. Probabilmente nel luglio 1367 si trovava ad Acquapendente, una cittadina in provincia di Viterbo dove, ignorando i consigli della gente in fuga dalla peste, chiese di prestare servizio nel locale ospedale mettendosi al servizio della collettività. Per essere ammesso supplicò Vincenzo, l’amministratore dell’ospedale, che si opponeva al suo ingresso perché non voleva che venisse contagiato vista la sua giovane età. Le sue insistenze alla fine furono premiate e il nostro Santo poté accedere al riparo di quei poveri sfortunati. Li aiutò con parole di carità, li confortò, asciugò le loro lacrime. Fra quelle mura rifugio del corpo e colme di sofferenza, ma anche di fiducia nella Grazia di Dio, fece molte conversioni. La tradizione dice che, in quel luogo, Rocco compì una serie di miracoli. Entrato in paese “udì come la peste vi facesse strage” e per trasporto d’amore, essendosi votato alla cura degli infermi, facendo il segno della Croce sugli appestati questi furono miracolosamente risanati.
Dopo essere stato ad Acquapendente per tre mesi, al diradarsi evidente dell’epidemia, se ne andò dirigendosi verso l’Emilia Romagna dove il morbo infuriava, al fine di prestare il proprio soccorso anche in quelle terre.
Arrivò a Roma fra il 1367 e l’inizio del 1368, quando papa Urbano V era appena ritornato da Avignone. Probabilmente egli si recò all’ospedale del Santo Spirito, dove sarebbe avvenuto il più famoso miracolo attribuito a San Rocco: la guarigione di un cardinale, liberato dalla peste dopo aver tracciato sulla sua fronte il segno di Croce. Lo stesso cardinale avrebbe presentato Rocco al pontefice, momento culminante del suo soggiorno romano. La partenza da Roma avvenne tra il 1370 e il 1371. Varie tradizioni segnalano la sua presenza a Rimini, Forlì, Cesena, Parma, Bologna. Nel luglio del 1371 passò per Piacenza, all’ospedale Santa Maria di Betlemme, per soccorrere gli appestati.
La continua prossimità con i malati fece sì che anch’egli venisse infine contagiato. La peste bubbonica era presente in due forme: una infettava il sangue causando bubboni ed emorragie interne, e si trasmetteva per contatto; la seconda, più forte, era di tipo polmonare e veniva trasmessa per infezione delle vie respiratorie. Non sappiamo in quale forma Rocco abbia contratto la malattia, ma la somma delle due patologie causava la moltiplicazione della mortalità, sicché per non contribuire al contagio egli si nascose in un bosco vicino al fiume Trebbia. In pessime condizioni fisiche, stremato, si lasciò cadere ai piedi d’un albero pensando che fosse ormai arrivata la sua ultima ora, ma l’angelo del Signore gli apparve per confortarlo e assicurargli che le sue sofferenze erano gradite a Dio. Quando l’apparizione si dissolse, nel punto in cui si trovava l’angelo egli vide uscire dalla terra dell’acqua sorgiva che gli servì per lenire il bruciore delle piaghe.
In una valle non lontana da quella selva, dimorava il conte Gottardo Pallastrelli del castello di Sarmato (oggi in provincia di Piacenza) il quale si era isolato nelle sue terre per stare alla larga dalla peste ed era solito passare il tempo andando a caccia. Mentre mangiava all’aperto in compagnia degli amici, s’avvicinò alla tavolata un cane randagio e furtivamente rubò da questa un tozzo di pane scappando via. Il nobile sulle prime non prestò attenzione, ma il giorno dopo, quando il cane tornò nuovamente a rubare il pane, lo seguì incuriosito. Lo vide inoltrarsi in un fitto bosco e dirigersi verso una spelonca. Entrato, il conte si trovò davanti a un uomo sofferente sdraiato su un letto di foglie secche e ai suoi piedi il cane intento a porgergli il tozzo di pane. Nei secoli, infatti, gli artisti hanno ritratto e scolpito immagini di San Rocco – con bastone, cappello, borraccia e conchiglia per raccogliere l’acqua – portate in processione per la sua festa, il 16 di agosto, mentre indica, scostando il mantello, la ferita alla gamba malata insieme a un cane che gli porge del pane.
Toccato nel cuore dall’evento, il nobile Gottardo fece voto di povertà rifuggendo il mondo e le sue vanità e, dopo aver lasciato i suoi beni ai poveri, si ritirò in un chiostro indicatogli da Rocco dove finì devotamente i suoi giorni.
Sfigurato dalla peste, Rocco arrivò ai confini di Voghera e fu implicato, suo malgrado, nelle complicate vicende politiche del tempo. Fermato dalle guardie che gli domandarono chi fosse, non volle dire il suo nome e rispose di essere “un umile servitore di Gesù Cristo”. Venne così scambiato per una spia e condotto davanti al governatore che lo mise in prigione a Voghera. Dopo cinque anni, ridotto ormai a un relitto umano, dopo aver vissuto da santo morì da martire il 15 o il 16 agosto, tra il 1376 e il 1379. Accanto alla sua salma venne ritrovato uno scritto con queste parole: “Chi m’invocherà contro la peste sarà liberato dal flagello”.