In tempi in cui il cristianesimo è sotto attacco dall’esterno e dall’interno delle mura spirituali, siamo testimoni di gravi accadimenti tanto da essere d’accordo con coloro che affermano che per porre rimedio non sia più sufficiente una soluzione umana.
La dolorosa attualità per il cattolicesimo sta nel fatto che Bergoglio, poco incline al magistero pregresso della Chiesa, ama continuamente “sperimentare” esponendo a gravi rischi il depositum fidei. Infatti la sua Chiesa “in uscita”, affidandosi poco alla virtù cardinale della prudenza, sembra essere incagliata tra le sacche di uno scisma latente, e il Sinodo dell’Amazzonia non ha fatto altro che evidenziare ulteriori divisioni.
Gli atti preparatori dell’evento, attraverso il falso scopo ecologista, nelle tre settimane di “cammino sinodale” hanno minacciato di licenziare ad experimentum delibere vincolanti che, dal locus teologico amazzonico, per osmosi, potrebbero contaminare tutto il cattolicesimo. Gli indizi, più o meno bisbigliati, hanno delineato l’idea di un rito ibrido pagano-cristiano che invita a “mettersi in ascolto” degli spiriti ancestrali. Dalle periferie globali, con l’unanimità dei mezzi d’informazione schierati a favore della “novità” ecclesiale, è dunque partita la macchina mediatica.
“Grazie” a YouTube, Facebook, Rai Vaticano, tutti hanno potuto assistere alle evoluzioni rituali svolte nei giardini vaticani, sotto gli occhi del papa, dove un tempo i pontefici si raccoglievano in preghiera per il rosario. Sicché, in un’atmosfera permeata di sincretismo, il centro del cattolicesimo si è trasformato in un palcoscenico pagano e la Trinità nel culto della natura!
Sabato 5 ottobre di fronte alla Basilica di San Pietro è stata organizzata una “via Crucis amazzonica”, dove è apparsa una statuetta lignea di una donna nuda, verosimilmente simbolo indigeno della Pachamama, di Madre Pasqua, associata in modo sacrilego e blasfemo all’immagine della Vergine Maria.
Con buona pace del generale dei Gesuiti, padre Arturo Sosa Abascal (secondo il quale “il diavolo esiste come realtà simbolica e non come realtà personale”), il vescovo emerito di Belem, Azcona, che conosce l’Amazzonia certamente più di lui, ha ammonito: “In quei riti c’è il diavolo e la magia”; aggiungendo che “queste celebrazioni dipendono dagli spiriti evocati, ed è evidente che questa sia stregoneria, la stessa per la quale ci ammonisce la lettera di San Paolo ai Galati al capitolo 5- 16, 20, quando denuncia che il peccato di idolatria non è compatibile con il Vangelo e con la missione”. Comunque sia, partito il circo sinodale, domenica 6 ottobre Bergoglio, insieme a 50 cardinali, vescovi e sacerdoti, tutti abbigliati con lussuosi paramenti verdi, si è unito agli indios¸ vestiti con i loro abiti e copricapo. Abbiamo visto vescovi portare in spalla un idolo pagano dentro la Basilica di San Pietro rivolgendogli preghiere e facendosi “benedire” da sciamani, nel corso di riti che prevedevano di bruciare della salvia come incenso. Si è quindi passati a discutere circa l’atto preparatorio del discusso Instrumentum Laboris.
Mentre il cardinale Ludwig Müller, ex prefetto dell’ex Sant’Uffizio ammoniva che “non può esistere un diritto al sacramento”, il cardinale Claudio Hummes, deus ex machina del Sinodo, ribatteva: “Le comunità indigene in Amazzonia hanno chiesto si apra all’ordinazione sacerdotale degli uomini sposati delle comunità”. Monsignor Carlo Verzeletti, vescovo brasiliano di Castanhal, facendo proprie queste tesi, dolorosamente affini, consigliava un percorso per l’ordinazione di sacerdoti (sposati): persone con una vita esemplare (i cosiddetti viri probati) aggiungendo: “Saprei già chi indicare”!
Intanto, in questa disputa alcuni Padri hanno sostenuto che non esisterebbe un fondamento biblico a favore del celibato. Peccato che, come si evince da Corinzi 7, 32-33, Paolo diede una luminosa conferma a sostegno del celibato: “Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso”.
Nella schermaglia alcuni Padri, in punta di diritto “canonico”, hanno brandito come corpo contundente il canone 1047, comma 2, paragrafo 3, che consente alla Santa Sede di dispensare dall’impedimento un uomo coniugato di farsi prete.
Poi in “letizia” Cediel Castillo, missionaria comboniana, ha “edotto” gli uditori sul fatto (compiuto) che le donne in Amazzonia fanno già tutto ciò che una donna “può fare”: battezzare, celebrare matrimoni e ascoltare le confessioni, senza però dare l’assoluzione (troppa grazia Sant’Antonio!).
Per fortuna, di fronte a questa disinvolta parresia, durante il dibattito sull’ordinazione di uomini sposati, padre Justino Sarmento Rezende, membro dell’assemblea, chiaro e conseguente nel ragionamento, ha detto: “Se capissi che il celibato non fa più per me, lascerei il ministero”. Va detto che Sarmento Rezende presbitero lo è davvero da 25 anni ed è anche un nativo.
Al giro di boa del Sinodo, consegnate le relazioni dei Circoli minori suddivisi in gruppi linguistici, in maggioranza a favore del diaconato per le donne e dell’ordinazione di uomini sposati, si è insistito sulla creazione di un rito amazzonico e sull’inserimento del peccato contro l’ecologia.
Le motivazioni occulte
Mentre citiamo cronologicamente l’evento, ci chiediamo perché Bergoglio sia andato con pervicacia a impantanarsi nell’Amazzonia, quando in tutto il mondo cattolico le sue strategie pastorali sembrano essere fallite.
Alcuni affermano che si sia mosso per arginare la “concorrenza” degli evangelici che hanno preso piede in Brasile, un tempo il serbatoio del cattolicesimo mondiale, alle prese con una costante emorragia di fedeli, ma essendo egli un alfiere dell’ecumenismo, ci sentiamo di escluderlo. Non escludiamo però che i cattolici, in questo modo, siano stati esposti al ridicolo rispetto alle sètte evangeliche che d’ora in poi li potranno attaccare (non hanno mai smesso di farlo) poiché ora “adorerebbero” le statue, irridendo nel contempo la spiritualità degli autoctoni.
Altri, meno buonisti, affermano che Bergoglio abbia voluto utilizzare scientemente le condizioni eccezionali dell’Amazzonia come testa d’ariete per riformare le leggi e la morale del cattolicesimo, sovvertendo gli equilibri della Chiesa e modellandola a sua immagine e somiglianza.
Per quanto ci consta, le strategie di evangelizzazione in quelle terre erano chiare da secoli, e molti missionari sono morti per testimoniare Cristo: “Dove c’è una chiesa e un cappellano ci si occupi di istruire e insegnare la nostra Santa Fede Cattolica, insegnar loro a leggere e scrivere perché comunichino e si istruiscano a vicenda, per essere educati nella fede”.
Bergoglio dice di non aver paura degli scismi… anche se è sua consuetudine avallare atti che potrebbero favorire il fatale incidente, marciando spesso sul bordo di un sentiero eretico, così come è avvenuto nel 2016 con l’esortazione apostolica Amoris laetitia in coda al Sinodo della Famiglia. “L’incidente” sarebbe destinato a generare effetti scismatici, perché se il Sinodo licenziasse elementi avulsi dalla Fede nella Verità assoluta che è Gesù Cristo, dovrebbe essere emendato in toto.
Attendiamo le dichiarazioni post-sinodali di Bergoglio, ma se in quella sede si sarà superato il limite della parresia, egli avrà spinto la Chiesa nell’abisso dell’eresia come aveva paventato il cardinale Brandmüller.