Voglio ringraziare Francesco Boccia, ministro degli Affari Regionali (qualunque cosa voglia dire), perché ha chiarito un punto chiave. Quando sarà finita, bisognerà seriamente fare i conti con l’architettura di questa nazione ipotetica che è l’Itali(ett)a. Essì, perché mentre in Lombardia si muore centinaia alla volta, il buon Boccia decide di dare un saggio della sua brillantezza nella conferenza stampa col capo della Protezione Civile Borrelli. Quella dove si fa la conta quotidiana dell’ecatombe. Il nostro si presenta con una mascherina penzoloni da un orecchio e ci giochicchia con le mani. È una di quelle pseudo-mascherine raffazzonate stile carta igienica, che avevano fatto sbottare l’assessore Gallera. “È per noi che non andiamo in ospedale”, comunica gaio, mentre anche Borrelli dispensa sorrisi, prima di ritrasformarsi nel consueto oratore funebre.
Tutto molto divertente. Se sei nel tuo ufficio romano. Se guardi la scenetta da una corsia dell’ospedale di Bergamo, o da un qualunque angolo di Lombardia, la terra che contribuisce di più al bilancio statale e che si scopre irrisa mentre il virus stermina, no. Quando sarà finita, discuteremo di tutto, con i Boccia, i Borrelli, i Conte. Anzitutto, dell’opportunità di trascinare oltre questo esperimento ipercentralista e vessatore chiamato Italia.
Giovanni Sallusti, “Libero”.