La sconcertante destituzione dei sindaci curdi

È ormai dal 4 novembre che in Bakur (Kurdistan del Nord, entro i confini turchi) si svolgono e rinnovano manifestazioni di protesta per la sostituzione, imposta da Ankara, dei sindaci di Mardin, Batman e Halfeti. Sindaci eletti democraticamente e appartenenti al dem (partito per l’uguaglianza dei popoli e la democrazia, terza forza parlamentare in Turchia). Al loro posto amministratori nominati dal ministero dell’Interno.
A Batman erano già stati arrestati oltre settanta cittadini (oltre ad aver subito violenza da parte delle forze dell’ordine). Altri ancora, una decina, in seguito alle perquisizioni a Mardin.
È invece dell’11 novembre la notizia del gran numero di arresti (si calcola circa 250) di persone che avevano solamente preso parte alla menifestazioni. Ovviamente non si tratta di cifre definitive. È stato comunque accertato che una trentina (si parla di 33) sono già stati imprigionati, mentre 37 sono stati posto sotto controllo giurisdizionale. Altre 3 ai domiciliari.
Dato che la maggior parte delle manifestazioni erano state proibite, in diversi casi (a Batman in particolare) erano scoppiati disordini. Al lancio da parte della popolazione di petardi, la polizia aveva risposto – disperdendo la folla incollerita – con i blindati sormontati dai cannoni ad acqua.
A Mardin la mobilitazione si è mantenuta costante con la partecipazione, oltre che della popolazione, dei co-sindaci Ahmet Türk e Devrim Demir, e dei membri del consiglio comunale.
Dal quartiere di Istasyon si sono mossi in corteo verso il municipio preceduti da uno striscione con la scritta “Resistenza popolare contro il colpo di Stato”.
Era loro intenzione prendere parte alla riunione municipale, ma la polizia lo ha impedito presidiando in forze l’entrata dell’edificio e innalzando barriere (vere e proprie barricate, stando a quanto riferito dai presenti). Per cui il consiglio comunale con i co-sindaci estromessi si è svolto all’aperto.
Nel suo intervento Devrim Demir ha denunciato come non venga consentito – illegalmente – al consiglio comunale di “fare il suo lavoro”. Quanto all’accusa che in municipio ci sarebbero persone non identificate, ha assicurato: “Noi siamo qui, la nostra identità è nota, qui tutti sanno chi siamo e che cosa siamo”. Per cui “ancora una volte condanniamo con forza questa situazione. Non ci fanno entrare, però i quartieri e le strade sono nostri. E questo consiglio continuerà a fare il proprio dovere fino alle prossime elezioni”.
Da parte sua Ahmet Türk ha voluto ribadire che “la volontà del popolo è stata usurpata un’altra volta”. Aggiungendo: “Non resteremo in silenzio di fronte a questo atto illegale”.
Lo stesso nel distretto di Halfeti di Urfa, dove la popolazione scende in strada da oltre una settimana. Una delegazione del collegio degli avvocati di Antep (tra cui il presidente Bülent Duran) è arrivata per prendere visione della situazione, accolta davanti al municipio dal co-sindaco Mehmet Karayılan (estromesso) e dal consiglio comunale.
Senza mezzi termini, Bülent Duran ha definito “tirannici i metodi extragiudiziari usati dal governo per violare i diritti”.
Qualche giono fa, parlando nella piazza Şêx Seîd (Dağkapı, a Diyarbakir) nel corso di un evento organizzato, oltre che dal partito dem, dal partito delle regioni democratiche (dbp) e da Tevgera Jinen Azad (movimento delle donne libere), il co-presidente del dem, Tülay Hatimoğullari, aveva mandato “un chiaro messaggio alla Turchia e al mondo intero. Siamo a favore di una soluzione pacifica e democratica della questione curda”. Aggiungendo comunque che “nonostante la repressione, resteremo nelle strade, mano nella mano con il nostro popolo fino a quando gli amministratori [imposti da Ankara] verranno ritirati e i nostri municipi verranno restituiti ai loro legittimi rappresentanti”.