A parlà de cü e de merda l’anima la se cunserva, dicono i lombardi, per significare che si trovano al mondo pochi argomenti capaci di far sorridere come quelli innocentemente scatologici. O forse i lombardi lo dicevano ai tempi in cui chiappe, retti e sfinteri non erano ancora oggetti di guerre religiose e l’osso sacro si chiamava così solo per un’impropria traduzione dal greco. Resta inteso che di questi tempi scherzare con le terga o, peggio, con attività connesse è come scherzare con il fuoco. Chi pratica la goliardia, già dal post-sessantotto merita il carcere sociale per antifemminismo, ma chiunque oggi sia colto in possesso di una copia del Processo di sculacciabuchi rischia almeno la sedia elettrica per omofobia.
In questa simpatica e concorde atmosfera di omofilia diffusa, è entrata a gamba tesa la dottoressa Silvana De Mari con dichiarazioni capaci di sconvolgere chiunque pratichi il sesso anale o abbia intenzione di dedicarvisi. Come antipasto, la medica e scrittrice casertana sostiene che l’omosessualità non esiste, perfezionando un tantino le asserzioni della regina Vittoria che limitava la propria incredulità a quella femminile (rendendo così il lesbismo inattaccabile dalla legge britannica dell’epoca):
La sessualità è il modo della biologia per creare le generazioni successive attraverso l’incontro tra gameti femminili e maschili. A Madre Natura non interessa nulla del piacere personale, a Madre Natura interessano solo i piccoli, le generazioni successive.
Dove non c’è incontro di gameti non c’è sessualità. Se io mi masturbo è autoerotismo non sesso. Dunque queste persone, i gay, sono asessuate e omoerotiche. La sessualità è solo tra maschi e femmine, mettere il pene in una donna è sesso.
Questo l’aspetto, se vogliamo, zoologico: in natura non esiste la sodomia perché i gibboni non la praticano; ma, si potrebbe obiettare, i gibboni non mettono neppure il preservativo, né si abbandonano al sesso orale. Malgrado quanto credono castimoniosi e vecchie zitelle, il sesso non è affatto il lato bestiale del sapiens, ma proprio quello che lo differenzia maggiormente dagli animali in quanto espressione per molti versi culturale, estetica e addirittura poetica. Sì, probabilmente in natura non esiste l’omosessualità, ma non esiste nemmeno l’erotismo.
Ma continuiamo con le parole della De Mari rilasciate a Radio 24:
L’omosessualità è drammatica per la condizione anorettale, dell’ano. L’ano fa parte del tubo digerente. L’apparato riproduttore è altra cosa. La vagina è stata creata per essere penetrata, per questo ha una mucosa incredibile. Avete presente Aragorn del Signore degli Anelli? Una roba di questo tipo, ci sono tanti strati, ghiandole che producono molto lubrificante, c’è una sottomucosa, una miriade di vasi linfatici che la proteggono da batteri, virus, micosi e tante schifezze. La cavità anale è stata creata perché passino le feci, dall’interno all’esterno. E basta. Non è prevista la penetrazione del pene, Madre natura non lo ha previsto. Il buco non è stato creato per quella cosa lì, si ammala. Conosco tanti gay che hanno danni inenarrabili, fanno disastri. Anche tra eterosessuali.
Da quanto tempo non si sentiva qualcuno dire roba del genere? Tuttavia il piacere di aver spernacchiato i politicamente corretti dura poco, con queste argomentazioni.
Giornalisti e commentatori, manco a dirlo, si sono scagliati contro la donna in quanto rea di omofobia – del che ci cale assai poco – ma hanno dedicato minor tempo a contestare le sue osservazioni anatomiche.
Non dal punto di vista clinico (che mi è ignoto), ma da semplice osservatore (purtroppo solo della casistica femminile, ma si suppone che l’apparato anale sia bisex), posso affermare che i proclami della De Mari sono solenni baggianate.
Chi ha una certa età probabilmente ricorda analoghi tentativi in un famoso saggio, Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso (ma non avete mai osato chiedere), che non è il film di Woody Allen ma un trattato divulgativo del sessuologo David Reuben: già nel 1972, Reuben metteva in guardia contro la penetrazione anale, specificando anch’egli che il luogo non è “deputato” in quanto a differenza della vagina è privo di lubrificazione naturale. Grande strazio a chi la praticava, dunque, e terribili malattie 45 anni prima della De Mari.
Ora, chiunque vanti qualche esperienza sull’argomento – il 30% delle donne, per esempio – sa benissimo che questa lubrificazione naturale avviene, eccome. Probabilmente non è stata ancora studiata a livello scientifico, ma non c’è da stupirsene: tra erotismo e medicina esiste una forte quanto inspiegabile incomprensione. Per motivi misteriosi (anche gli scienziati si imbarazzano?) le dinamiche fisiche del sesso vengono raramente approfondite, e chiunque lo pratichi con passione e competenza finisce per saperne più di un ginecologo o di un urologo. Un esempio clamoroso è l’eiaculazione femminile, in cui alcune persone si imbattono – pur di rado – da decine di secoli, ma la cui esistenza è stata negata negli anni ’50 da Alfred Kinsley (quello dei celebri Rapporti Kinsley sulla sessualità umana) e addirittura negli anni ’80 dai leggendari Marsters e Johnson. Come risultato, parecchie signore hanno smesso di credersi incontinenti durante l’orgasmo non grazie al proprio medico, ma per aver visto uno squirting su YouPorn.
E in effetti, mentre per tutte le altre attività economiche che riguardano la salute e il benessere del corpo sono i medici a tracciare il percorso che verrà poi seguito da industria, servizi pubblici e ricreativi, divulgazione, eccetera, nel campo della sessualità avviene esattamente l’opposto: le conoscenze appartengono a chi fabbrica i cosiddetti “sussidi erotici” (come i dildo, che guarda caso sono più grossi per l’uso anale che per quello vaginale) e ai fantasiosi inventori di filmati porno, dove certe capacità fisiche vengono sovente allenate e sviluppate ai limiti del possibile. Ma la dottoressa prosegue, implacabile:
Nell’ano la mucosa è sottilissima, si può lacerare facilmente. Sotto ci sono i vasi emorroidali molto fragili, se poi li sottopone a traumi aumentano le emorroidi e non solo. Ecco i danni: fistole, ascesso perianale, ragadi, incontinenza anale.
La De Mari, se proprio non ha voglia di parlare con la gente comune che fa sesso anale a buoni livelli, dovrebbe almeno guardarsi i video sul tema che spuntano ovunque, e che non sono sempre interpretati da atleti professionisti ma altrettanto spesso da fantasiose casalinghe con uno o più partner. Scoprirebbe così che proprio in chi pratica regolarmente sesso alternativo non c’è traccia di ragadi ed emorroidi; e non tanto l’osservazione statistica quanto la semplice conoscenza anatomica insegna che la contrazione-dilatazione di un muscolo (tale è lo sfintere anale) lo rendono più elastico e robusto. Buffa, infine, la sua asserzione: “Nell’ano non c’è nemmeno l’organo dell’orgasmo”… tanto per dimostrare che l’umanità è in preda ad allucinazioni collettive.
C’è poi un altro aspetto che sembra, non diciamo collocare ma quantomeno avvicinare la De Mari a quella categoria umana che potremmo definire iposessuata. Sono le persone che per educazione, fede religiosa, scarsa fantasia erotica o carenze ormonali disprezzano le “azioni” del sesso esulanti dall’accoppiamento (usiamo volutamente questo sostantivo un po’ squallido). In genere per costoro i rapporti orali o peggio anali, o qualsiasi cosa si distanzi dalla semplice penetrazione vaginale, sono roba “sporca”, “perversa”, “vergognosa”. Oltre che leggere il disgusto per la “cavità anale” e ciò che vi transita nelle parole della De Mari, mi ha dato quest’impressione di spocchia igienica un altro fiero avversario della sodomia, il professore sardo Pietro Melis. Nei suoi accorati interventi contro i “pederasti” e lo Stato che li esalta, egli dice tra l’altro: “Siamo in un regime dittatoriale in cui si vorrebbe persino condannare chi, come me, non accetta la cancellazione della distinzione naturale tra il culo e la vagina e pretende che si dimostri almeno che la natura non ci ha dato il culo solo per c***re ma anche per metterci dentro un c***o, intingendolo di m***a” (gli asterischi ce li ho messi io!).
Non so voi: io ho l’impressione che questi facciano un po’ di confusione tra un fatto sociale e (purtroppo) politico, e l’intimità della camera da letto. Un conto è rifiutarsi di dare validità giuridica di “matrimonio” a qualcosa che non lo è (che si tratti di unioni tra due cosessuali, tra tre o più persone oppure tra persone e animali), un altro è sindacare con tanta passione sull’utilizzo di due aperture che distano al massimo un paio di centimetri. Dice: ma loro si riferiscono al coniugio tra gente dello stesso sesso. Sì, lo capisco, ma allora parlino di problematiche evolutive, sociali, sentimentali, non di natiche. Così facendo non si limitano a insultare le coppie gay ma anche una parte di quelle eterosessuali.
Queste tesi, come dicevamo, sembrano più rivelatrici del tipo “iposessuato” che di persone – anche di amplissime vedute – preoccupate per questioni giuridiche, demografiche o di commercio di neonati. Il continuo riferimento allo “sporco” ne è una testimonianza. L’erotismo pieno è un modo rituale di riappropriarsi del corpo mettendo da parte le sovrastrutture sociali relative all’estetica, all’educazione, al controllo, ai ruoli. I profumi sintetici lasciano il posto agli odori naturali, il dolore al piacere, il comando alla sottomissione e viceversa. Soprattutto, si ribalta completamente l’atteggiamento di “schifiltosità” – sviluppatissimo nelle società occidentali – per cui ciò che darebbe fastidio a tavola non lo dà in camera da letto. Inevitabile visto che, per fare l’esempio più lampante, i genitali di entrambi i sessi hanno tre funzioni: una riproduttiva, una escretoria, una erotico-sensoriale. Quindi, sostenere che una parte del corpo è “sporca” significa aver poca dimestichezza con la sana sessualità.
Il problema oggi è che, con la radicalizzazione del tema omosessuale, l’argomento non si può più affrontare con un minimo di buon senso. Quell’ideologia rancida e fascista che è il politicamente corretto impedisce alla gente persino di grattarsi la testa di fronte a trovate che lasciano esterrefatti – come la negazione delle differenze di genere o la surrogazione di maternità per lucro – e le poche voci dissonanti si riducono a sparate moralistiche contro la sessualità e l’erotismo.
Da una parte l’omofilia veniva derubricata dal DSM come malattia mentale quasi trent’anni fa, dall’altra troviamo persone come Silvana De Mari (nella sua versione psicoterapeutica) che afferma di “curare gli omosessuali da quarant’anni”, anche se è ormai assodato che nella maggior parte dei casi non c’è proprio nulla da curare. Sapete cosa succede? Che quella ragazza di 19 anni (ma potrei citare tanti altri casi) che prima è andata a vivere con un vegliardo di 70 e poi si è messa con una coetanea, non potrà ricevere alcun aiuto professionale, non riuscirà a mettere ordine in quell’evidente confusione che ha in testa, semplicemente perché la lobby saltellante al Gay Pride impedisce di dare una mano a chiunque sia definibile omosessuale anche se non lo è.