Erdogan, che si strappa le vesti per la repressione israeliana a Gaza, sta proseguendo imperterrito la sua decennale guerra contro un altro popolo, i curdi. Non solo entro in confini turchi, ma anche nel nord e nell’est della Siria (Rojava e dintorni) e nel Bashur (il Kurdistan del Sud entro i confini iracheni). Arrivando paradossalmente anche a invocare l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite che prevede un uso legittimo del ricorso preventivo alla forza in caso di “legittima difesa”.
Un buon alibi per giustificare le ripetute aggressioni della Turchia contro il popolo curdo.
L’ultima notizia risale al 21 gennaio 2024. Secondo l’agenzia di stampa RojNews che riporta le dichiarazioni di una fonte interna all’esercito iracheno (fonte che comprensibilmente ha preteso l’anonimato), la Turchia avrebbe costruito l’ennesima base militare nella regione di Dohuk. Confermando anche che ormai Ankara è “penetrata in territorio iracheno per almeno 90 chilometri”.
Nel frattempo proseguono gli attacchi dell’aviazione turca nel Kurdistan del Sud.
Era già relativamente noto come la Turchia avesse insediato decine di basi militari nella regione curda dell’Iraq potenziando ulteriormente, con migliaia di soldati, la sua presenza militare, soprattutto negli ultimi mesi. Tutto ciò era avvenuto grazie alla disponibilità (complicità?) del pdk, il partito democratico del Kurdistan, quello di Barzani. Dalle basi, ovviamente, prendono il volo elicotteri e droni che vanno a colpire la resistenza curda.
Inoltre viene confermata la presenza di una consistente rete di agenti del mit, i servizi segreti turchi.
Solo nei dintorni della città di Sheladize (a circa 30 chilometri da Amadiya, governatorato di Duhok) vi sarebbero una decina di basi militari turche. La maggior parte dei villaggi circostanti sono stati desertificati da tempo, e comunque entrarvi è praticamente impossibile. L’anno scorso alcuni contadini erano stati uccisi dall’aviazione turca mentre si dedicavano alla raccolta di erbe nei campi e ancora nel 2019 decine di persone venivano arrestate per essersi ribellate, protestando, all’occupazione turca.