Grandi festeggiamenti sono stati di recente organizzati per commemorare i cento anni dalla fondazione della “Repubblica” Turca a opera di Kemal Atatürk. Nel grandioso mausoleo di quest’ultimo, il presidente Erdogan e tutte le più alte cariche hanno presenziato a una solenne cerimonia in onore di quello che è stato considerato l’evento politico più importante della contemporanea storia turca.
Una domanda però è d’obbligo: ma in tutta sincerità, di quale “democrazia turca” stiamo parlando? E a quale “democrazia” hanno inneggiato ad Ankara i turchi?
Dubitiamo fortemente che in Italia, ma anche negli altri Paesi della Comunità Europea, sia noto il curriculum vitae dello Stato turco da quel 1908, con la “rivoluzione dei Giovani Turchi”, fino a oggi.
Innanzi tutto l’odierno cosiddetto regime democratico è il diretto erede (contrariamente a quanto i Neoturchi declamavano nel 1908) del famigerato regime ottomano, del sultanato “autore” dei più efferati delitti durante tutti i secoli del suo dominio.
Mustafà Kemal detto Atatürk, cioè “padre dei turchi”, è stato sotto ogni aspetto il degno prosecutore degli orrori ottomani. I suoi successivi “allievi” giunti al potere perfezionando, con il fondamentale aiuto dei tedeschi, il sistema creato dal fondatore della repubblica, hanno pazientemente, anzi testardamente elaborato l’altrettanto famigerata teoria della superiorità razziale turca; tanto da pervenire all’estrema conclusione secondo la quale in Turchia possono vivere soltanto i turchi, e nessun estraneo al Türkleştirmek ha diritto di esistenza giacché tutto quanto esiste in quel territorio non può essere che turco e solo turco.
Com’è noto, la rivolta dei Neoturchi nel 1908 aveva come fine il ripristino della costituzione del 1876, quale seguito al movimento neo-ottomano di quell’anno, con la richiesta di Libertà (Hurriyet), Uguaglianza (Musavat) e Giustizia (Adalet), palese rimando analogico al francese “Liberté, Égalité, Fraternité” della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 e alla precedente costituzione del Massachusetts (1780).
In sostanza si verificò un ingannevole e promettente inizio di liberalismo, dal 1911 in poi tramutatosi in un infame processo di eliminazione di tutto quello che non fosse turco, sopratutto nei confronti dell’elemento cristiano, al tempo, e per sua disgrazia, estremamente diffuso nel Paese: disarmo di tutti i cristiani e divieto per loro di acquisto di proprietà immobiliari, islamizzazione di tutti gli abitanti con la forza o la persuasione, e via dicendo.
Il risultato finale? Nell’odierna Turchia non esiste praticamente più nessuna minoranza etnica e i pochi non turchi (fatta eccezione per i diplomatici stranieri) sono legalmente inesistenti, isolati, non riconosciuti e nemmeno riconoscibili: essi “vegetano” nella più oscura “neutralità” e “innocuità” fino alla loro definitiva estinzione biologica.
È evidente che la teoria della purezza e superiorità della razza tedesca ariana degli anni ‘30 e successivi, che ispirò e orientò Hitler e i suoi accoliti, trova la sua fonte nell’identico progetto di superiorità razziale turca degli anni ‘20 e successivi, fino alla nuova “democrazia” neoturca.
Da tale quadro è successivamente emersa, a partire dagli anni ’70, la concezione dogmatica della “Patria Azzurra” del regime di Erdogan, un progetto di espansione territoriale turca ben oltre gli attuali confini geografici della Repubblica, per comprendere anche la metà dell’Egeo (che hanno ribattezzato “Mare delle Isole”…) nonché la vasta regione marina che comincia a est di Creta e finisce a sud-ovest di Cipro, confinando con la zona economica esclusiva dell’Egitto. In sostanza una espansione non solo geografica, ma anche “culturale”, militare e politica.
In tal modo, all’assoluta egemonia razziale turca nell’interno del Paese s’intende aggiungere un considerevole aumento (oltre 300.000 km2) della sua superficie nazionale con l’aggiunta di territori considerati turchi, pur trovandosi essi lontano dalla Turchia (vedi l’isola di Gavdos, nel sud-ovest di Creta!) e pur essendo demograficamente del tutto estranei all’elemento turco.
Già nel 1939 i turchi avevano annesso i territori siriani di Lirva Iskanderun cacciando o eliminando le popolazioni locali e sostituendole con genti anatolitiche. E sono di alcuni anni fa le annessioni turche manu militari di altri territori siriani e iracheni confinanti con la Turchia, giustificate con la necessità di un “cuscinetto di sicurezza” contro gli attacchi curdi.
Sono parecchi anni che le regioni curde della Turchia orientale subiscono violenti e mortali pogrom nell’intento di un vera e propria “pulizia etnica” di genti curde, qui installate da decine di secoli, per sostituirle sempre con popolazioni anatoliche in costante pressione per sovraffollamento.
Tutti crimini di illecita colonizzazione, che il diritto internazionale condanna senza mezze misure ma che tutti – eu, usa, onu, eccetera – fanno finta di ignorare e di cui non si occupano, tanto non riguardano i preziosi Paesi europei o americani!
Una “fedina penale” immonda
La “fedina penale” della Turchia turca, non è solo sporca ma addirittura immonda.
In verità non si sa da dove cominciare un’enumerazione – sempre comunque incompleta – del curriculum criminale turco.
Le “opere di beneficenza” di Kemal e dei suoi seguaci cominciano negli anni 1915-1916 con il genocidio organizzato di 1.500.000 armeni attuato sotto il diretto controllo dell’esercito tedesco. In pratica gli armeni della Turchia spariscono tutti, né mai si è saputo almeno dove si trovino le loro ossa. Non ne rimangono neppure i resti!
Le efferate “marce della morte” sono rimaste nella storia. In un solo anno più o meno è stato eliminato un numero enorme di esseri umani! Un imbattibile primato. E anche qui i turchi sono stati i maestri e precursori dei nazisti germanici nell’Olocausto ebraico.
Si deve tuttavia precisare che, se a cavallo dei due predetti anni è avvenuta la totale soppressione degli armeni nei territori turchi, non vuol dire che l’attacco a questa etnia non abbia avuto luogo assai prima. Già nei primi anni del 1900 le “ostilità” anti-armene avevano provocato non poche vittime, iniziando un mortale stillicidio portato a compimento tra il 1915 e il 1916,
Negli anni 1916-1922 un milione di greci, tra i quali circa 350.000 pontiaci, e mezzo milione di assiri “spariscono” nei deserti turchi e nessuno ritrova nulla di loro. Per tutte queste vittime della “superiorità razziale turca” la morte è stata oltremodo atroce e barbara, come raccontano le numerose testimonianze.
Ma tutto ciò non basta. Nello stesso periodo vengono perpetrati altri genocidi di popolazioni curde, arabe, circasse, il cui numero di morti non è mai stato possibile definire con precisione. Quello che è certo è che si tratta di parecchie centinaia di migliaia di uomini, donne, vecchi e bambini.
Da notare che, mentre quasi nessun arabo o circasso sembra più esistere in territorio turco, per i curdi l’eliminazione graduale è tuttora in corso; anche se molto meno evidente a causa dell’ancora grande numero di popolazioni curde stanziate nelle regioni soprattutto sud-orientali della Turchia.
L’elemento greco in Turchia viene fortemente decimato, in particolare negli anni 1942, 1955 (con il famigerato pogrom a Istanbul) e 1964 (una vera e propria espulsione di massa con confisca di tutti i beni). Così, da circa un paio di milioni che erano nel passato, i greci a Istanbul non superano oggi le 1500 unità, per il 90% persone estremamente anziane.
Quanto alla popolazione cristiana in genere, per lo più greci e armeni, mentre agli inizi del 1900 ammontava a circa il 50% della popolazione residente, in cento anni, cioè ai primi del 2000, risulta ridotta a un miserrimo 0,2%…
Solo questi dati bastano a evidenziare i crimini demografici perpetrati dagli islamici turchi nei loro primi cento anni “democratici” in ottemperanza al dettato della loro teoria sulla preminente razza turca.
Anche gli aleviti hanno pagato l’errore di “non essere turchi”: almeno 30.000 sono stati uccisi nel corso di quest’ultimo secolo.
Come dimenticare poi l’invasione di Cipro nel 1974, tuttora in atto dopo quasi 50 anni?
A questo proposito troppo facilmernte in Occidente si ignora o si dimentica il delitto turco della colonizzazione forzata nel 38 per cento occupato di Cipro: un massiccio insediamento di oltre 200.000 anatolici che ha stravolto definitivamente, con tutte le conseguenze immaginabili, i più sensibili equilibri demografici rispetto all’entità della popolazione turco cipriota originaria. Così, a fronte di circa 90.000 indigeni, adesso si trovano più di 200.000 coloni rigidamente islamici ai quali forzosamente viene concessa a poco a poco la cittadinanza turco-cipriota.
Ciò significa compiere un interminabile delitto nel tempo e nello spazio con la totale alterazione della popolazione locale, la sua totale modificazione demografica, tenendo presente che gli attuali 200.000 coloni turchi anatolici tra dieci anni potranno diventare almeno 300.000, mentre i turco-ciprioti invecchieranno e decresceranno.
Una patente violazione del diritto internazionale che condanna senza mezze misure qualsiasi procedura di colonizzazione e di violenta traformazione o stravolgimento del tessuto demografico di un Paese.
Parole al vento per gli esimi “occidentali” americani; e soprattutto per i comunitari europei di fronte a un Paese membro.
D’altra parte è fuori da ogni dubbio l’esistenza di un vero e proprio “razzismo turco”, non dissimile dal “razzismo germanico” che abbiamo conosciuto in epoca hitleriana, entrambi ugualmente funesti e criminali.
E non è da escludere che proprio all’esercizio sfrenato e ossessivo di tale razzismo siano da attribuire i primi sintomi di un generale sentimento d’insofferenza, che vede nella presenza della Turchia un elemento destabilizzante non solo nel Mediterraneo orientale, ma in tutto il Mediterraneo fino alla Libia, alla Tunisia e in Medioriente fino ai Paesi del Golfo.
L’arrogante mania di dominio della Turchia, che produce minacciose prevaricazioni, è già diventata più che pericolosa per la pace, in ciò corroborata dalle tragiche esitazioni statunitensi a staccarsi dall’abbraccio turco: gli americani ancora continuano a credere che la Turchia rappresenti un forte ostacolo a qualsiasi espansione russa nel Mediteraneo e in Medioriente.
Sbagliano, poiché la Turchia non “lavora” se non per assumere un giorno lei per prima un ruolo di preponderante potenza, in una vastissima zona che va dalla Libia all’Iraq, al Golfo Persìco e al Mar Nero.
Accanto agli americani, anche i comunitari europei hanno il terribile torto di proseguire un rapporto di vera e propria sudditanza politica e commerciale verso il Paese, aiutandolo anche militarmente (la Spagna con la costruzione di portaelicotteri, la Germania con i sommergibili, l’Italia con un più che cospicuo commercio d’armi e accessori) e regolarmente dimenticando che quasi la metà di uno Stato ue è sotto occupazione turca!!
È più che nota, o dovrebbe esserlo, la genetica avversione di Ankara nei confronti del diritto internazionale che potenzialmente, se rispettato, annullerebbe le sedicenti ”giuridiche” pretese di una Turchia dominatrice, la cui contrarietà alla convenzione sul diritto del mare (unclos) viene dichiarata ad alta voce. Per i dirigenti si tratta di un diritto “ostile alla Turchia” che va sostituito dal “diritto turco”.
Ostentatamente la Turchia ignora la sovranità nazionale greca (di questo, a dire il vero, gli stessi governanti greci sin dal 1996 sono stati eccellenti promotori). Non riconosce come Stato ma solo come semplice Comunità (!) la Repubblica Cipriota, membro a tutti gli effetti dell’Unione Europea. Produce pseudoscientifiche tesi linguistiche e storiche riguardo a una presunta superiorità turca e si arroga il diritto di eliminare tutto ciò che si oppone ai vari tipi di turchizzazione.
Una fedina penale davvero ricca…
E una realtà che l’Unione Europea fa finta di non vedere, attuando la deleteria politica dello struzzo e ignorando l’effetto boomerang che purtroppo pende su di noi come una spada di Damocle.
Intanto si celebrano in pompa magna i cento anni della “democrazia turca”, una democrazia costruita sui cadaveri.