Sarebbero almeno 26 (quelli accertati almeno, ma si presume siano di più) i naxaliti caduti negli scontri del 13 novembre, durati alcune ore, con la polizia dello Stato indiano del Maharashtra.
Tra i maoisti uccisi, sei donne e il dirigente politico Milind Teltumbde, membro del comitato centrale del PCI (Maoista) e responsabile della zona Maharashtra-Madhya Pradesh-Chhattisgarh. Sulla sua testa era stata posta una taglia di cinque milioni di rupie.
Una vera e propria battaglia si era svolta a conclusione di un rastrellamento nella giungla di Mardintola, lungo la frontiera tra il Maharashtra e il Chhattisgarh, nel distretto di Gadchiroli.
Stando alle dichiarazioni ufficiali, tre membri delle forze speciali sarebbero rimasti gravemente feriti e immediatamente aviotrasportati nell’ospedale di Nagpur.
Nella zona, sempre da comunicazioni ufficiali, proseguirebbero sia i rastrellamenti per scovare altri guerriglieri (anche se nei giorni successivi si sono registrati solamente sporadici scambi di colpi), sia la ricerca dei corpi di quelli abbattuti. Per cui, si presume, il numero definitivo delle vittime potrebbe superare la trentina.
Come è noto, il movimento naxalita è sorto negli anni sessanta in seguito alle rivolte contadine dell’epoca e prende il nome da un villaggio del Bengala occidentale.
Dall’arrivo al potere di Narendra Modi il conflitto si è ulteriormente accentuato, esasperato. Decine di migliaia di soldati sono stati inviati nelle aree tribali per stroncarvi sia la resistenza di adivasi e contadini, sia la guerriglia maoista (in molti casi convergenti).
Pochi giorni prima, nel distretto di Seraikela, un altro dirigente maoista, il settantenne Prashant Bose, era stato arrestato dalla polizia dello Stato del Jharkhand. Su di lui, accusato di essere uno dei responsabili dei maggiori attacchi degli ultimi 40 anni, era stata posta una taglia di ben dieci milioni di rupie.