Stando alle dichiarazioni di un loro portavoce, almeno un’ottantina di membri delle forze arabo-curde (FDS) sono stati sequestrati in territorio siriano e ora si trovano incarcerati in Turchia. In aperta violazione della Convenzione di Ginevra, malgrado questa sia stata a suo tempo sottoscritta anche dalla Turchia.
Mentre fa grandi sforzi per convincere l’opinione pubblica che la condotta dall’esercito turco e dei mercenari jihadisti contro i curdi è una “guerra contro il terrorismo”, in realtà Erdogan viola sistematicamente il diritto internazionale. Come in questo caso, sequestrando in territorio siriano e trasferendo illegalmente in territorio turco (sottoponendoli quindi alla legislazione turca) decine di esponenti delle FDS. In questi giorni il loro portavoce ha rivolto un appello alla comunità internazionale, alle Nazioni Unite e al consiglio di sicurezza dell’ONU affinché intervengano e agiscano concretamente per porre fine all’ingiustizia.
Quasi tutti i membri delle FDS ora imprigionati nelle carceri turche sono stati condannati all’ergastolo, in base alla legislazione turca e in particolare all’articolo 302, ossia la presunta “distruzione dell’unità e integrità dello Stato” (quello turco ovviamente).
Tra i militanti sequestrati e condannati all’ergastolo anche tre esponenti del consiglio militare siriano (MFS, espressione degli assiri cristiani vicini al partito di sinistra dell’Unione siriaca), quello del comandante Abu Leyla, un meccanico votatosi alla rivoluzione e al confederalismo democratico: caduto cinque anni fa, come ricordava Davide Grasso in una bella biografia.
I tre siriaco-cristiani sarebbero stati sequestrati a Serekaniye dall’Esercito Nazionale Siriano (ASL/SNA, le truppe mercenarie alleate di Ankara) durante l’invasione – illegale in base al diritto internazionale – dell’autunno 2019.