Mobilitati dal partito Te Pati Maori, agli inizi di dicembre dell’anno scorso migliaia di maori avevano manifestato a Auckland (la maggior città neozelandese) e nella capitale Wellington contro la coalizione governativa del primo ministro Christopher Luxon, esponente del partito conservatore. Lo accusano di razzismo e di voler abolire i trattati che tutelano i diritti degli indigeni. Per esempio con il cambiamento in inglese della denominazione di alcuni dipartimenti maori. E soprattutto smantellando – come promesso in campagna elettorale – Te Aka Whai Ora, l’autorità sanitaria maori creata nel 2022 per garantire migliori condizioni di salute ai nativi.
Stando alle dichiarazioni del ministro della Sanità, Shane Reti, si prevede di “inglobare l’autorità sanitaria maori all’interno del sistema sanitario nazionale entro la fine di marzo”.
Da parte sua Rawiri Waititi, copresidente di Te Pati Maori aveva invece chiesto al governo di “onorare il trattato di Waitangi”. Firmato nel 1840 tra la Corona britannica e alcuni capi maori, il trattato di Waitangi avrebbe dovuto garantire i diritti degli indigeni, attualmente il 17% della popolazione. In cambio del riconoscimento dell’avvenuta colonizzazione britannica, ai maori veniva garantito il possesso delle loro terre (o almeno di quanto ne rimaneva).
Le proteste sono riprese quest’anno. In gennaio almeno diecimila nativi erano scesi in strada a Ngaruawahia rispondendo all’appello del re maori Tuheitia Paki. E questo nonostante molti tra gli indigeni esprimano diffidenza nei confronti del movimento reale maori (radicato soprattutto nell’Isola del Nord).
Ulteriore conferma della determinazione degli indigeni è venuta con la manifestazioni di febbraio proprio a Waitangi in occasione di una cerimonia (il Waitangi Day, festa nazionale che ricorda l’anniversario della firma del trattato) a cui prendevano parte esponenti governativi. I militanti maori più agguerriti hanno annunciato senza mezzi termini di “non tollerare la soppressione del trattato”.
Per calmare le acque il vice primo ministro Winston Peters (leader del New Zealand First Party, membro della coalizione tripartita) ha risposto che in realtà si tratterebbe soltanto di una “revisione, non dell’abolizione del trattato”. In pratica si prevede di “reinterpretarlo”. Ma senza riuscire a convincere i manifestanti che inalberavano cartelli e brandelli (simbolici) del trattato e che avevano particolarmente disturbato l’intervento di David Seymour, leader del partito conservatore, il quale sosteneva – in contrapposizione con le dichiarazioni del primo ministro Luxon – che il progetto verrebbe sottoposto a referendum.
Numerose indagini del ministero della Salute hanno dato conferma della sostanziale disuguaglianza in àmbito sanitario tra aborigeni e resto della popolazione. I maori vivono circa sette anni in meno e il tasso di mortalità per malattie cardiovascolari è due volte più alto. Inoltre per i giovani esiste il doppio di probabilità di essere ricoverati per asma. Così come i maori risultano più esposti ai tumori.