Ho trascorso qualche giorno in Puglia, terra bellissima e suggestiva, dove ho trovato importanti testimonianze della presenza della Serenissima in quella terra che a noi veneti sembra così lontana, mentre, di fatto, nel passato ci furono diversi contatti tra i nostri popoli.
Alcuni centri della costa pugliese fecero parte integrante della Repubblica Veneta, con la presenza in loco di governatori e provveditori della Serenissima, da Monopoli a Trani, da Brindisi a Otranto, da Mola a Polignano a Gallipoli, attestate dalla fine del quattrocento fino alla guerra contro la Lega di Cambrai (1509) e anche più tardi, attorno al 1530; per non parlare di quando, nel 1002, l’intervento del doge Pietro Orseolo II fu determinante per liberare la città di Bari dall’assalto dei saraceni.
E proprio a Bari la presenza di comunità di veneziani è significativamente testimoniata dalla chiesa di San Marco, che funzionava da punto di riferimento e momento di raccolta.
Ecco quanto è riportato nella tabella relativa all’edificio, che ho trovato in loco:
“È la chiesa tra le più antiche di Bari, infatti è al terzo posto dopo la Cattedrale dell’Assunta (secoli X-XI) e dopo quella di S. Nicola Vescovo di Mira. La costruzione risale al secolo XI e fu edificata, vicino al mare, dai mercanti veneziani dimoranti in Bari in memoria della loro patria, nell’anno 1002, per merito del Doge Orseolo II.
Elemento decorativo della facciata è un rosone a raggiera, a ghirlande e colonnette, con un piccolo leone alato al centro, opera forse dello scultore Pietro Facitolo di Bari (fine XII – inizi XIII).
Più in basso rispetto al rosone troviamo due monofore centinate e il portale a tutto sesto (secoli XI e XII) che presenta una cornice con quattro archeggiature, di cui le due esterne sono dentellate, mentre, di quelle interne, una è a grani di rosario, l’altra ad architetti.
La parte posteriore del prospetto principale ha sull’entrata della sagrestia una formella policroma che raffigura la Vergine del Pozzo tra i santi Marco e Antonio. Sovrasta la formella un campaniletto a vela con due fornici arcuati. Successivi restauri e modifiche, e la distruzione di una navata, hanno compromesso la struttura medievale interna. Le due navate sono scandite da robusti pilastri che sostengono volte a vela o a botte. L’impianto di calpestio attuale è sopraelevato rispetto all’originale. Le tele e gli altari manifestano gusto e stile di periodi differenti, compresi il tardo rinascimento (un Crocifisso ligneo proveniente dalla Cattedrale) e del XVIII – XIX secolo.
L’altare maggiore è stato rifatto nel 1893 per volere dei confratelli, come attesta l’epigrafe collocata sulla parte sinistra dell’altare stesso. Non esistono documenti che chiariscono le origine della chiesa di San Marco. La costruzione è attribuita dal Beatillo al 1002-1003, per celebrare la liberazione di Bari dai Saraceni ad opera del doge di Venezia Pietro Orseolo II.
La prima menzione documentata risale a una pergamena del 1187: una bolla dell’arcivescovo Rainaldo a favore del vescovo di Cattaro, ove, tra i firmatari, compare un Maione, abbs sancti Marci (abate della chiesa di San Marco).”
Particolarmente significativa è, nella Pinacoteca Provinciale, la presenza di opere di artisti veneti; ho potuto ammirare capolavori di Antonio e Bartolomeo Vivarini, di Paris Bordon, di Paolo Veronese, un bellissimo San Rocco e gli appestati del Tintoretto, e un capolavoro di Giovanni Bellini, San Pietro martire, per il quale è stata allestita una sala apposita con condizionamento particolare vista la delicatezza della tavola.
Nella bellissima Lecce, capitale del barocco, invece non ho potuto ammirare la splendida Chiesa di San Marco che presenta nella facciata un importante Leone di San Marco: il tutto è da tanto, troppo tempo ingabbiato in un’impalcatura che impedisce di goderne la bellezza.
Ecco come lo descrive Alberto Rizzi nella sua monumentale opera I Leoni di San Marco (3 volumi): “Piazza S. Oronzo, già S. Marco. Cappella di S. Marco, nella lunetta leone marciano andante, attribuito a Gabriele Riccardi, del 1543. Tufo (calcarenite gialla) cm 60x90x40. Nimbato leone andante a sinistra con libro aperto, scritta consueta. Ha il capo lievemente inclinato e volto all’indietro, attorniato da rada criniera e sovrastato da nimbo in prospettiva. Le fauci sono socchiuse. Le ali sono parallele con quella in secondo piano appena visibile. La coda è svolazzante col tratto terminale occultato dall’ala in primo piano. L’opera è a tutto tondo anche se probabilmente non è lavorata sul retro”.
Sempre a Lecce, nella chiesa di S. Maria degli Angeli troviamo un altro Leone nel quarto altare della navata destra, altare sotto il patronato della famiglia veneziana dei Di Giorgio (Zorzi); e ancora nella città del barocco, nel museo Castromediano troviamo un altro bel Leone del 1724; e nella pinacoteca, un capolavoro di Antonio e Bartolomeo Vivarini, Il polittico di Galatina, e un bellissimo Polittico di San Giovanni evangelista, opera di Lorenzo Veneziano (1356-1372).
Tante e tante altre testimonianze della Serenissima sono presenti nella Puglia: basta saperle cogliere.