“Limes”, la rivista italiana di geopolitica fondata e diretta da Lucio Caracciolo, ha dedicato il numero di ottobre a L’Italia è il mare con l’eloquente sommario Ma non sa che farsene. Modeste proposte per ritrovare le onde perdute. All’interno diversi articoli interessanti, a partire da Italia, penisola senza mare di Dario Fabbri che ci ricorda “perché Londra ci volle sotto Torino, non Napoli” (visto che c’è ancora qualcuno, pochi per la verità, che crede alle fanfaluche del risorgimento), fino a Genova contro Venezia. Le remote radici di una rivalità permanente di Lorenzo Noto; a Diego D’Amelio con il suo Dal Dragone all’Aquila. Il porto di Trieste parla di nuovo tedesco; a Lorenzo Noto, che ci ricorda come Tra Grecia e Turchia Roma sceglie di non scegliere, smantellando inesorabilmente le certezze di chi, come me, era arciconvinto che la politica estera italiana fosse caratterizzata da immarcescibili e granitiche posizioni.
Ma è nell’editoriale del direttore Caracciolo, Non moriremo guardiani di spiaggia, che ci sono passaggi meritevoli di essere sottolineati.
Gli Stati, secondo lui, si dividono in tre categorie. Quelli che usano risorse altrui per fini propri, e sono le potenze; quelli che usano risorse proprie per fini altrui, e sono i satelliti; quelli che non avranno altro fine al di fuori di sé, e sono gli inerti. L’Italia rischierebbe di passare da satellite a inerte.


Più avanti il politologo romano ricorda brevemente come nacque la marina del Regno d’Italia e di come fu Cavour, già ministro della marina sarda, a fondere le varie marinerie “dedicandosi a sedare la rivalità fra Genova e Torino, con i marinai liguri, per numero preponderanti, costretti sotto l’ufficialità piemontese, percepita occupante”. Nel 1860 con l’annessione del Regno delle Due Sicilie, secondo Caracciolo, si aggiunse la marina meridionale che era “forse la più filo italiana delle marinerie originarie”,  e poi nel 1866 arrivarono gli “ex nemici veneti che da asburgici umiliarono le tre marine precedenti, ormai italiane, nell’infausta giornata di Lissa (20 luglio 1866), ‘piaga fumante nel cuore di ogni marinaio italiano’”.
Testuale… Evito qualsiasi commento per non espormi alle rappresaglie dei nazionalisti italiani, così presenti soprattutto nella nostra capitale Venezia.
Continuando la lettura scopro che un certo Giuseppe Garibaldi si dilettò anche nel campo della narrativa scrivendo Manlio: romanzo contemporaneo, nel quale sfoggiava una notevole fantasia descrivendo la rivincita di Lissa con la vittoria della marina italiana contro quelle austro-germaniche.
Dopo aver ricordato l’appello di Francesco Petrarca al doge Andrea Dandolo vergato il 18 marzo 1351, affinché si arrivasse alla pace tra Venezia e Genova, l’autorevole Lucio Caracciolo ritorna a Lissa,

ultima battaglia navale fra Genova e Venezia. Con i liguri a formare il nerbo dell’eterogenea flotta italiana, divisa fra siciliani-garibaldini, napoletani, sardo-liguri, guidata da un aristocratico piemontese su cui la politica scaricherà ogni colpa e i veneti dell’austriaca, gemmata dalla Ostrerreichische-Venezianische Kriegdgmarine. Beffarda leggenda vuole che colata a picco l’ammiraglia italiana, gli austro-veneti erompessero in un gagliardo VIVA SAN MARCO!

Il maiuscolo è mio, tutto il resto è testuale…