Negli ultimi anni si parla di “crisi degli oppioidi” negli USA (ma non solo), la tossicodipendenza da farmaci derivati dall’oppio che ha ucciso decine di migliaia di persone, con la responsabilità dei medici, consci o inconsci alleati dei produttori, e di Big Pharma, che ha promosso l’abuso di questi farmaci nascondendo il fatto che creano dipendenza.
Ora siamo al redde rationem, nel senso che individui, gruppi e istituzioni stanno denunciando le ditte per i danni causati, chiedendo rimborsi milionari.
Per evitare i processi, che finirebbero sicuramente in sentenze di condanna, multe stratosferiche e, soprattutto, danni all’immagine del marchio, alcune ditte preferiscono patteggiare. Una delle più grandi multinazionali coinvolte in questo affare, la Johnson & Johnson (J&J), assieme a tre colossi della distribuzione di farmaci negli USA, ha recentemente accettato di pagare 590 milioni di dollari a una federazione di 574 tribù di nativi americani a mo’ di rimborso per i danni subiti.
Non si tratta del primo rimborso. A gennaio 2022, J&J aveva accettato di pagare 63 milioni di dollari di rimborso allo stato del Nevada. Nel giugno del 2021 aveva raggiunto un accordo per 230 milioni di dollari con lo stato di New York. E la saga era iniziata nell’ottobre del 2019 con un pagamento di 20 milioni a due contee dell’Oklahoma.
Si stima che, alla fin fine, J&J dovrà sborsare, assieme ai suoi distributori, qualcosa come 26 miliardi di dollari in rimborsi. E si tratta di un solo gruppo; altre ditte coinvolte e perseguibili sono Purdue Pharma, Teva Pharmaceuticals, Endo International, Allergan e altre ditte minori, oltre a decine di distributori e a centinaia di catene di farmacie. Il prezzo finale da pagare potrebbe essere molto ma molto alto, visto che le denunce finora depositate presso i tribunali USA sono più di 3300. Un monito – che speriamo sia raccolto – per chi pensasse di importare la crisi degli oppioidi in Europa e in Italia.
a cura di Adriano Cattaneo