“Predicava forte, diceva delle cose brutte ai farisei, ai dottori della legge e ai sacerdoti: non diceva “comportati bene”, ma semplicemente gli diceva: “razza di vipere”, così, semplicemente. […] rischiava la vita ma lui era fedele e in faccia gli diceva: “Adultero non ti è lecito vivere così”. Ma è sicuro che se sei un parroco e oggi nell’omelia domenicale dicessi: “Fra voi ci sono alcuni che sono razza di vipere e ci sono tanti adulteri”, di sicuro il Vescovo riceverà lettere di sconcerto: “Mandate via questo parroco che ci insulta”.
S. Giovanni insultava, perché? Perché fedele alla sua vocazione e alla verità! Lui è quello che non usa parole a metà per condannare i superbi. Chiediamo a San Giovanni la grazia del coraggio apostolico di dire sempre le cose con verità”.
Vi ho appena letto un estratto dell’omelia tenuta da Papa Francesco il 15 dicembre 2016. Questo stralcio si riferisce a San Giovanni Battista, alla sua vocazione alla verità e a come la luce di Dio ha potuto risplendere grazie alla sua testimonianza.
Negli ultimi anni, ho iniziato a interrogarmi su temi cruciali circa l’attuale situazione della Chiesa. Questo periodo di riflessione ha coinciso con il mio percorso di Dottorato in Teologia con specializzazione in Teologia Fondamentale, iniziato quattro anni fa presso la Pontificia Università Gregoriana, durante il quale ho approfondito questioni sconosciute alla maggior parte dei fedeli cattolici, perché trascurate dalla gerarchia ecclesiastica e non trattate dai media. Nel 2023 ho completato il mio dottorato e pubblicato la mia dissertazione, ma il percorso di discernimento personale è proseguito.
In questo percorso, c’è stato un punto di svolta il 16 giugno scorso, durante la Santa Messa in Rito Ambrosiano. La prima lettura riguardava il passo di Sodoma e Gomorra (Gn 18-19). Nella seconda lettura S. Paolo ci ricordava che né ingiusti, “né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio” (1Cor 6, 9-10). Il Vangelo di quella domenica era la parabola della festa di nozze del figlio del re, che così conclude: “Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt 22,14).
La proclamazione di questa Parola di Dio mi ha profondamente interpellato: in quel momento ho compreso di essere chiamato a fare una scelta fondamentale. Dovevo decidere se rimanere fedele alla Sacra Scrittura e a Gesù Cristo o cedere alla tentazione di adattarmi a un insegnamento fatto di compromessi e mezze verità. Da quel giorno, ho scelto di intensificare la riflessione e la preghiera su questa questione prima di prendere una decisione definitiva. Nonostante il mio desiderio di continuare questo percorso di discernimento più a lungo, gli eventi recenti, che stanno generando scandalo e confusione tra i fedeli, mi hanno spinto ad accelerare i tempi.
Mi sento chiamato a parlare pubblicamente, seguendo l’esempio di San Giovanni Battista, annunciando la verità con coraggio e senza “usare parole a metà”, fedele alla mia vocazione. Siamo giunti a un punto critico: un sacerdote deve scegliere se predicare ciò che la Sacra Scrittura e la Chiesa hanno sempre insegnato, o aderire a ciò che insegna il cosiddetto “Papa Francesco” nel suo magistero ordinario.
Sì, avete capito bene: ho detto “il cosiddetto Papa Francesco”. Ciò che oggi vi dico e che sosterrò con tutte le argomentazioni e le fonti necessarie è che da oltre undici anni sul Soglio di Pietro siede un uomo riconosciuto come Papa dalla maggioranza, ma che, tuttavia, non è il Papa legittimo. I primi dubbi mi erano sorti leggendo le pubblicazioni di don Alessandro Maria Minutella, del giornalista Andrea Cionci e di don Fernando Maria Cornet. Don Alessandro è stato il primo che con grande coraggio, ha portato all’attenzione del grande pubblico il fatto che Papa Benedetto XVI non si fosse mai realmente dimesso e che, di conseguenza, l’elezione del Card. Bergoglio a Papa non fosse valida. Andrea Cionci ha svolto e continua a svolgere un lavoro paziente e accurato, suffragato da latinisti, storici della Chiesa, magistrati, canonisti, giuristi e filosofi. L’inchiesta di Cionci mi ha fornito elementi fondamentali per l’interpretazione giuridica della dichiarazione di Benedetto XVI. Don Fernando Maria Cornet, grazie al suo documentatissimo libro Habemus antipapam?, mi ha offerto ulteriori importanti elementi per la ricerca che ho svolto. Sulla base dei loro lavori ho approfondito e sviluppato la mia posizione su questo argomento, e oggi desidero esporla pubblicamente.
Farò ora alcune importanti premesse, prima di entrare nel merito di ciò che vi ho annunciato.
1. Riconosco tutti i Sommi Pontefici a partire da San Pietro fino a Papa Benedetto XVI e prendo le distanze da ogni forma di sedevacantismo.
2. Riconosco il Concilio Vaticano II, mi sono sempre impegnato a studiarlo e a denunciare le interpretazioni neomoderniste che ne sono state fatte. Esse hanno provocato, dall’immediato post- concilio fino a oggi, applicazioni distruttive per la fede, la morale, la liturgia e la vita della Chiesa in generale.
3. Sottolineo che non ho mai parlato male di Bergoglio, né quando lo consideravo Papa, né successivamente, quando ho cominciato a dubitare della validità della sua elezione.
La mia predicazione degli ultimi dieci anni, costituita da oltre tremiladuecento interventi, è tutta reperibile online, tutti possono verificare quello che sto dicendo.
Sono e voglio rimanere cattolico, fedele alla Chiesa, al Papato, al Sacerdozio ed è per questo che sono qui ora a dire quanto segue.
Per comprendere appieno le ragioni della mia affermazione (Benedetto XVI non si è mai realmente dimesso e, quindi, Papa Francesco non è Papa), è essenziale esaminare i fondamenti giuridici che la sostengono. Ci tengo a sottolineare che la mia dimostrazione è di carattere giuridico, canonistico e non immediatamente teologico.

Fondamenti giuridici a dimostrazione della tesi che Benedetto XVI non si è mai dimesso

Il punto di partenza della dimostrazione è la versione originale in latino della dichiarazione di Papa Benedetto XVI, pronunciata il giorno 11 febbraio 2013. È necessario considerare la versione latina perché la dichiarazione ufficiale è stata pronunciata in questa lingua. Non leggo ora la dichiarazione integrale, il testo si può trovare sul sito ufficiale della Santa Seda e in nota nella versione scritta di questo discorso che potrete scaricare dai miei profili social da oggi in poi.

Inesistenza dell’atto giuridico

Esistono diversi elementi nella dichiarazione di Papa Benedetto XVI che concorrono a renderla inesistente come atto giuridico. Brevemente descrivo la differenza tra nullità e inesistenza: un atto nullo è un atto giuridico che è affetto da vizi che lo rendono incapace di produrre gli effetti giuridici che gli sarebbero tipici e che pertanto è come se non fosse mai stato posto in essere. Un atto inesistente, invece, è un atto nel quale mancano del tutto gli elementi costitutivi, tanto da non poter nemmeno essere definito un atto giuridico.

Dichiarazione e non rinuncia

L’atto di rinuncia di Benedetto XVI è “inesistente” perché manca in esso la volontà di abdicare, lo si evince da diversi fattori.
Innanzi tutto, si tratta di una mera dichiarazione. La formula: “dichiaro di rinunciare”, in gergo legale, non è lo stesso che dire “io rinuncio”. Il Papa avrebbe dovuto dire: “dichiaro di rinunciare, come in effetti rinuncio” o formula simile. Così come è stata pronunciata, la dichiarazione di Benedetto XVI è, appunto, solo una dichiarazione, non un atto giuridicamente valido, né alla dichiarazione è succeduta alcuna ratifica.
Come evidenzia Don Fernando Maria Cornet, il titolo dato da Benedetto XVI al documento è “Declaratio” vale a dire “dichiarazione” e non “rinuncia” o “abdicazione”. La cosa colpisce, a maggior ragione, perché, abitualmente, gli atti dei Papi non hanno un titolo ma prendono il titolo dalle prime parole del testo stesso, in questo caso invece Benedetto XVI ha deciso di apporre un titolo specifico.

L’apposizione di un termine temporale

La dichiarazione di Benedetto XVI introduce un termine temporale che differisce l’entrata in vigore della presunta rinuncia al 28 febbraio. Nella giurisprudenza in generale e nella letteratura canonistica in particolare questa possibilità non è contemplata. La rinuncia al Papato ha le caratteristiche di quello che in gergo si chiama “atto giuridico puro”. Gli atti giuridici puri sono atti che, per la loro importanza e per evitare possibili incertezze e ambiguità, non ammettono la presenza di elementi accidentali, che sono solitamente la condizione e il termine. L’apposizione di un termine temporale rende l’atto di rinuncia non solo nullo ma addirittura inesistente, un tale atto non produce alcun effetto.
Se si volesse considerare la rinuncia come resa a norma del diritto secondo il canone 332 §2 (cosa che non è, come andremo a dimostrare), interverrebbe il can. 189 §3 del Codice di Diritto Canonico il quale prevede che la rinuncia ad un ufficio ecclesiastico che non sia soggetta ad accettazione (come è quella del Papa, secondo il canone 332 §2) abbia effetto immediato, inoltre, non è prevista una possibilità di differimento.

Inesistenza dell’atto di rinuncia per mancanza di oggetto o nullità per errore sostanziale

Abbiamo visto che nella Declaratio di Papa Benedetto non esiste volontà di rinuncia al Papato, pertanto essa non sussiste come atto giuridico e non produce alcun effetto giuridico. Qualora si volesse comunque considerare tale atto come giuridico, esso risulterebbe nullo per diversi motivi che procedo a elencare.
Nel testo della dichiarazione vengono usati due termini: il termine munus che ricorre due volte e il termine ministerium che ricorre tre volte. Il termine ministerium è quello usato da Benedetto XVI per identificare l’oggetto della sua presunta rinuncia: “Declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare” (“Dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, successore di San Pietro, che mi è stato affidato per mano dei Cardinali il giorno 19 aprile 2005”).
La norma di riferimento per la rinuncia al papato è contenuta nel Codice di Diritto Canonico promulgato nel 1983 che, nel canone 332 §2, riguardante l’abdicazione del Papa, introduce la necessità di rinunciare esplicitamente al munus petrino. Questa precisazione era assente nel corrispondente canone 221 dell’edizione precedente, il Codex Iuris Canonici del 1917. In esso si parlava genericamente di “rinuncia” ma non era esplicitato a cosa dovesse rinunciare il Papa affinché il suo atto fosse valido.
Benedetto XVI, nel momento in cui scrive e pronuncia un atto epocale, di enorme rilevanza storica e giuridica, pur utilizzando la parola munus in altri luoghi della dichiarazione, quando indica esplicitamente ciò a cui dichiara di voler rinunciare, usa un’altra parola. Non dice munus, come richiesto dal canone 332 §2 del Codice di Diritto Canonico, unica norma esistente circa l’abdicazione del Papa, ma usa la parola ministerium.
Nella traduzione italiana della dichiarazione la cosa è passata inosservata perché entrambi i termini, munus e ministerium sono stati indebitamente tradotti con “ministero” (tornerò più avanti sulla questione delle traduzioni) ma in latino, i due termini munus e ministerium hanno accezioni diverse, sia nell’uso classico della lingua, sia nel latino giuridico della Chiesa.
Per proseguire nella nostra dimostrazione occorre dunque considerare le fonti del Diritto Canonico dalle quali si può trarre il significato dei termini munus e ministerium, riferiti al Sommo Pontefice. L’uso tecnico dei due termini nel contesto del Diritto Canonico più recente può essere così spiegato:
Munus si riferisce all’ufficio, alla dignità e alla responsabilità spirituale del Papa come successore di Pietro e capo della Chiesa universale.
Ministerium rappresenta l’esecuzione pratica e visibile di tale ufficio, ovvero le azioni concrete che derivano da quel munus.
In estrema sintesi, il munus del Papa è l’essenza del suo incarico divino, mentre il ministerium è l’espressione pratica di quel munus nella guida quotidiana della Chiesa. Con una certa semplificazione, che ci è utile per la comprensione, possiamo dire che il munus, conferito direttamente da Dio, significa “essere Papa”, mentre il ministerium ha a che vedere con l’esercizio pratico del ruolo di Papa, vale a dire “fare il Papa”.
Quindi: il canone 332 §2 richiede la rinuncia al munus ma Papa Benedetto XVI ha parlato di rinuncia al ministerium. Risulta dunque che Benedetto XVI abbia dichiarato di voler rinunciare al ministerium – e non al munus – cessando di esercitare il ruolo di Papa, pur restando Papa.
Le sue parole nell’ultima udienza generale del 27 febbraio 2013 lo confermano: “Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero non revoca questo. […] Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di San Pietro”.
Il lessico usato da Benedetto XVI non trova precedenti nemmeno nelle formule di abdicazione utilizzate da altri Papi. Riporto due esempi. Celestino V che abdicò nel 1294, disse: “sponte, ac libere cedo Papatui, et expresse renuncio loco, et Dignitati, oneri, et honori” (abbandono liberamente e spontaneamente il Papato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta).
Paolo VI aveva preparato una lettera di rinuncia da far valere in caso di malattia grave nella quale scriveva di “rinunciare al nostro sacro e canonico ufficio, sia come Vescovo di Roma, sia come Capo della medesima Santa Chiesa cattolica”.
Diversamente, Benedetto XVI afferma di rinunciare al “ministero di Vescovo di Roma”. Il canonista Stefano Violi, che in due saggi ha analizzato la dichiarazione di Benedetto XVI, giunge sinteticamente a queste conclusioni: “dichiara di rinunciare al ministerium. Non al Papato, secondo il dettato della norma di Bonifacio VIII; non al munus secondo il dettato del canone 332 §2 ma al ministerium, o, come specificherà nella sua ultima udienza, all’“esercizio attivo del ministero”. […] Oggetto della rinuncia irrevocabile infatti è l’executio muneris mediante l’azione e la parola (agendo et loquendo) non il munus affidatogli una volta per sempre”.
Un’ulteriore conferma della correttezza di questa analisi ci è offerta dalle parole pronunciate dal Card. Sodano immediatamente dopo la Declaratio: “Santo Padre, prima del 28 febbraio, come lei ha detto, giorno in cui desidera mettere la parola “fine” a questo suo servizio pontificale, fatto con tanto amore, con tanta umiltà…”. “Servizio pontificale”, vale a dire il ministerium.
Secondo l’avv. Antonacci la difformità della formula usata da Benedetto XVI rispetto al canone 332 §2 la rende nulla per errore sostanziale, ai sensi del canone 188 del Codice di Diritto Canonico.
Concordano con questa tesi gli avvocati che collaborano con Andrea Cionci.
Secondo l’avv. Acosta, invece, anche questa sarebbe una causa di inesistenza dell’atto, secondo il ragionamento che vado a illustrare. L’avv. Acosta si interroga circa la possibilità effettiva di separare il munus e il ministerium nel caso del Santo Padre. Per un Vescovo questa possibilità esiste ed è ciò che accade quando va in pensione: egli mantiene il munus, ovvero l’essere Vescovo, che gli è stato conferito tramite un Sacramento e che quindi non è cancellabile, ma non mantiene il ministerium, ovvero il compito di amministrare una Diocesi. Viceversa, per il Sommo Pontefice, rinunciare al solo ministerium trattenendo il munus è un’impossibilità giuridica “in quanto porta a un frazionamento delle funzioni che, per diritto divino, sono necessariamente inscindibili (perché la titolarità integra delle medesime da parte di una sola persona è essenziale per garantire l’unità della Chiesa)”.
Pertanto “la rinuncia di Benedetto alla carica (munus) di Romano Pontefice non esistette, per mancanza di oggetto”, non ci fu alcun atto giuridico e la Sede “non rimase vacante secondo il diritto”.
Vedremo più avanti l’unico caso in cui si può verificare che un Papa perda il suo ministerium pur mantenendo il munus.

Altre considerazioni

Un ulteriore elemento anomalo riguarda la motivazione alla base della presunta rinuncia. Benedetto XVI all’inizio della propria dichiarazione invoca come causa il venir meno delle forze a causa dell’età avanzata (ingravescente aetate). Tuttavia, questa giustificazione non è accettabile. Nel 1994 il Card. Vincenzo Fagiolo, in qualità di presidente del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi, fu incaricato da Giovanni Paolo II di “effettuare uno studio sulle implicazioni giuri-
diche ed ecclesiologiche della renuntiatio papae”. Egli concluse il suo lavoro affermando che “in
maniera tassativa e assoluta il Papa non potrà mai dimettersi a motivo della sola età”.
Desta infine attenzione che la Declaratio contenga errori di latino e quelle che sono state definite “particolarità”, evidenziati da diversi specialisti già nei giorni successivi alla sua pronuncia.

Conclusione

Ricapitolando, la Declaratio di Papa Benedetto XVI:
• Nella sua formulazione è solo una dichiarazione e non un atto di rinuncia, e questo la rende
inesistente come atto giuridico.
• Contiene un differimento temporale incompatibile con un atto giuridico puro e con il can. 189
§3 del Codice di Diritto Canonico. Nuovamente, questi sono motivi di inesistenza dell’atto.
• Non utilizza l’unico termine specifico (munus) richiesto dall’unico canone del Codice di Diritto
Canonico vigente che riguarda la rinuncia del Papa (il 332 §2), ma ne usa uno differente (ministerium). La dichiarazione nemmeno cita il canone 332 §2. Se si considera anche la storia della Chiesa, la formula usata da Benedetto XVI differisce per lessico anche da qualsiasi altra precedente formula di abdicazione. Questo, a seconda dei punti di vista, rende la Declaratio inesistente come atto per mancanza di oggetto o, comunque, la rende un atto nullo per errore sostanziale.
• Adduce come motivazione l’età avanzata, inaccettabile per una rinuncia al Papato.
• Contiene errori e “particolarità” di latino.
Tutto questo è sorprendente, se si pensa che Benedetto XVI, per sua stessa ammissione, aveva preso la decisione di pronunciare questo discorso con largo anticipo e aveva lavorato personalmente al testo per due settimane. Considerando la profonda conoscenza che Papa Benedetto XVI aveva del latino, delle leggi e della storia della Chiesa è ragionevole pensare che egli abbia intenzionalmente scritto un testo che sulle prime potesse sembrare una valida rinuncia al Papato, senza esserlo veramente.
In effetti, dopo il 28 febbraio 2013, Benedetto XVI ha continuato a farsi chiamare “Sua Santità Benedetto XVI”, a vestirsi di bianco, a firmarsi P.P. e impartire la benedizione papale, ha mantenuto lo stemma che aveva da Papa rifiutandone espressamente uno nuovo e ha coniato per sé il termine assolutamente inedito nella storia della Chiesa di “Papa emerito”. Questa situazione non ha alcun precedente nella storia della Chiesa. Solo per fare due esempi: il già citato Celestino V, nello stesso momento in cui formulò la sua rinuncia scese dal trono, si tolse l’anello, la tiara e il mantello, si rivestì con la tonaca della congregazione monastica da lui stesso fondata e si ritirò a fare l’eremita. Gregorio XII, che abdicò nel 1415, ritornò ad essere Angelo Correr e fu reintegrato nel Collegio Cardinalizio.
A questo proposito Don Cornet fa notare che Benedetto XVI, parlando in tedesco, si riferiva al proprio gesto col termine Rücktritt (farsi da parte), mentre quando parlava dell’abdicazione di altri pontefici, ad esempio Celestino V, usava il termine Abdankung (abdicazione). Sono altri elementi che confermano quanto finora detto e cioè che Benedetto XVI non intendeva abdicare e non ha abdicato.

Fondamenti giuridici a dimostrazione della tesi che il Card. Bergoglio non è stato eletto Papa

L’elezione del Sommo Pontefice è rigidamente normata nelle sue linee generali dal Codice di Diritto Canonico e con norme più specifiche che, attualmente, sono contenute in due documenti: la Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis di Papa Giovanni Paolo II e il Motu Proprio Normas nonnullas di Papa Benedetto XVI.
Analizzando tali norme possiamo ravvisare almeno tre motivi di nullità per quanto riguarda l’elezione del Card. Bergoglio.
• Il primo motivo di nullità è fornito dal can. 153 §1 del Codice di Diritto Canonico, perché la Sede non era vacante essendo Benedetto XVI vivo e non validamente abdicatario.
• Il secondo motivo di nullità è fornito da un combinato disposto di norme di Universi Dominici Gregis.
• Il terzo motivo è fornito dal principio “Papa dubius, Papa nullus”.
Il primo motivo è di comprensione immediata, andrò ora a spiegare il secondo e il terzo.

La Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis

Papa Giovanni Paolo II promulgò nel 1996 la Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis che aggiornava le regole per l’elezione del nuovo Papa dopo la morte o la rinuncia del precedente. Il suo scopo era garantire trasparenza, prevenire pressioni esterne sui Cardinali elettori e assicurare che il processo avvenisse con riservatezza e in un clima di raccoglimento.
Gli articoli dal 79 al 82 di Universi Dominici Gregis proibiscono ai Cardinali elettori di promettere voti, prendere decisioni sul successore in conventicole private, accogliere interferenze da parte di autorità secolari, ecc. Alcune di tali condotte, peraltro, producono la scomunica latae sententiae dei Cardinali che se ne macchiano. Eppure, è provato che durante il pontificato di Benedetto vi furono gruppi di pressione interni al Collegio Cardinalizio e nell’imminenza del Conclave del 2013 perfino ingerenze esterne da parte dei poteri politici internazionali.
Il giornalista statunitense Jonathan Last ha scritto: “Il pontificato di Francesco può, forse, essere meglio inteso come un progetto politico. La sua elezione al Conclave nel 2013 era – all’insaputa del mondo dell’epoca – il risultato di una campagna pianificata in anticipo da quattro cardinali radicali che vedevano il cardinale Jorge Mario Bergoglio come il veicolo perfetto per la rivoluzione che volevano lanciare all’interno della Chiesa. (La storia di come i cardinali Cormac Murphy-O’Connor, Walter Kasper, Godfried Danneels e Karl Lehmann formarono il “Team Bergoglio” è dettagliata nell’agiografica biografia di Francesco di Austen Ivereigh)”. Questi Cardinali avevano fatto parte del cosiddetto “gruppo di San Gallo” e lavoravano a questo scopo già dal Conclave del 2005.
L’articolo 76 di Universi Dominici Gregis recita: “Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni qui stabilite, l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito e, quindi, essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta”. Essendo dunque l’elezione di “Papa Francesco” avvenuta diversamente da come previsto da Universi Dominici Gregis, essa è nulla e invalida.

Un Papa dubbio non è Papa

Esiste un ulteriore elemento proveniente dalla tradizione canonistica da prendere in considerazione, si tratta del criterio “Papa dubius, Papa nullus” (Papa dubbio, Papa nullo), che parafrasato vuol dire: se esiste il dubbio che un Papa non sia stato canonicamente eletto, allora questi non è Papa.
Scrive il Card. Gianfranco Ghirlanda, Professore emerito di Diritto Canonico alla Pontificia Università Gregoriana: “Esiste il caso di Papa dubbio. Se si tratta di un dubbio positivo e insolubile circa la legittimità dell’elezione, la Dottrina afferma che il Papa dubbio è Papa nullo (cfr. F. M. Cappello, Summa Iuris canonici, t. I, Roma, 1961, 297 s); infatti questi non ha mai ricevuto la potestà, in quanto per natura sua la giurisdizione postula dei sudditi che devono obbedire, ma nessuno è tenuto a obbedire a un superiore incerto. Si avrebbe un Papa senza sudditi”.
Si tratta di un criterio che si applica in generale a tutti i superiori ecclesiastici. Se esiste anche solo un dubbio (non una certezza!) che il superiore non abbia effettivamente la carica che dice di avere, non gli si deve obbedienza. Questo per ovvio motivo teologico. Il Vangelo di Gesù è un Vangelo di libertà e l’obbedienza in senso cristiano trova la sua ragione solo nella misura in cui l’autorità rappresenta e veicola la Volontà di Dio. Un usurpatore non potrà mai farlo.
Ritorno sul Papa dubius, Papa nullus: ho illustrato le motivazioni che provano l’invalida elezione del Card. Bergoglio. Da diversi altri (sacerdoti, teologi, canonisti, avvocati e intellettuali in genere) ne sono state sollevate di analoghe o di diverse. È quindi un dato di fatto che l’elezione del Card. Bergoglio è stata messa in dubbio da più parti e ciascuna di queste ipotesi non ha avuto smentite ufficiali.
Da parte della Santa Sede non c’è stata alcuna confutazione delle copiose argomentazioni presentate in tutti questi anni e neppure una semplice presa di distanza da esse. Anche nel caso di sacerdoti scomunicati per aver affermato non valida l’elezione di Papa Francesco, è stata dichiarata la scomunica latae sententiae per scisma, ma non mi risulta che sia stata dimostrata l’infondatezza delle loro argomentazioni.
Questo è un problema, perché Papa Francesco è certamente un Papa dubbio (molti hanno messo in dubbio la sua elezione), pertanto non dovrebbe essere considerato Papa anche secondo il criterio Papa dubius, Papa nullus. A maggior ragione, non possono essere scomunicati per scisma coloro che, dubitando della sua elezione, si rifiutano di obbedirgli. Infatti, numerose fonti, di diverse epoche, concordano nel dire che non compie delitto di scisma chi rifiuta di obbedire a un Papa dubbio:
• Il gesuita tedesco Franz Xaver Wernz (1842–1914), che è stato importante canonista e Rettore della Pontificia Università Gregoriana ha scritto: “Non possono essere considerati scismatici coloro che rifiutano di obbedire al Romano Pontefice, perché sospettano della sua persona o ritengono che sia stato eletto in modo dubbio a causa di voci diffuse, come accadde dopo l’elezione di Urbano VI”.
• Il Card. Tommaso de Vio (1469–1534), teologo e filosofo che fu anche Preposito Generale dei Domenicani scrisse: “Se qualcuno, per un motivo ragionevole, sospetta della persona del Papa e rifiuta la sua presenza e persino la sua giurisdizione, non commette il delitto di scisma, né alcun altro, purché sia pronto ad accettare il Papa se non fosse sospettato”.
• Il gesuita Card. Juan de Lugo (1583-1660), considerato uno dei più grandi teologi del suo tempo, scrisse: “Non sarà scismatico chi negherà la sottomissione al Papa perché dubita probabilmente della sua legittima elezione o della sua autorità”.
• P. Ignatius Szal, autore di un’opera di Diritto Canonico incentrata sul rapporto con gli scismatici analizzava: “Non c’è nemmeno scisma […] se si rifiuta l’obbedienza in quanto si sospetta della persona del Papa o della validità della sua elezione, o se si resiste a lui come capo civile di uno Stato”.

L’obiezione dell’adesione pacifica e universale

C’è chi ha invocato il principio della pacifica universalis Ecclesiae adhaesio (adesione pacifica e universale della Chiesa) per difendere la validità dell’elezione di “Papa Francesco”. Sebbene non sia codificato come norma giuridica, questo concetto è stato sviluppato in ecclesiologia. Si basa sul dogma dell’indefettibilità della Chiesa e riguarda la legittimazione di un Papa attraverso l’accettazione pacifica e universale da parte dell’intera Chiesa.
Vi sono almeno due argomenti che contrastano con l’applicazione di questo principio nel caso che stiamo trattando:
• Il primo: come dimostrato dall’avv. Ferro Canale, questo principio – che, ricordo, non è norma giuridica – è in contrasto con il Diritto Canonico. L’avv. Ferro Canale illustra due casi nei quali il diritto prevede casi di elezione papale nulla e invalida pur in presenza di adesione universale.
Anche la storia della Chiesa mostra come l’adesione universale non sia sempre stata garanzia di veridicità del Papa, dato che esiste il caso dell’antipapa Giovanni XXIII (1370 c.a. – 1419) il cui nome rimase nell’Annuario Pontificio per 500 anni, prima di essere espunto.
• Il secondo: se anche si ritenesse valido il principio, non sarebbe applicabile al caso che stiamo affrontando perché esso presuppone una profonda comunione e consenso all’interno della Chiesa stessa, elementi attualmente inficiati dalla presenza di numerose voci discordanti e persistenti nel tempo, per quanto minoritarie. Di conseguenza, non si può parlare di un consenso “pacifico e universale”. Inoltre, è importante considerare che il dibattito sulla validità dell’elezione del Card. Bergoglio è stato soggetto a censura mediatica ed ecclesiastica: i fedeli, privati di informazioni complete, non possono aver espresso un’accettazione pienamente informata. Anche l’adesione dei Cardinali potrebbe essere condizionata dal ricatto o dal timore. Del resto, diversi ecclesiastici che hanno osato esprimere opinioni divergenti anche solo rispetto alle posizioni dottrinali di Bergoglio sono incorsi in rimozioni fulminee e inspiegabili.

In sintesi

In tutti i casi qui sopra affrontati, la conseguenza è che Bergoglio non è Papa, non è mai stato Papa e non ha alcun diritto come Pontefice. La Sede di Pietro è vacante dal 31 dicembre 2022, sebbene questo non sia stato ufficialmente dichiarato e il cosiddetto “Papa Francesco” è dunque un antipapa e sarebbe incorso nella scomunica latae sententiae.
Dato che Bergoglio e almeno parte del Collegio Cardinalizio sono sempre stati consapevoli dell’invalidità dell’elezione, non si può neppure presumere la buona fede, necessaria per invocare il “principio di supplenza” e pertanto tutti gli atti di Bergoglio dall’elezione in poi sono nulli, in particolare sottolineo che non è valida la creazione dei Cardinali. Ricordo inoltre che durante la Sede impedita (dal 2013 alla morte di Benedetto XVI) o durante la Sede vacante (dalla morte di Benedetto XVI ad oggi) il Collegio dei Cardinali, le Congregazioni o i Dicasteri possono sbrigare solo gli affari ordinari e urgenti senza prendere decisioni che potrebbero essere considerate innovazioni o modifiche significative nella vita della Chiesa. Questo ai sensi del can. 335 del Codice di Diritto Canonico che recita: “Mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze”. Parleremo più avanti della Sede impedita di Benedetto XVI.
Questa situazione pone anche le basi per una successione antipapale, perché un Conclave al quale dovessero prendere parte pseudocardinali di nomina bergogliana sarebbe nullo e invalido ai sensi di Universi Dominici Gregis n. 33, secondo il quale solo i Cardinali creati validamente possono eleggere il Papa.
Dopo aver esaminato perché l’elezione del Card. Bergoglio non può essere considerata valida, è cruciale esplorare le motivazioni che hanno portato Benedetto XVI a una rinuncia priva di effetti giuridici, questo anche per fugare ogni sospetto o giudizio negativo su di lui.

Spiegazione schematica della Magna Quaestio (da A. Cionci).

Cosa ha spinto Benedetto XVI a pronunciare una dichiarazione priva di effetti giuridici?

Abbiamo finora esaminato dal punto di vista canonico i numerosi elementi che hanno concorso ad inficiare la validità dell’elezione del Card. Bergoglio. Abbiamo compreso che il principale punto è l’assenza di effetti giuridici della rinuncia di Benedetto XVI. Abbiamo inoltre compreso che Benedetto XVI non può avere prodotto inconsapevolmente una tale, anomala, dichiarazione. Si deve essere necessariamente trattato di un gesto intenzionale. Perché, dunque, lo ha fatto?
Per una panoramica ampia e documentata della situazione in cui si trovava Benedetto XVI al momento della dichiarazione rimando alle accurate analisi svolte da diversi autori come Antonio Socci (2014 e 2018), Estefanía Acosta (2021) e Andrea Cionci (2022). In sintesi, questi contributi spiegano l’entità della pressione esercitata dai poteri globalisti sulla Chiesa Cattolica.
Questi gruppi di potere perseguono l’obiettivo di creare un mondo sempre più unipolare e ideologizzato, basato sulla globalizzazione economica e culturale, nel quale le sovranità nazionali vengono ridotte e il potere decisionale viene veicolato sotto il controllo di determinate strutture sovranazionali. La Chiesa Cattolica rappresenta un ostacolo significativo a questi obiettivi per vari motivi.
Innanzi tutto la Chiesa, offrendo Gesù Cristo alle anime, genera singolarità libere, uomini e donne indisponibili a sottomettersi ad alcuna ideologia o struttura, se non a Dio solo. È questa promozione della verità e dell’autentica libertà dell’uomo che la fa essere eterna nemica dei poteri mondani. Quindi, promuove valori tradizionali, soprattutto in materia di famiglia e morale sessuale, che sono in conflitto con le tendenze globaliste riguardo a questi temi. Inoltre, la Chiesa difende la dignità della persona oggi sempre più minacciata dall’ideologia liberal-radicale; denuncia l’essenza disumana del progresso senza scrupoli che produce una mercificazione dell’uomo e della società; si oppone a pratiche come l’aborto e l’eutanasia, che i poteri globalisti cercano di legittimare a livello mondiale.
Da molto tempo, questi poteri hanno iniziato una battaglia contro la Chiesa Cattolica, nel tentativo di rimuovere il freno che essa pone ai loro obiettivi. Le pressioni subite da parte dei poteri globalisti erano tali da rendere Papa Benedetto XVI incapace di governare efficacemente la Chiesa, a causa delle divisioni interne e delle resistenze alla sua autorità. Alcuni hanno ipotizzato anche situazioni di ricatto, anche se non ci è possibile averne la certezza.
Questa ricostruzione offre, naturalmente, solo un’estrema sintesi di eventi complessi. Ma approfondiamo ora quella che per deduzione logica è la motivazione che ha costretto il Papa ad agire come sappiamo. Una delle strategie utilizzate dai poteri globalisti per orientare la Chiesa verso posizioni più concilianti con la loro agenda è stata quella di assicurarsi l’appoggio di molti alti prelati all’interno della gerarchia ecclesiastica. Questo è avvenuto anche tramite l’infiltrazione massonica all’interno della Chiesa. La Massoneria da sempre mira a sovvertire la Chiesa Cattolica51, plasmandola secondo il proprio spirito gnostico e, da quasi due secoli, lavora nel segreto per avere sul Soglio di Pietro un candidato favorevole all’agenda massonica.
Concentriamoci su questo aspetto: come abbiamo già detto, le leggi della Chiesa, nello specifico la Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis, sanciscono che sia nulla e invalida una elezione papale che sia stata progettata tramite accordi, promesse di voti, ecc. Quindi, un’elezione pilotata da gruppi di potere esterni o interni alla Chiesa sarebbe nulla e invalida e produrrebbe un antipapa. Ma se avvenisse, chi potrebbe scoprirlo? Con buona probabilità, tutto l’orbe cattolico accoglierebbe il nuovo Papa come validamente eletto.
Teniamo a mente questa prospettiva e torniamo ai fatti riguardanti la Declaratio: se Papa Benedetto XVI non l’avesse pronunciata in quel febbraio 2013, alla sua morte sarebbe stato convocato un regolare Conclave. Al contrario, la dichiarazione, essendo inefficace come atto di rinuncia al Papato secondo quanto ho dimostrato sopra, ha posto le condizioni di possibilità per un Conclave invalido.
Si consideri che, in normali circostanze, un atto del genere avrebbe ricadute morali gravissime per chi lo compie. Infatti, se pure Papa Benedetto XVI avesse agito nel timore che alla sua morte venisse eletto un Pontefice di idee eterodosse, non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto senza mancare gravemente di fede contro il dogma della indefettibilità della Chiesa. Questo perché, anche se ci fosse un candidato con idee eterodosse, dopo una valida elezione, egli riceverebbe la grazia di stato e l’assistenza dello Spirito Santo, per cui non potrebbe professare eresie. Un esempio significativo è quello di Papa Pio II, che dopo l’elezione abiurò le idee non ortodosse professate in gioventù.
Siccome non possiamo dubitare della fede di Benedetto XVI nel dogma della indefettibilità della Chiesa, la logica ci porta a concludere che egli fosse a conoscenza di informazioni che gli davano la certezza che l’elezione del suo successore sarebbe stata comunque nulla e invalida, perché in violazione delle norme di Universi Dominici Gregis. Inoltre, dobbiamo supporre che egli si sia trovato nella situazione di constatare che ai posteri sarebbe stato impossibile conoscere o dimostrarne l’invalidità.
Noi oggi sappiamo che, in effetti, i Cardinali che avevano fatto parte del “gruppo di San Gallo” operarono attivamente per far eleggere un proprio candidato. Essendo a conoscenza di molte delle dinamiche interne al Collegio Cardinalizio e avendo assistito al Conclave del 2005, non è difficile pensare che Benedetto XVI fosse venuto a scoprire questa realtà molto prima di noi.
Il Papa si è quindi trovato davanti a un bivio: permettere che, alla sua morte, venisse segretamente eletto un antipapa, oppure tentare una strategia per vanificare il piano dei nemici della Chiesa, formulando una dichiarazione priva di effetti giuridici.
Per inciso, faccio notare che un Conclave invalido – anche dopo la Declaratio – sarebbe stato evitabile. I Cardinali che si sono accorti delle già citate anomalie nella Declaratio (ad esempio quegli stessi che hanno permesso che le sue traduzioni fossero manipolate, come poi vedremo) avrebbero potuto immediatamente sollevare la questione e impedire che fosse convocato un Conclave. Ciò non è successo, quindi è importante notare che la responsabilità effettiva di quanto accaduto non va fatta ricadere su Benedetto XVI ma, anzi, soprattutto su chi ha capito e ha taciuto in malafede.
La strategia di Benedetto XVI gli ha permesso di mantenere il munus senza più avere il ministerium, una condizione che, per un Papa, può avvenire solo in una situazione giuridicamente nota come “Sede impedita” secondo il canone 412 del Codice di Diritto Canonico. In effetti, quando i Cardinali hanno indetto il Conclave – illegittimo perché il Papa era vivente e non abdicatario – hanno posto Benedetto XVI in Sede impedita. Per oltre dieci anni egli è rimasto in questa condizione, durante i quali ha offerto ai fedeli e al clero in buona fede indizi per dare la possibilità di riconoscere l’invalidità dell’elezione di Bergoglio. Alla luce di questo si capiscono ancora meglio le scelte eclatanti di introdurre il titolo di “Papa emerito” e di mantenere l’abito bianco, il titolo di “Sua Santità Benedetto XVI”, lo stemma papale, ecc.
All’indomani della Declaratio e per diverso tempo, molti hanno dibattuto sul tema dei “due Papi”. Interpellato in proposito Benedetto XVI rispondeva sempre: “Il Papa è un solo”55, senza mai specificare quale dei due fosse, se lui o Bergoglio.
Questo è un esempio tipico dei tanti messaggi di Benedetto XVI dopo la Declaratio, a conferma del suo essere in Sede impedita, vale a dire non libero di comunicare la verità del suo pensiero. Esaminando le sue risposte in diverse interviste possiamo ravvisare, grazie alla preziosa analisi di Andrea Cionci, l’utilizzo di quella tecnica che nei manuali di morale si chiama “restrizione mentale larga”, vale a dire l’omissione di dettagli o l’utilizzo di espressioni che possono essere interpretate in modi diversi da chi le pronuncia e chi le ascolta. Questo permette, in circostanze serie e importanti, di non mentire ma, allo stesso tempo, di non rivelare segreti o non dire cose che avrebbero delle conseguenze gravi.
Cito un esempio, che da solo dovrebbe dimostrare l’impossibilità di Benedetto XVI di spiegare esplicitamente il proprio gesto. Al giornalista Andrea Tornielli che gli aveva chiesto come mai continuasse a indossare la talare bianca e a farsi chiamare “Sua Santità Benedetto XVI” rispose: “Il mantenimento dell’abito bianco e del nome Benedetto è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti”. Nessuno può pensare che questo sia il vero motivo, la spiegazione deve essere un’altra e non si capirebbe per quale motivo eluderla con una risposta paradossale, se non per mancanza di libertà nel farlo.
È chiaro che il caso di Benedetto XVI differisce da quello di Pontefici del passato, materialmente impossibilitati a comunicare. Benedetto XVI si è dovuto difendere da nemici subdoli e nascosti all’interno della Chiesa stessa, non è stato visibilmente esiliato o incarcerato ma, di fatto, era privato della libertà di esprimersi chiaramente, anche a causa della manipolazione mediatica che privilegiava le critiche contro di lui e il suo magistero, oscurando sistematicamente le notizie e gli argomenti a suo favore. Ecco perché molti di voi non hanno mai sentito parlare della Sede impedita di Benedetto XVI, nonostante la mole di documentazione prodotta sul tema.
La frangia gnostica in seno alla Chiesa ha iniziato a manifestare in maniera sempre più chiara il suo programma eversivo dopo il Conclave del 2013. Ciò che non era evidente allora lo è oggi, a distanza di undici anni. I poteri globalisti stanno riuscendo nel loro intento, con la collusione di Bergoglio e dei suoi collaboratori, i quali hanno “meticciato” l’insegnamento della vera Dottrina e la difesa dei valori “non negoziabili” con il pluralismo religioso, il compromesso con il mondo, l’ecologismo, l’immigrazionismo, ecc.
Grazie a questo, tutti gli amanti della verità hanno potuto cominciare a comprendere l’esistenza e la natura di questa corrente nemica di Cristo che da tempo si annida nella sua Chiesa.

La manipolazione delle versioni ufficiali della Declaratio

Nell’immediato seguito della dichiarazione di Benedetto XVI ci fu la volontà di molti alti prelati e dei media in generale di far passare le parole di Papa Benedetto per una vera e propria abdicazione al Papato. Per fare un solo esempio, vi mostrerò come le traduzioni ufficiali della Declaratio pubblicate dalla Santa Sede siano state manipolate rispetto all’originale latino per farlo sembrare un valido atto di abdicazione.
Papa Benedetto XVI ha scritto e pronunciato la Declaratio in latino. Successivamente, gli uffici competenti del Vaticano hanno realizzato le traduzioni nelle varie lingue nazionali.
In queste traduzioni possiamo notare due tipi di anomalie:
• in molte lingue europee la distinzione tra munus e ministerium è stata nascosta ponendo come traduzione dei due lemmi uno stesso sostantivo che significa “servizio”.
• nella traduzione tedesca la manipolazione è ancora più evidente. Infatti, il munus e il ministerium, pur correttamente tradotti con Amt e Dienst, sono stati scambiati di posto. La Declaratio in tedesco è stata manipolata per farla sembrare una regolare rinuncia al munus petrino (Amt), a norma del can. 332 §2.
Inoltre, è interessante notare che per la pubblicazione della Declaratio sugli Acta Apostolicae Sedis (la “Gazzetta ufficiale” del Vaticano), è stato coniato un titolo che la fa apparire come una valida abdicazione: “De muneris Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri abdicatione” (“Circa la rinuncia al munus del Vescovo di Roma, Successore di San Pietro”).

Il silenzio dei Cardinali

Sono passati ormai undici anni dalle presunte dimissioni di Benedetto XVI e quasi due anni dalla sua morte, eppure, nonostante il clamore suscitato dai gravi dubbi sulla legittimità della nomina papale di Francesco, nessuna voce ufficiale si è ancora espressa. La mancanza di una posizione ufficiale della Chiesa è tanto più preoccupante se si considera la gravità del contesto in cui questo papato sta esercitando il suo ministero: un contesto in cui aleggia il dubbio sulla sua effettiva validità.
Come può pertanto la Chiesa trascurare di risolvere ogni possibile controversia sulla legittimità del papato di Francesco, come se ignorasse che il dubbio sulla sua legittima elezione si traduce ineluttabilmente nell’effettiva nullità del suo mandato?
Per quanto sia diritto e dovere dei fedeli di ogni ordine e grado denunciare la situazione, spetta ai Cardinali denunciarla ufficialmente e porvi rimedio, come disposto dall’art. 3 di Universi Dominici Gregis che così recita: “Stabilisco che il Collegio Cardinalizio non possa in alcun modo disporre circa i diritti della Sede Apostolica e della Chiesa Romana, ed ancor meno lasciar cadere, direttamente o indirettamente, alcunché di essi, sia pure al fine di comporre dissidi o di perseguire azioni perpetrate contro i medesimi diritti dopo la morte o la valida rinuncia del Pontefice. Sia cura di tutti i Cardinali tutelare questi diritti”. I Cardinali hanno il dovere di far rispettare i diritti della Sede Apostolica: non possono disporne a piacimento, né lasciarli cadere, nemmeno per evitare uno scisma. Quindi, se sul Soglio petrino siede un antipapa, il Collegio Cardinalizio deve intervenire.
Per quanto riguarda l’elezione del Papa, le nuove norme stabiliscono che essa spetti al solo Collegio Cardinalizio come da art. 33 di Universi Dominici Gregis: “Il diritto di eleggere il Romano Pontefice spetta unicamente ai Cardinali di santa romana Chiesa. […] È assolutamente escluso il diritto di elezione attiva da parte di qualsiasi altra dignità ecclesiastica o l’intervento di potestà laica di qualsivoglia grado o ordine”.

La “prova del nove”: le eresie pronunciate da Bergoglio

Ho ampiamente dimostrato che l’elezione del Card. Bergoglio a Pontefice non è mai avvenuta per una serie di motivi canonici. Questo fatto giuridico ha ricadute teologiche: in mancanza di una valida elezione, la conseguente mancanza dell’investitura divina fa sì che a Bergoglio manchi l’assistenza dello Spirito Santo. Se egli fosse Papa, sarebbe assistito dallo Spirito Santo, come ogni Romano Pontefice, non solo quando si pronuncia ex-cathedra, ma anche nel magistero ordinario. Un Papa canonicamente eletto non potrebbe essere pervicacemente eretico, perché verrebbe meno il dogma dell’infallibilità papale.
Vedremo invece alcune delle eresie (le più evidenti) nelle quali è caduto Bergoglio dopo la sua elezione e sulle quali non mi risulta che si sia mai ricreduto. Questo breve excursus è sufficiente a far comprendere quanto terribili siano le conseguenze per tutta la Chiesa dell’usurpazione del Soglio petrino.

Amoris Laetitia

Il 19 marzo 2016, viene pubblicata l’Esortazione apostolica Amoris Laetitia. In modo ingannevole il documento afferma che “non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante” (n. 301). Velatamente nell’Esortazione ed esplicitamente in successivi interventi chiarificatori Bergoglio arriva ad affermare che i divorziati che vivono una nuova unione possono essere assolti e ricevere l’Eucaristia pur senza vivere la continenza, vale a dire persistendo nella pratica dell’adulterio. Questo è esplicitamente contro la Parola di Dio e il Magistero della Chiesa.

Pluralismo religioso

In più occasioni Bergoglio ha promosso il pluralismo religioso.
• Il 4 febbraio 2019, Bergoglio e Ahmad Al-Tayyeb, il Grande Imam della Moschea di Al-Azhar, hanno firmato congiuntamente una dichiarazione intitolata “Documento sulla fraternità umana”, in cui affermano: “Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi”.
• Il 13 settembre 2024, durante un incontro con i giovani a Singapore, Bergoglio ha detto: “Una delle cose che più mi ha colpito di voi giovani, di voi qui, è la capacità del dialogo interreligioso e questo è molto importante. Perché se voi incominciate a litigare: “La mia religione è più importante della tua, la mia è la vera, la tua non è vera”. Dove ci porta questo qui? […] Tutte le religioni sono un cammino per arrivare a Dio. Per fare un paragone, sono come diverse lingue, diversi idiomi per arrivare lì. Ma Dio è Dio per tutti. E siccome Dio è Dio per tutti, noi siamo tutti figli di Dio. […] C’è un solo Dio e noi siamo idiomi, cammini, lingue per arrivare a Dio. Qualcuno è Sikh, qualcuno musulmano, qualcuno hindi, qualcuno cristiano, ma sono diversi cammini”.
• Durante il recente viaggio in Asia, a Giacarta in Indonesia, Bergoglio ha impartito una benedizione “valida per tutte le religioni”, senza invocare la Santissima Trinità e senza fare il segno della Croce.
È eretico affermare che Dio voglia positivamente il pluralismo e la diversità delle religioni, sia cristiane che non cristiane. A questo proposito cito alcune fonti sicure che mostrano come il pluralismo sia contrario alla Dottrina della Chiesa:
• Dalla dichiarazione Dominus Iesus della Congregazione per la Dottrina della Fede: “Il perenne annuncio missionario della Chiesa viene oggi messo in pericolo da teorie di tipo relativistico, che intendono giustificare il pluralismo religioso, non solo de facto ma anche de iure (o di principio)”.
• Dall’Enciclica Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II: “Gli uomini, quindi, non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l’azione dello Spirito. Questa sua mediazione unica e universale, lungi dall’essere di ostacolo al cammino verso Dio, è la via stabilita da Dio stesso, e di ciò Cristo ha piena coscienza. Se non sono escluse mediazioni partecipate di vario tipo e ordine, esse tuttavia attingono significato e valore unicamente da quella di Cristo e non possono essere intese come parallele e complementari”.
• Da un discorso di Giovanni Paolo II: “È dunque errato considerare la Chiesa come una via di salvezza accanto a quelle costituite da altre religioni, le quali sarebbero complementari alla Chiesa, pur se convergenti con questa verso il Regno di Dio escatologico. Si deve pertanto escludere una certa mentalità indifferentistica “improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che una religione valga l’altra” (Redemptoris Missio, n. 36)”.
• È interessante sottolineare che perfino pochi giorni fa, 16 settembre 2024, mons. Chaput, arcivescovo emerito di Filadelfia, ha scritto un articolo dal titolo “Il Papa e le altre religioni” nel quale critica le dichiarazioni fatte ai giovani a Singapore. Chaput sottolinea che, sebbene tutte le religioni esprimano la ricerca di Dio, solo Gesù Cristo è la via per la salvezza, come afferma chiaramente la Dottrina cattolica. Egli inoltre sottolinea che il compito del Pontefice è di insegnare la fede in modo chiaro, poiché commenti vaghi o imprecisi possono generare confusione tra i fedeli.

Assoluzione senza pentimento

In più occasioni Bergoglio ha affermato che il Sacerdote deve sempre dare l’assoluzione, anche se nel penitente non c’è volontà di pentimento. Ma questo è contrario all’insegnamento della Chiesa sul sacramento della penitenza, che richiede il pentimento del penitente, come affermano il can. 987 del Codice di Diritto Canonico e il n. 1451 del Catechismo della Chiesa Cattolica.
• Il 10 dicembre 2022, durante un incontro coi seminaristi di Barcellona, Bergoglio ha affermato che “anche se non si vede un proposito di emendamento, si deve sempre perdonare”, “in nessun caso si può negare l’assoluzione, poiché altrimenti il sacerdote diventerebbe strumento di un giudizio malvagio, ingiusto e moralista”.
• Il 18 maggio 2024, nella Basilica di San Zeno a Verona, parlando a sacerdoti e consacrati del sacramento della Penitenza ha affermato: “Per favore, perdonate tutto, perdonate tutto. E quando la gente viene a confessarsi, non andare lì a inquisire “ma, come?…”, niente. […] Per favore che non sia una seduta di tortura. Per favore, perdonate tutto. Tutto. E perdonare senza far soffrire, perdonare aprendo il cuore alla speranza”.
• Il 24 settembre 2024, incontrando i Gesuiti a Timor Est ha nuovamente ribadito di perdonare sempre, aggiungendo: “Confesso che in 53 anni di sacerdozio non ho mai rifiutato un’assoluzione. Anche se era incompleta”.

Culti pagani della “madre terra”

In più occasioni Bergoglio ha promosso o partecipato a culti pagani della “madre terra”:
• 7 ottobre del 2019, giorno della festa della Madonna del Rosario, all’apertura del Sinodo sull’Amazzonia, Bergoglio insieme ad alcuni Cardinali e Vescovi, ha portato in processione nella Basilica di San Pietro una statua di legno che rappresenta la divinità pagana della madre terra, chiamata Pachamama. Si è svolto un vero e proprio atto di culto idolatrico, che ha comportato la profanazione della Basilica di San Pietro.
• Già il 4 ottobre del 2019, alla vigilia dell’apertura del Sinodo, l’idolo Pachamama aveva fatto la sua comparsa nei Giardini Vaticani, nel corso di una cerimonia “officiata” da laici di origine andina svoltasi alla presenza di Bergoglio, di Cardinali e di Vescovi. In quell’occasione Bergoglio aveva benedetto la statua della Pachamama e l’aveva ricevuta in omaggio. Le immagini dell’evento mostrano religiosi e religiose che si prostrano con la faccia a terra di fronte all’idolo.
• Durante il suo viaggio in Canada, il 27 luglio 2022 Bergoglio ha preso parte a un rito spiritista durante il quale uno stregone indigeno ha chiesto ai partecipanti (oltre a Bergoglio, erano presenti anche diversi Cardinali e Vescovi) di mettersi spiritualmente in cerchio e di visualizzare il fuoco sacro mentre egli onorava la terra, il vento e il fuoco. Durante il rito lo stregone ha chiesto ai partecipanti di mettere una mano sul cuore e ha evocato un demone con queste parole: “Chiedo alla nonna occidentale di darci accesso al cerchio sacro degli spiriti in modo che possano essere con noi, così possiamo essere uniti e più forti insieme”.

Fiducia Supplicans

Il 18 dicembre 2023 il Dicastero per la Dottrina della Fede ha pubblicato la Dichiarazione Fiducia Supplicans sul senso pastorale delle benedizioni. Il documento afferma quanto segue: “si può comprendere la possibilità di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso”. In particolare, il documento strumentalizza il senso della benedizione affinché questa possa essere concessa anche a coppie omosessuali o irregolari. Ma, come spiega l’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Card. Müller: “Benedire queste persone in quanto appartenenti a coppie dello stesso sesso significa approvare le loro unioni, anche se non sono equiparate al matrimonio. Si tratta quindi di una dottrina contraria all’insegnamento della Chiesa cattolica, poiché la sua accettazione, anche se non direttamente eretica, conduce logicamente all’eresia”. Circa venti Conferenze episcopali e altrettanti Vescovi diocesani e gruppi di sacerdoti non hanno accettato questo documento. Si tratta di un avvenimento che denota una grave contraddizione perché a colui che si ritiene validamente eletto come Papa si deve sempre obbedienza, anche nel suo magistero ordinario.

Altre questioni gravi

I tre punti che sto per leggervi non costituiscono eresia ma sono comunque dati molto gravi da tenere in considerazione:
• Nel 2018, Bergoglio ha stipulato un accordo che consente al governo cinese di scegliere i Vescovi cattolici nel Paese. Inoltre, ha ordinato a diversi Vescovi cattolici fedeli a Roma di cedere le loro diocesi a Vescovi nominati dallo Stato. Questo accordo è stato rinnovato nel 2020 e nuovamente nel 2022.
• Bergoglio ha più volte promosso l’inoculazione di sieri sperimentali, definendolo come un “atto di amore”, senza sollevare problemi morali circa l’utilizzo nel processo di test e produzione di cellule provenienti da linee cellulari ottenute da feti umani abortiti volontariamente, calpestando la libertà di coscienza dei fedeli, anche in relazione alla possibile pericolosità di tali rimedi.
• Nel luglio 2021 Bergoglio ha pubblicato il Motu Proprio Traditiones custodes, che introduceva limitazioni per la celebrazione della S. Messa secondo il Messale del 1962. Così facendo, oltre ad interrompere la “riforma della riforma liturgica” voluta e iniziata da Benedetto XVI, ha anche rinnegato quell’ermeneutica della continuità che a lui stava tanto a cuore. Nella successiva Lettera Apostolica Desiderio Desideravi ha respinto qualsiasi tentativo di tornare a forme rituali preconciliari, sottolineando quanto già affermato con Traditionis Custodes, e cioè che i libri liturgici riformati “sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano”.
Non è questa la sede per un’analisi della riforma liturgica postconciliare, rimando al mio libro Il Sacrificio perfetto per un’esposizione delle posizioni di Benedetto XVI circa l’ermeneutica della continuità e della “riforma della riforma”. Qui noto solamente che Benedetto XVI, con il Motu proprio Summorum Pontificum e la promozione della Forma Straordinaria del Rito Romano, intendeva correggere quelle derive liturgiche che si erano diffuse dopo il Concilio e che non ne traducevano affatto gli intenti. Secondo il noto adagio lex orandi lex credendi, qualsiasi alterazione della Sacra liturgia produce, inevitabilmente, ripercussioni sulla fede del popolo. L’azione di Benedetto XVI era volta a recuperare il senso del sacro che interpretazioni errate della riforma liturgica avevano gradualmente strappato dal rito. Può essere interessante notare, a questo proposito, un precedente storico: l’Inghilterra del Cinquecento, in meno di 50 anni, passò da nazione ferventemente cattolica ad anglicana. Uno stravolgimento così rapido ed “efficace” non passò attraverso uno sforzo di catechesi o predicazione. Esso fu ottenuto da Thomas Cranmer, Arcivescovo di Canterbury, tramite la semplice redazione e imposizione del Book of common prayer, l’insieme dei riti della chiesa Anglicana, che andò a sostituire i libri liturgici cattolici. Cranmer sapeva che, trasformando la liturgia, sarebbe riuscito a mutare la fede del popolo e così fu.
Concludo questo excursus ribadendo che Bergoglio sta visibilmente provvedendo a rovesciare la fede cattolica fin dalle sue radici e questo è possibile perché egli non è Papa, perciò è privo del munus petrino – cioè dell’investitura divina – e quindi dell’assistenza dello Spirito Santo.

Analisi della situazione attuale

Desidero ora fare chiarezza sulle tre posizioni che si possono tenere rispetto alla situazione della Chiesa che si è creata con la morte dell’ultimo Papa Benedetto XVI.
• La posizione bergogliana e legittimista. Corrispondono a questo profilo:
– I fedeli che non sono consapevoli dell’antipapato e della Sede prima impedita e ora vacante e agiscono per ignoranza, credendo erroneamente che Bergoglio sia Papa. Vorrei qui sottolineare che esiste anche una forma di ignoranza colpevole. Ho osservato, e continuo a osservare, molte persone, inclusi sacerdoti, che non si informano adeguatamente. Essi aderiscono al pensiero dominante senza conoscere le fonti.
– All’interno della posizione “bergogliana” vi sono anche quei fedeli che riconoscono la crisi della Chiesa e le eresie manifeste di Bergoglio, contestandolo e disobbedendogli, ma che, per vari motivi, lo considerano comunque validamente eletto.
• La posizione della “Sede vacante non dichiarata” – Corrispondono a questo profilo i fedeli che riconoscono Papa Benedetto XVI come ultimo Papa e riconoscono che dopo la sua morte si è instaurata la Sede vacante, a norma del Codice di Diritto Canonico. È la posizione che sostengo e difendo.
• La posizione sedevacantista tradizionalista – Corrispondono a questo profilo i fedeli che riconoscono la crisi della Chiesa e le eresie manifeste di Bergoglio. Essi lo contestano, gli disobbediscono non ritenendolo validamente eletto, ma commettono il grave errore di non considerare veri Papi nemmeno i Pontefici eletti dopo Pio XII.

La mia posizione

Pur rinnovando la stima nei confronti del Sodalizio Sacerdotale Mariano, desidero informarvi che non ho chiesto di farne parte. Questa mia decisione è stata presa in coscienza per ragioni personali e non è motivata da ostilità. Pertanto, vi prego di non utilizzare questo fatto come pretesto per fomentare divisioni tra sacerdoti. Ciò che già unisce tutti i sacerdoti che hanno scelto la verità sopra ogni cosa è la fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa. È proprio Lui che, parlando ai nostri cuori sacerdotali, ci fa comprendere dove e come vuole che operiamo, guidandoci con il suo amore provvidente.
Questa in sintesi la mia posizione:
• Affermo che Bergoglio non è il Papa, cioè non ha ricevuto l’investitura divina (munus) ma esercita soltanto illegittimamente il ministero (ministerium), potendosi quindi qualificare come usurpatore del trono petrino.
• Affermo che Bergoglio è caduto in diverse eresie secondo quanto ho poc’anzi dimostrato. Ribadisco: non intendo affermare che Bergoglio “non sia Papa poiché è eretico” o che “debba essere deposto perché eretico”. Affermo che egli non è mai stato Papa per quanto dimostrato nella prima parte del mio discorso (Benedetto XVI non si è mai dimesso, pertanto il successivo Conclave è stato nullo e invalido). Il fatto che egli sia caduto nell’eresia è, piuttosto, la prova dell’invalidità della sua elezione: infatti non potrebbe mai un Papa canonicamente eletto essere eretico, perché verrebbe meno il dogma dell’infallibilità papale.
• Auspico quindi, pregando e soffrendo come ci ha insegnato Papa Benedetto XVI, che i Cardinali creati prima del 2013 (esclusi, cioè, gli pseudocardinali creati da Bergoglio) intervengano per tutelare doverosamente i diritti della Sede Apostolica (come da art. 3 di Universi Dominici Gregis):
– riconoscendo la mancata abdicazione di Papa Benedetto XVI,
– dichiarando la morte del Papa avvenuta il 31 dicembre 2022
– e procedendo all’immediata convocazione del Conclave per l’elezione di un nuovo Pontefice legittimo.
Poiché l’art. 3 di Universi Dominici Gregis consegna ai Cardinali il potere-dovere di intervenire per tutelare i diritti della Sede Apostolica, in caso di impedimento o occupazione della Sede essi possono e devono intervenire. Riconosco questa come unica via di soluzione percorribile.
• In data 6 giugno 2024 è stata depositata presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, da Andrea Cionci e dal suo team di Avvocati, l’”Istanza per il riconoscimento della nullità dell’abdicazione di Papa Benedetto XVI”. Pur essendo passati diversi mesi, il Tribunale non ha ancora dato risposta su una questione così centrale come la validità dell’elezione di un Pontefice e questo è molto grave. Questo silenzio va a corroborare il sospetto che non si voglia affrontare la questione, perché affrontarla vorrebbe dire dover per forza ammettere che ci troviamo di fronte ad un caso gravissimo. Spero che quanto prima l’istanza depositata venga presa in esame e che le venga data debita risposta, iniziando al più presto le procedure per ristabilire la giustizia al vertice della Chiesa, perseguendo i colpevoli, ristabilendo coloro che sono stati ingiustamente perseguitati e soprattutto indicendo un valido Conclave per l’elezione del successore di Papa Benedetto XVI.
Ritorno solo brevemente sul tema della concomitanza di “due Papi” ricordando che, nella storia della Chiesa, è capitato molte volte che ci fossero “due Papi”. Tuttavia, ogni volta che questa situazione si è verificata, uno solo era il legittimo Pontefice, mentre l’altro era eletto invalidamente, ovvero era un antipapa. Questo ci insegna la storia della Chiesa, che ci deve essere maestra in questa difficile situazione: la verità ha sempre trionfato nel passato, e dobbiamo pregare e operare affinché trionfi anche oggi. Papa Benedetto XVI ha tracciato per noi una e una sola strada per condurci nelle mani sicure di un Papa validamente eletto, ed è questa la strada che dobbiamo seguire, senza dubbi di fede e senza cadere nella tentazione dello sconforto o delle scorciatoie. Non le leggi degli uomini, ma le leggi della Chiesa, che è Sposa di Cristo, ci obbligano a credere, pregare e soffrire per la soluzione canonica di questa crisi: i Cardinali interverranno e apriranno una strada per un Conclave valido, secondo le norme di Universi Dominici Gregis. Questo significa confidare in Dio e nello Spirito Santo che assiste la Chiesa. Ogni altra strada oggi non è percorribile, perché estranea alle norme ora in vigore promulgate dagli ultimi Papi.
In una situazione straordinaria come quella che stiamo vivendo, è possibile che si affacci la tentazione di aggirare le norme, ma fa riflettere che proprio gli ultimi due Pontefici (Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) sono intervenuti per vincolare la Chiesa a una sola modalità di elezione, quella per scrutinium da parte dei Cardinali elettori, escludendo esplicitamente le alternative possibili in passato. (Faccio notare che Benedetto XVI ha apportato le ultime modifiche alle norme addirittura il 22 febbraio 2013, quindi con la piena consapevolezza della situazione in corso, e non ha modificato questo punto). Sebbene il Conclave sia di istituzione ecclesiastica e non divina, nel momento in cui il Santo Padre, massima autorità della Chiesa, legifera in questo senso, la norma diviene vincolante e a nessuno è consentito modificarla in assenza di un Papa regnante.
A voi che mi state ascoltando non sto chiedendo di credermi sulla fiducia, non lo farei mai su una questione così grave. Come ho sempre fatto fin qui, vi chiedo di verificare tutto quello che vi ho detto. Basterà che scarichiate il testo di questa omelia, troverete il link 1) nella descrizione del video e pubblicato sui miei profili social. Vedrete che tutto quello che vi ho detto è corredato di cento note a piè pagina e di una bibliografia nelle quali riporto oltre novanta fonti sulle quali si fonda la mia decisione. Potrete consultarle direttamente per verificare e approfondire quello che vi sto sottoponendo.

Un commento teologico

Dopo aver esposto la mia posizione riguardo alla crisi attuale, è importante ora approfondire le radici teologiche di questa situazione per comprendere meglio le implicazioni dottrinali, ecclesiali e spirituali che ne derivano.

La rimozione del Kathecon

Il termine Kathecon deriva dal greco e significa “colui che trattiene”. Nella teologia cattolica, è inteso come la forza o l’entità che trattiene l’avanzata dell’anticristo e dell’iniquità. Esso è stato spesso identificato col Papato, considerato l’unica realtà che ha il potere di trattenere l’avanzata del άνθρωπος τής ανομίας, “l’uomo dell’iniquità”. interpretato da S. Agostino e S. Ireneo di Lione come l’anticristo.
Papa Benedetto XVI risulta essere il culmen dell’essenza katecontica che ogni Papa ha rappresentato nella storia della Chiesa: infatti Benedetto, durante gli anni del suo Pontificato ordinario, col suo Magistero, ha svolto il ruolo di Kathecon nei confronti del mondo e del suo pensiero relativista e anticristiano come hanno fatto tutti gli altri Papi prima di lui. Ma con la sua Declaratio egli ha agito in modo del tutto nuovo per la salvezza del Papato e della Chiesa. Come Papa impedito, è risultato essere il Kathecon in modo eminente proprio nei confronti del pensiero eversivo e spintamente neomodernista interno alla Chiesa. Egli ha messo al sicuro il Papato e quindi la Chiesa (“ubi Petrus, ibi Ecclesia” diceva S. Ambrogio) e ha impedito che la linea antipapale si instaurasse in maniera difficile da riconoscere, come ho spiegato precedentemente.
Con la morte di Papa Benedetto, la rimozione del Kathecon ha fatto emergere senza più freni una realtà che da molto tempo tramava nell’ombra e condizionava – potrei meglio dire “sabotava” – le scelte della Chiesa ma che finora non aveva mai avuto l’occasione di mostrarsi in modo così plateale.

Un problema ecclesiologico

L’impressione che si percepisce ascoltando diverse voci del mondo cattolico è che “tolto Bergoglio, tolto il problema”. Invece, non basta “togliere Bergoglio” perché egli è il punto di arrivo di un processo annoso e silenzioso all’interno della Chiesa, manifestatosi più visibilmente nei primi del Novecento con il modernismo. Nel tempo, all’interno della Chiesa si è andata sviluppando una fronda rivoluzionaria dallo spirito gnostico, che ha preso sempre più corpo e potere, che di fatto rifiuta Gesù Cristo, la retta Dottrina, i Comandamenti, la morale, la sacra liturgia. Come già accennato, ci sono fondate ragioni di ritenere che dietro a questi progetti si nasconda la mano della Massoneria, che da moltissimo tempo opera infiltrando la Chiesa con i suoi affiliati.
Non sto qui parlando di ciò che teologicamente viene affermato fin dai primi secoli del cristianesimo e cioè che la Chiesa, la Sposa di Cristo è santa pur essendo composta da peccatori. Ciò che vediamo oggi è altro. All’interno della Chiesa di Cristo, a Lui fedele, si è infiltrata un’entità estranea, nemica di Gesù Cristo. Essa è formata da individui o gruppi che vogliono sembrare cristiani, ma il cui cuore e le cui azioni sono contrari a Cristo e alla Sua volontà. Essi distorcono la Dottrina e corrompono la fede. Di loro S. Agostino direbbe che appartengono alla “civitas terrena” (la città terrena), una realtà che si contrappone alla “civitas Dei” (città di Dio) e che, sebbene sembri appartenere alla Chiesa, in realtà non ne fa parte veramente perché, secondo Agostino, la Chiesa è solo di Cristo91.
Questa entità ha preso progressivamente forza fino a diventare maggioritaria nella gerarchia ecclesiastica e anche tra i religiosi e i laici.
La difficoltà di comprendere la situazione nella quale ci troviamo deriva dal suo essere un unicum nella storia della Chiesa. Gli scismi, come li conosciamo storicamente, sono nati dalla contrapposizione aperta tra un gruppo che sviluppava idee o pratiche considerate eterodosse e la Chiesa istituzionale. Questi conflitti dottrinali, disciplinari o di potere hanno generalmente portato a una rottura, per cui la Chiesa ha mantenuto le sue strutture e la continuità con la tradizione apostolica, mentre il gruppo scismatico, non riconosciuto, si è separato e ha cercato una nuova collocazione, formando a sua volta nuove strutture e comunità.
La situazione attuale, invece, si è sviluppata senza clamore: i nemici di Cristo si sono infiltrati nella Chiesa subdolamente, hanno lentamente conquistato cariche e posti di potere, l’operazione è stata condotta in modo tale da passare inosservata alla maggior parte dei fedeli, che non si sono resi conto della sovversione in atto. Si è verificato di fatto uno scisma nascosto, in cui il gruppo scismatico ha conquistato il potere, occupa le cariche di governo, amministra le strutture e sta perseguitando i cattolici rimasti fedeli. (Parlo di scisma perché questa entità, prendendo potere, si è progressivamente svincolata dall’obbedienza alla Chiesa stessa fino – abbiamo visto – a rendere impossibile il governo al Papa regnante e minare la successione apostolica). La componente eversiva è stata sempre più in grado di condizionare la fede e la morale di molta parte dei fedeli i quali, ora, rischiano di essere incapaci di riconoscere la deriva dottrinale alla quale assistono.
C’è poi un’altra parte di cattolici – e qui si collocano molti consacrati – che avrebbero gli strumenti per rendersi conto di ciò che è accaduto ma che hanno scelto di assecondarlo. Forse lo fanno perché essere fedeli a Gesù Cristo e alla sua Chiesa è faticoso, viceversa una morale “a maglie larghe” non inquieta la coscienza. Oppure, più semplicemente, essi tacciono perché parlare vorrebbe dire diventare degli outsider, rischiare tutto, perdere appoggi, prestigio e simpatie. Non mi riferisco qui a coloro che hanno in coscienza deciso di attendere a rivelare le loro posizioni per motivi fondati; parlo di coloro che, per ignavia, non prendono nemmeno in considerazione di alzare la voce per smascherare l’inganno.
In sintesi, tralasciando per un momento la questione della legittimità, Bergoglio si trova al posto in cui è perché gli è permesso, poiché la maggior parte dei cattolici non si ribella alla situazione gravissima che ho descritto.

Che cosa fare?

Tutti coloro che nel proprio cuore e nella propria coscienza riconoscono che Bergoglio non è il Papa sono oggi chiamati a riaffermare la loro appartenenza alla Chiesa Cattolica Apostolica, prendendo le distanze dalla frangia scismatica.
Non sto proponendo il concetto – tipico dell’eresia catara – di una “Chiesa dei puri”, ma del popolo di Dio che, pur nella sua imperfezione, vuole essere fedele a Cristo. Non si tratta di formare una nuova chiesa, ma di custodire e difendere quella fondata da Gesù Cristo. La Chiesa, intesa come Corpo Mistico di Cristo, in unione con Lui non è corrotta ma santa e immacolata. È il popolo di Dio ad essa fedele che si trova in una tale minoranza da non avere più voce.
Ci troviamo ora a dover combattere per vivere la fede cattolica, poiché siamo governati da una gerarchia in gran parte scismatica. Siamo osteggiati e perseguitati proprio da chi dovrebbe sostenerci e proteggerci. Ogni giorno dobbiamo lottare per affermare la verità, mentre attorno a noi molti lavorano per distruggerla.
Dobbiamo dichiarare l’estraneità di questa gerarchia scismatica rispetto alla Chiesa Cattolica e stringerci a quest’ultima, decisi a essere fedeli a Gesù Cristo, forti solo della fede nella sua promessa: “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa” (Mt 16,18). Attenderemo che i Cardinali validamente creati prima del 13 marzo 2013 dichiarino la Sede vacante ed eleggano un nuovo Pontefice. Proprio perché crediamo la Chiesa e confidiamo nella sua indefettibilità, siamo certi che il Signore interverrà e, a tempo debito, farà sì che essa torni ad essere governata da un Papa legittimo. Nella storia della Chiesa, questo tipo di sofferenza si è già verificato, come dimostrano i circa quaranta antipapi già esistiti. Non possiamo sapere i tempi nei quali questo avverrà e non è utile fare ipotesi.
Ci conforta un dato: la situazione attuale era già stata annunciata da personaggi di spicco che prevedevano un momento critico nella Chiesa in cui ci sarebbe stata una crisi di fede e i fedeli si sarebbero ridotti a un piccolo gregge.
• L’allora Prof. Ratzinger disse nel 1969: “Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. […] Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica”.
• Paolo VI disse a Jean Guitton: “Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di San Luca: “Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla Terra?”. […] Rileggo talvolta il Vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine? […] può avvenire che questo pensiero all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia”.
Nel frattempo, coloro che riconoscono la verità sono chiamati ad annunciarla con forza, cooperando per il bene della Chiesa, in ossequio a quanto stabilito dal canone 212 §2 e §3 del Codice di Diritto Canonico, a sua volta ispirato al n. 37 della Costituzione Lumen gentium del Concilio Vaticano II, che conferisce a tutti i fedeli il diritto di manifestare le proprie necessità e addirittura il dovere di manifestare il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa.
Affidiamoci alla preghiera, invocando Dio e la Vergine Maria. Supplichiamo il loro intervento con fiducia, restiamo saldi nella fede, certi del loro ascolto. In particolare, facciamo pregare i ragazzi e i bambini. Spiegate ai vostri figli e nipoti la verità in modo da poterli interiormente chiamare in causa, sono anche loro coinvolti in questo dramma. La preghiera e la sofferenza delle anime innocenti è il miglior incenso che possa salire a Dio.
Resistiamo senza paura e sconforto in questo tempo di grande prova. Dovremo accettare di vedere molte persone care rimanere nell’errore: offriamo queste sofferenze per i Cardinali chiamati ad intervenire dichiarando la Sede vacante.
Stiamo uniti e facciamo rete. Mai come ora è fondamentale tessere relazioni vere, proficue, sante, che ci aiutino e aiutino altri a coltivare una vera vita sacramentale e spirituale. È venuto il tempo di investire seriamente nella nostra vita di fede, con generosità e creatività. Mettiamo a disposizione quello che siamo e quello che abbiamo a servizio della Chiesa.

Cosa farò

Forse vi chiederete cosa farò da oggi in poi. Esattamente ciò che ho fatto finora: sono un Sacerdote cattolico, continuerò ad esserlo e a fare ciò che fa un Sacerdote. Chiaramente, non celebrerò più la S. Messa “in unione con Papa Francesco”.
Come è stato per me, capisco che ci vuole tempo e grande riflessione per assimilare una verità così grave, perciò non pretendo che tutti comprendano e condividano immediatamente questa mia scelta. Per alcuni potrebbe essere una doccia fredda, per altri una conferma a qualcosa che immaginavano, per altri ancora una certezza maturata da tempo.
Desidero seguire e stare vicino a tutti coloro che condividono quanto ho finora detto ma anche a coloro che fanno più fatica a farlo. So che per alcuni di voi questa mia decisione potrebbe generare smarrimento, vorrei rassicurarvi che il mio impegno verso di voi e verso la vostra crescita spirituale non viene meno. Sono sempre pronto ad accompagnarvi, ascoltarvi, sostenervi e resto a vostra disposizione per chiarimenti e domande. Chi desiderasse contattarmi personalmente potrà farlo tramite i miei profili social, il sito Veritatemincaritate.com o all’indirizzo e-mail che troverete in calce alla versione scritta di questa omelia.
Sono disponibile a collaborare liberamente con tutti i sacerdoti che lo vorranno, per aiutarci nella fraternità sacerdotale a compiere la nostra missione in questo tempo così grave. Ciò che ci deve unire è l’amore per Gesù Cristo e la Chiesa Cattolica.
Dal canto mio sento che è arrivato il momento di testimoniare in prima persona di non aver paura nell’affrontare ciò che accadrà ma non desidero emettere giudizi sui sacerdoti che, pur avendolo compreso, non annunciano la Sede vacante e non denunciano pubblicamente l’antipapato in corso. Ci sono molte ragioni alla base di queste scelte e non possiamo sapere cosa il Signore chieda a ciascuno. Non si deve pensare che questo atteggiamento sia necessariamente dovuto a viltà. Ringrazio per la scelta coraggiosa i sacerdoti che per primi sono usciti allo scoperto.
Credo che sia mia facoltà, diritto e addirittura dovere di carità aver detto tutto quanto ho detto oggi. Mi auguro che questo mio intervento possa fungere da invito per le autorità ecclesiastiche a rispondere in merito alle questioni da me sollevate, confutandole se è loro possibile, con argomentazioni corredate di fonti proprie del diritto, correggendomi se e dove sbaglio, consigliandomi se lo ritengono necessario, avviando quindi un dialogo costruttivo proprio di chi dichiara di voler vivere nell’ossequio di Gesù Cristo, nella verità e nella giustizia. Ribadisco che sono e resto figlio della Chiesa e sarò ben felice di ricredermi su tutte le mie affermazioni se mi verrà dimostrato che sono errate.
Questo lavoro di ricerca mi è costato una dura fatica, pertanto, chiedo a tutti coloro che non fossero d’accordo con me di evitare contestazioni superficiali e di produrre, viceversa, argomentazioni serie, fondate sul Diritto Canonico, la storia della Chiesa, la teologia e la conoscenza del latino. Viceversa, un confronto con opinioni differenti, presentate con competenza, può solo arricchire, trattandosi di un tema molto complesso.

Una precisazione su eresia e scisma

Secondo il Diritto Canonico l’eresia e lo scisma sono due crimini diversi. L’eresia si oppone all’unità della fede, lo scisma si oppone al legame della carità e lo scisma in senso stretto non comporta l’eresia. Quanto ho detto in questa omelia non rientra nelle categorie dello scisma e dell’eresia. Non rientra nella categoria di eresia perché il Codice di Diritto Canonico al can. 751 definisce eresia: “l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa”. In tutto quanto ho detto in questo discorso non ho negato né messo in dubbio i dogmi e le verità di fede.
In particolare, non ho messo in dubbio – anzi, ho affermato e difeso – il dogma dell’indefettibilità della Chiesa. Un periodo di undici anni non è senza precedenti nella storia della Chiesa per quanto riguarda la durata di una crisi legata a un antipapa. Ci sono stati periodi nella storia della Chiesa in cui antipapi hanno rivendicato il papato e sono stati seguiti da una parte significativa del clero e dei fedeli. Alcuni esempi includono l’epoca dello Scisma d’Occidente (1378-1417), durante il quale ci furono fino a tre rivali che rivendicavano la cattedra di Pietro. In alcuni casi, queste situazioni di scisma e confusione sono durate molti anni, persino decenni.
Circa il dogma dell’infallibilità papale, non lo nego, anzi sostengo che sia proprio questo dogma a fornire una controprova che Bergoglio non è Papa. Come già detto, se egli lo fosse non potrebbe produrre documenti che sono in contraddizione con i Comandamenti di Dio, la Dottrina Cattolica, i pronunciamenti definitivi dei suoi predecessori e il loro Magistero ordinario. Quanto ho detto non rientra nemmeno nella categoria di scisma perché è detto scisma: “il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti” (Codice di Diritto Canonico, can. 751). “Per costituire il delitto di scisma in senso stretto sono richieste le seguenti condizioni:
1. Ci si deve ritirare direttamente (espressamente) o indirettamente (attraverso le proprie azioni) dall’obbedienza al Romano Pontefice e separarsi dalla comunione ecclesiastica con il resto dei fedeli, anche se non ci si unisce a una setta scismatica separata;
2. il ritiro deve essere fatto con ostinazione e ribellione;
3. il ritiro deve essere fatto in relazione a quelle cose che costituiscono l’unità della Chiesa; e
4. nonostante questa disobbedienza formale, lo scismatico deve riconoscere il Romano Pontefice come il vero pastore della Chiesa, e deve professare come articolo di fede che è dovuta obbedienza al Romano Pontefice”.
Ma, come più volte ribadito, tutto questo discorso prende le mosse dal fatto che il cosiddetto Papa Francesco non è Papa. Se Bergoglio non è il Romano Pontefice, disobbedire a lui e alla gerarchia in comunione con lui non è scisma.
Nei prossimi giorni tornerò su questo testo e lo commenterò gradualmente sui miei canali social, dedicando a ciascuna parte il tempo necessario, leggendo anche tutte le note, per permettere a tutti di comprendere a fondo una questione così delicata.

Per concludere

Vorrei chiudere questo mio intervento leggendovi una favola tratta da un film. Proprio da questa favola ho tratto spunto per il titolo del mio intervento di oggi. Vi leggo le parole del personaggio che la racconta e le faccio mie:
“Nell’avventura finale di questa terra meravigliosa, nella quale gli animali parlano con gli esseri umani e un maestoso Leone li sprona tutti all’amore, alla fede e al coraggio, nell’ultimo capitolo di questa bella storia scritta per bambini, successe che i nemici del Leone avevano sterminato tutti i suoi seguaci tranne due: un Orso e un Unicorno, intrappolati in una stretta caverna insieme al Leone.
Il malvagio re mandava in continuazione nella caverna ondate di soldati per cercare di ucciderli ma non ci riuscivano, perché il Leone, l’Orso e l’Unicorno li respingevano.
Alla fine il re malvagio mandò un messaggero che disse: “Quello che vogliamo veramente, l’unico che ci interessa è il Leone. Consegnatecelo e sopravviverete. Certo, a te Unicorno taglieremo di netto il corno e ti faremo tirare un carretto per il resto della vita, tu Orso invece verrai messo in catene e ballerai nel circo, ma entrambi sopravviverete”.
Allora il Leone guardò negli occhi i suoi amici e chiese loro: “Cosa intendete fare?”.
L’Orso e l’Unicorno fecero un bel sorriso e risposero: “Fra tutti i modi in cui saremmo potuti morire, questo è proprio quello che avremmo scelto”.
L’Orso, il Leone e l’Unicorno non cercavano la via più facile. Non la stava cercando nemmeno Gesù quando accettò la Croce. Ci sono molte persone che non credono nella storia di Gesù come non credono a quella del Leone, dell’Orso e dell’Unicorno.
Io sono qui con voi questa mattina perché credo in entrambe… e non consegnerò mai quel
Leone”.

Padre Giorgio Maria Faré

N O T E

1) Abbiamo omesso qui, oltre alla bibliografia, le note – numerose e complesse – inserite da padre Faré nel testo scritto della sua omelia. La loro lettura è peraltro fondamentale, in quanto documentano pienamente le affermazioni dell’autore e costituiscono uno spunto per approfondire la Magna quaestio. Si possono scaricare in pdf a questo indirizzo [NdR].