La rinascita linguistica di una nazione può scaturire da un sogno? Jessie Little Doe Baird della tribù Mashpee Wampanoag spiega come in uno dei suoi sogni i suoi antenati le dicessero di “chiedere alla gente wampanoag se fosse disposta a riappropriarsi della propria lingua”, così nel 1993 Baird prese contatto con anziani, dirigenti e membri della comunità che trasformarono le sue fantasie nel Wampanoag Language Reclamation Project (WLRP). Tre notti una dietro l’altra di immagini oniriche in un linguaggio che lei non riusciva a capire si tradussero in un progetto apprezzato dall’intera nazione wampanoag, nel Massachusetts sud-orientale.
Nel 2008, lo Endangered Languages Program di Cultural Survival ha iniziato ad aiutare WLRP nella raccolta fondi a sostegno dei loro sforzi, e a collaborare con Makepeace Productions nella creazione di un film documentario per la PBS intitolato We Still Live Here – Âs Nutayuneân, dedicato alla straordinaria storia del risveglio e della rinascita del wampanaog dopo molte generazioni per le quali aveva smesso di rappresentare la madrelingua.
La nazione wampanoag (o wôpanâak) comprende le tribù Mashpee e Aquinnah Wampanoag riconosciute a livello federale, Herring Pond riconosciuta a livello statale e tribale, le comunità di Assonet Wampanoag e bande familiari più piccole, tutte stanziate a Cape Cod e nelle aree intorno a Martha’s Vineyard. We Still Live Here racconta come si è evoluto il risveglio di questo linguaggio “dormiente”. Nell’autunno 2010, la Baird ha ricevuto un riconoscimento dalla MacArthur Foundation, noto familiarmente come “premio all’ingegno”. Una settimana più tardi, il progetto linguistico della tribù ha ricevuto una sovvenzione federale per attuare un programma di apprendistato con Jessie a capo di una equipe di tre insegnanti a tempo pieno – Nitana Hicks, Tracy Kelly e Melanie Roderick – che la stanno aiutando ad aprire una scuola privata tribale. L’istituto insegnerà tutte le materie in wampanoag, sul modello didattico hawaiano.
Malgrado i riconoscimenti e la pubblica ammirazione, la Baird ha mantenuto una risoluta umiltà, concentrandosi nell’impegno quotidiano necessario a garantire la sopravvivenza della sua lingua madre. Per essere riconosciuto endangered, minacciato, un idioma deve essere analizzato in base a tre criteri chiave, perfezionati dagli studiosi dell’UNESCO:
- il numero di parlanti che sono ancora in vita;
- l’età media di chi la parla fluentemente come madrelingua;
- la percentuale dei membri più giovani di una comunità che hanno imparato la lingua e possono facilmente articolarla.
Attualmente, oltre la metà delle 6-7000 lingue del mondo sono minacciate di estinzione. E non si sottolineerà mai a sufficienza l’enorme importanza di tutte le lingue indigene: esse racchiudono un tesoro di identità storiche, linguistiche, culturali, ambientali e spirituali che sono preziose per tutti i popoli della terra. Il loro declino è una tragedia anche per la progressiva perdita di fondamentali osservazioni sulla biodiversità e altri elementi di saggezza umana maturati nel corso di millenni. Le informazioni sul mondo naturale, con le sue risorse di alimenti commestibili, la conoscenza del tempo atmosferico e dei movimenti delle maree, l’osservazione secolare della fauna, potrebbero diventare potenzialmente irrecuperabili. Neurolinguisti e altri ricercatori che esplorano lo sviluppo cognitivo e la comunicazione umana, finiranno per perdere dati inestimabili per approfondire il funzionamento del cervello umano, visto che la morfologia di una lingua e le sue origini linguistiche ci dicono molto su come la mente costruisce la realtà.
I metodi di insegnamento
Per scongiurare la rapida scomparsa delle parlate indigene sono state applicate varie metodologie. Una di queste è il modello di immersione linguistica docente-discente: un insegnante principale fa coppia con un apprendista adulto o una piccola squadra e lavora intensamente sulla lingua con la persona o il gruppo per 20-30 ore settimanali, in un dato periodo di tempo.
L’asilo linguistico – un approccio sviluppato dai maori e dai nativi hawaiani – è invece intergenerazionale, con gli adulti che usano la lingua minacciata con i bambini in età prescolare in classe e a casa, ancor prima di insegnare loro a leggere e scrivere.
Forse i modelli di maggior successo nella rivitalizzazione del linguaggio sono state le immersion school. In queste scuole – elementari, medie e superiori – le lezioni vengono tenute nella lingua indigena.
Il metodo più difficile da utilizzare è invece quello del recupero. È questo il sistema che ha dato nuova vita al wampanoag dopo oltre cent’anni d’oblio. La riappropriazione linguistica è ardua da attuare a meno che l’idioma non sia estremamente ben documentato. Ma anche così un ricercatore deve fare riferimenti incrociati con lingue parlate strettamente imparentate e consultare testi in quantità.
Il wampanoag è solo una delle oltre tre dozzine di parlate che si ramificano dall’albero comprendente la famiglia linguistica algonchina. Poiché è stato studiato da linguisti e religiosi per secoli, ed è parente stretto degli idiomi piedineri, cree, ojibwe, passamaquoddy e sauk (ancora parlati da tribù che spaziano dal Canada al Montana e all’Oklahoma), è stato possibile per gli esperti WLRP determinare le regole di grammatica, vocabolario e pronuncia.