Occuparsi della questione basca senza entrare nel merito di quella dei prigionieri (gli etarras ancora in carcere) non consente di comprendere alcune delle innegabili contraddizioni dell’attuale situazione in Euskal Herria. Diversamente da altre realtà in cui si era adottata una “soluzione politica” del conflitto (Sudafrica e Irlanda, per esempio), la deposizione delle armi da parte di ETA non ha comportato la liberazione dei militanti incarcerati. Tutt’altro.
Eppure, anche se timidamente, qualche apertura sembrerebbe all’orizzonte. Al punto che per facilitare il superamento della contrapposizione muro contro muro – ormai sterile e inutile – tra movimento basco e istituzioni regionali e statali, il collettivo dei prigionieri (EPPK), allineandosi alle richieste del partito Sortu, nel novembre 2021 ha chiesto ai propri familiari e amici di non celebrare altri omaggi pubblici (ongi etorri) ai prigionieri quando rientrano nei loro paesi e quartieri. Presentato appunto come un passo conciliante per rendere più facili (“fluidi”) i rapporti tra EH Bildu, Sare (il raggruppamento di cittadini a sostegno ai prigionieri) e il ministero dell’Interno spagnolo. Il quale ministero avrebbe “ricambiato” con qualche piccolo beneficio. Come il passaggio, per chi dichiarava di rinunciare all’ongi etorri, dal secondo al terzo grado, e talvolta la libertà condizionale.
Non tutti però si erano adeguati. Solo un mese più tardi l’ex militante di ETA Iñaki Etxeberría (“Mortadelo”, presente anche ai festeggiamenti a Berango per Ibai Aginaga) veniva accolto a Pamplona nel Casco Viejo con fiori, bengala e un aurresku de honor organizzato dai familiari. In aperta critica nei confronti della politica più accomodante adottata da Sortu. Un evento da cui si erano dissociate anche buona parte delle organizzazioni della sinistra abertzale.
Ovviamente le critiche maggiori provenivano dalle associazioni filo-spagnole e da quelle dei familiari delle vittime di ETA. Dato che per la Fundación Villacisneros (di cui fanno parte molti esponenti del Partito Popolare dei Paesi Baschi come Maria San Gil e Carlos Urquijo) “defender la causa de las víctimas del terrorismo de ETA está en el ADN de la Fundación Villacisneros”, tale organizzazione aveva chiesto ripetutamente, sia al governo basco sia a quello madrileno, di proibire e impedire queste manifestazioni di giubilo per il rientro dei prigionieri.
Dichiarando che “un recibimiento a un terrorista es un acto de enaltecimiento [esaltazione, apologia] tipificado como delito en el Codigo Penal y ademas las leyes de victimas nacional y autonomicas instan a los poderes del Estado a evitarlos”.
La questione era tornata di attualità nella notte di Capodanno, quando alcuni militanti indipendentisti avevano lanciato bengala e petardi nei pressi della prigione di Basauri (Vizcaya) in sostegno di Ibai Aginaga (condannato nel 2002 a 21 anni di carcere in quanto membro del comando Nafarroa). Aginaga è appunto uno dei detenuti baschi che in aperto dissenso con le scelte di EPPK non ha chiesto ai suoi sostenitori di rinunciare all’ongi etorri (e rinunciando quindi ai possibili benefici penitenziari).
Domenica 12 marzo centinaia di persone hanno riempito all’inverosimile lo stadio di pelota basca di Berango. Una festa organizzata per questo ex militante di ETA (che attualmente si definisce “comunista e indipendentista”), tornato a casa dopo 21 anni di lontananza; di cui due trascorsi in clandestinità, gli altri 19 in galera. Anche nel suo caso la sinistra abertzale si era dissociata dai festeggiamenti pubblici chiedendo che il rientro avvenisse in maniera discreta e privatamente.
Invece ad accoglierlo erano in centinaia. Vietato entrare con telefoni cellulari e proibizione assoluta per la stampa spagnola di essere presente. Scanditi i soliti slogan, in particolare “Presoak kalera, amnistía osoa” e, dopo un breve evento musicale, almeno dieci minuti di applausi per l’ex detenuto. Altri applausi per la madre, presente al suo fianco, che lo ha sempre sostenuto.
Nel suo discorso di ringraziamento, Ibai Aginaga ha voluto ricordare gli altri prigionieri, sia gli indipendentisti baschi (Kepa Preciado, Dani Pastor, “Txikito”) sia quelli che ha genericamente definito “antifascisti” in riferimento agli esponenti del PCE(r) e dei GRAPO.
Oltre alla Fundación Villacisneros, anche l’associazione Dignità y Justicia aveva chiesto alle autorità di proibire tale omaggio all’ex etarra. Ricordando che era stato arrestato insieme a Joseba Segurola e che l’Audiencia Nacional aveva condannato entrambi a 21 anni di carcere in quanto membri del Comando Nafarroa.
Dignidad y Justicia denunciava inoltre la comparsa a Berango di uno striscione con la scritta “M13 Denok Berangora. Ongi Etorri Ibai Aginaga” e in evidenza il simbolo di Gestoras pro Amnistia, organizzazione già dichiarata illegale dal Tribunal Supremo.
E concludeva il suo appello rivolgendosi all’Audiencia Nacional, all’Ertzaintza (la polizia autonoma basca), alla Policía Nacional e alla Guardia Civil affinché indagassero per identificare gli organizzatori dell’evento.
Va anche ricordato che il Parlamento Europeo nel 2018 aveva approvato un documento della Commissione Speciale sul terrorismo con cui si chiedeva di proibire questo genere di manifestazioni, in quanto costituiscono una forma di “umiliazione e vilipendio per le vittime e un’esaltazione del terrorismo”.