Con 95 voti (socialisti) a favore, 56 contrari e un’astensione, l’Assemblea Nazionale ha approvato la trasformazione territoriale della Francia in 13 macroregioni, che entrerà in vigore nel 2016. La legge prevede l’accorpamento di alcune delle attuali 22 regioni ufficiali, di fatto riducendo la sovranità di gruppi etnici “minoritari” sui loro territori. È il caso degli alsaziani, che si ritroveranno fusi in un’entità orientale con Lorena e Champagne-Ardenne.
La decisione è stata definita “l’avvenimento più grave per l’Alsazia dalla fine della guerra” da Philippe Richert – alto esponente dell’UMP, i Popolari francesi – “la quale Alsazia d’ora in avanti non avrà più alcuna istituzione politica a rappresentarla”.
Per quanto riguarda altre realtà etniche, i catalani del Roussillon restano minoritari in una regione ora allargata ai Midi-Pyrenees, e lo stesso vale per i baschi del nord, inseriti in una gigantesca realtà composta da Aquitania, Limousin e Poitou-Charentes.
Analogo a quello alsaziano il disappunto dei bretoni, ma per motivi pressoché opposti. Negli ultimi mesi, infatti, c’è stato un gran fermento attorno all’ipotesi di riunificare il Paese Bretone accorpando il dipartimento della Loire-Atlantique, separato dalla “madrepatria” nel 1941 e attualmente parte del Pays de la Loire: la rivoluzione regionale non ne ha minimamente tenuto conto.
Il 20 dicembre scorso alsaziani e bretoni hanno sfilato a Parigi contro le macroregioni. I celti erano rappresentati dai Bonnets Rouges, i berretti rossi, che hanno parecchi punti in comune con il movimento dei forconi ma sono decisamente autonomisti.