Oggi, 18 novembre 2022, le milizie del regime al potere a Teheran hanno fucilato Mohammad Ahmadigagash (43 anni) durante una manifestazione a Mahabad.
Solo un morto, uno in più che come il grano di un macabro rosario va ad allungare la lista.
Negli ultimi due giorni le milizie governative avevano attaccato le manifestazioni anti-regime soprattutto nelle città e località curde, uccidendo almeno 11 persone tra Sanandaj (Sînê), Bukan, Sarvabad e Kamiyaran. Dieci con un colpo diretto (quattro alla testa, le altre al petto o al ventre).
mentre la persona morta a Bukan sarebbe stata ammazzata a coltellate. Decine i feriti, alcuni in gravi condizioni.
Calcolando invece tutti gli ultimi tre giorni, le persone ammazzate nel Rojhilat, il Kurdistan sotto amministrazione (ma a questo punto bisogna dire occupazione) iraniana, erano più di venti. Tra le vittime sia manifestanti sia cittadini colpiti a caso. Così tanto per terrorizzare e convincere la popolazione a restare chiusa in casa. Dalla morte di Jina Mahsa Amini del 16 settembre, ormai le vittime sono quasi quattrocento (383 quelle identificate).
In buona parte – e la cosa non sembra essere casuale – si tratta di curdi (un’ottantina) e beluci (oltre 100). E questo nonostante entrambe siano “minoranze” nel Paese. Ovviamente si tratta di cifre sottostimate in quanto il regime rende difficile la circolazione di notizie, cifre e statistiche.
Questi i nomi di di alcune delle persone uccise e identificate (identità fornite dall’ONG Hengaw):
- Saman Qadirbaygi, ucciso il 15 novembre à Bukan.
- Fuad Mohammadi, cittadino di Kamiyaran, morto il 15 novembre (a causa delle ferite) nell’ospedale di Sanandaj.
- Zanyar Allah Moradi, 26 anni, ucciso a Sanandaj.
- Isa Beiglari, 39 anni, davanti all’Universitàdel Kurdistan a Sanandaj (Sînê).
- Daniyal Pabandi, 17 anni, ucciso il 16 novembre, a Saqqez.
- Burhan Karami, 30 anni, abbattuto con diversi colpi in testa il 16 novembre a Kamiyaran.
- Salar Mojaver, 30 anni, morto il 16 novembre nel corso di una manifestazione a Bukan.
- Asad Rahimi, 30 anni, morto il 16 novembre sempre nella manifestazione di Bukan.
- Mohammad Hasanzadeh, 28 anni, ucciso a coltellate il 16 novembre mentre tentava di proteggere una donna aggredita dalle forze di sicurezza a Bukan.
- Shaho Bahmani, ucciso il 17 novembre a Sanandaj.
- Aram Habibi, ucciso il 17 novembre a Sanandaj.
Quanto al totale delle vittime, secondo Iran Human Rights le persone uccise dal regime durante manifestazioni nell’intero Iran, Rojhilat compreso, sarebbero almeno 342 (tra cui 43 bambini e 26 donne). Sempre secondo Iran Human Rights, nove dei minori uccisi erano bambine e tre sarebbero stati figli di rifugiati afgani.
Incalcolabile (diverse migliaia) il numero degli arrestati.
Alcuni di loro (per ora una ventina, ma la lista è destinata ad allungarsi) rischiano una condanna a morte in quanto accusati di moharebeh (inimicizia nei confronti di dio) e di efsad-fil-arz (corruzione sulla terra).
Nei processi farsa istituiti dai tribunali rivoluzionari (anche se di rivoluzionario hanno ben poco, caso mai possono evocare l’Inquisizione) cinque sono già stati condannati alla pena capitale.
Dovendo localizzare i luoghi degli eccidi, tra le 23 province prese in considerazione, le più colpite sarebbero il Sistan e il Belucistan (123 vittime accertate). Seguite da Teheran (39), Mazandaran (33), Kurdistan (quello iraniano ovviamente, 32) e Gilan (23).
E ancora: Azerbaïdjan occidentale (23); Alborz (15); Kermanshah (14); Khuzestan (5); Khorasan-Razavi (5); Isfahan (4); Zanjan (4) ; Lorestan (3); Markazi (3); Qazvin (2); Kohgiluyeh e Boyer Ahmad (2); Azerbaïdjan orientale (2); Ardabil (2); Ilam (2); Hamedan (2); Bushehr (2); Semnan (1); Kerman (1).
Il picco si era raggiunto nei giorni 21, 22 e 30 settembre (con quello che in Belucistan viene ricordato come il “venerdì di sangue”). Il giorno peggiore in novembre è stato il 4 con 16 vittime.
Ovviamente queste sono le cifre registrate. Ma secondo Iran Human Rights, in base alle segnalazioni ricevute, i morti potrebbero essere molti di più.