La riduzione di padre e madre, archetipi fondativi del maschile e del femminile, a due numeri o lettere dell’alfabeto, realizzata nella legge francese Taubira sul matrimonio omosessuale, illustra più di ogni discorso l’intenzionalità neutralizzante perseguita dai legislatori della modernità occidentale verso le forze storiche e simboliche dei due generi e la loro collaborazione nell’istituto familiare. L’abolizione di padre e madre è diretta a trasformare la famiglia da cellula vivente della società in categoria burocratica di classificazione degli individui. Col genitore 1 e 2 diventiamo tutti orfani, figli di numeri, e quindi numeri a nostra volta.
Il conflitto Stato-famiglia, ispirato dal programma “più mezzi possibili per fini individuali” (come ha notato Mauro Magatti sul Corriere della Sera), è oggi orientato (anche dalle istituzioni europee) a confuse richieste di indebolimento dei due generi, femminile e maschile. Nelle recenti modifiche proposte in tema di famiglia e di educazione a proposito del genere ha un ruolo importante il sistema tecno economico della produzione genetica e procreativa, coi suoi dichiarati interessi per l’indebolimento di ogni aspetto naturale nella vita umana, genere femminile e maschile compresi. È lo scenario mediaticamente celebrato del passaggio al transumanesimo, e del suo programma di scavalcamento della vita e della famiglia naturale. […]
Le proposte della docente di letteratura inglese di aspirazioni decostruttiviste Judith Butler (autrice tra l’altro di Undoing Gender), con la da lei pomposamente definita “teoria del genere”, hanno suscitato subito numerose e importanti critiche già nel campo specifico degli interdisciplinari gender studies, nell’ambito dei quali io stesso da decenni mi colloco, coi miei lavori sul maschile e femminile “selvatici”, e sulla paternità. Ad esempio Bryan S. Turner, fra i più importanti sociologi viventi, prende i lavori della Butler come esempio dell’errore di confondere le proprie opinioni coi fatti, con ciò che esiste nella realtà. L’inconsistenza scientifica dei confusi lavori di Butler è dimostrata in numerosi studi con relative bibliografie, ma non abbiamo qui lo spazio per occuparcene.
L’equivoco dei diritti
È significativo però ricordare che la “teoria” di Butler va anche esplicitamente in senso opposto all’importante elaborazione fatta dalle donne col pensiero della differenza femminile, che a differenza della sua “teoria”, è effettivamente un pensiero, anche se diverso dal mio. Interessante notare che mentre questa “teoria”‘viene presentata da centri politici transnazionali in chiave di diritti umani (in particolare quelli delle donne e delle persone omosessuali), il pensiero della differenza valorizza proprio il genere, che Butler vuole “disfare” e distruggere, come lo spazio specifico delle “pratiche di relazione tra donne” e luogo per generare libertà femminile.
Quanto agli omosessuali, a nome dei quali (oltre che delle donne) vengono presentate queste proposte, essi sono stati presenti e determinanti nell’organizzazione di Manif pour tous a Parigi. Nelle sue comunicazioni, il collettivo ha preso posizione contro il matrimonio omosessuale, cui si è dichiarato non interessato, spiegandone le ragioni, e contro la gender theory, difendendo invece la funzione umana e sociale della famiglia fondata da uomo e donna, e là sua capacità di creare alleanze e legami valorizzando le specificità dei due generi. Hanno anche documentato la notevole quantità di finanziamenti assegnati dalle istituzioni politiche alla Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), e lo scarsissimo numero dei suoi aderenti rispetto all’effettiva popolazione francese, che è su posizioni diverse.
Le forti prese di distanza delle donne e degli omosessuali, chiariscono come, in realtà, l’appoggio a questa “teoria”, e alla sua proposta di decostruire il genere in quanto libero spazio di elaborazione culturale dell’identità sessuale femminile e maschile, viene soprattutto da grandi fondazioni e istituzioni di varia natura, interessate allo sterminato mercato della riproduzione artificiale e del commercio di parti del corpo femminile (ovuli e uteri in affitto), al declassamento di padre e madre, e alla riduzione di maschile e femminile a un debole “genere neutro”, manipolabile da ogni potere economicamente forte. […]
Il genere, il femminile e il maschile, aspetto culturale dell’identità sessuale, è stato da sempre il luogo dell’articolazione e sviluppo in forme e stili di vita dell’identità stessa, compresi gli orientamenti sessuali e i loro sviluppi. Per questo, per chi come Judith Butler considera invece maschile e il femminile solo una “recita” (“non si è donna, si fa la donna” ha sostenuto), come lei ha imparato nel suo college americano per ragazze ricche dove recitare è più importante che essere, è decisivo “disfare” il genere, che per il resto del mondo è il luogo affettivo e creativo della declinazione culturale e storica di femminilità e maschilità nelle loro diverse e profonde forme.
Quando la storiografia racconta di Cesare come “marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti” descrive un aspetto “di genere” della peraltro incontestata identità maschile di Giulio Cesare. Così come di un genere elaborato e complesso, fu, ad esempio, lo stile affettivo e di comportamento della regina Cristina di Svezia.
Al di là di questi e innumerevoli altri esempi noti, è interessante che anche nelle saghe, nei racconti popolari e nelle descrizioni di personaggi ordinari di ogni epoca e condizione sociale troviamo che l’identità femminile o maschile si è espressa in ogni tempo anche con comportamenti o sensibilità che presentavano aspetti dell’altro sesso.
Nuovi fondamentalismi
In molti paesi delle più impervie montagne alpine, a Carnevale i ragazzi si travestono da donne e le ragazze da maschi. Si divertono, ma lo prendono giustamente sul serio, come tutti gli antichi riti dell’inconscio collettivo. Non è una buffonesca teoria sociologica, finanziata da chi occupa il potere. La psiche (oltre alla biologia) ha infatti in sé aspetti dei due sessi, che hanno un ruolo incontestabile tra uomo e donna e nell’armonia della coppia.
Quanto ho appena detto è però da sempre negato dall’altro tipo di fondamentalismo sessuale, quello che (sia pure in modo diverso dalla Butler), sostiene anch’esso che non c’è nessun genere, ci sono i due sessi e il resto è perversione. Anche questa è una visione ideologica, che nega l’ampia ricchezza dell’identità umana, smentita dalla storia, da psicologia, antropologia, biologia, e anche dalla storia delle religioni.
La realtà è più complessa. Bisogna però avere il coraggio di riconoscerla, e disciplinare l’io all’interno dei suoi variegati percorsi.
Confondere e ridurre il genere all’orientamento sessuale, fissandolo poi in una forma precisa e determinata, come propongono le leggi che si ispirano a questa improbabile teoria, equivale a incasellare in una forma burocratica fissa un aspetto creativo, fluido, dotato di molteplici contenuti, e di per sé potenzialmente mutevole nel corso della vita, come ogni altra parte della personalità.
È senza alcun dubbio un’operazione repressiva rispetto alla natura e personalità umane. Le quali, da sempre, vivono continui mutamenti e trasformazioni, anche indotte da quella plasticità del cervello, sulla quale le neuroscienze hanno fornito materiali incontrovertibili.
I neuroni muoiono, ma le cellule cerebrali di contatto continuano a riprodursi fino alla fine della vita, producendo modifiche in comportamenti e aspetti dell’esistenza anche più profondi delle pratiche sessuali, a seconda degli input che la coscienza immette nel cervello.
Lo “smontaggio” del genere, come è stato notato anche da associazioni omosessuali ed esponenti della cultura, è un’operazione repressiva in quanto nega la piena identità personale e il suo continuo sviluppo. La teoria del genere con la sua negazione dell’autenticità e ampiezza del campo femminile e maschile, è la reazione del conformismo fobico del politicamente corretto dei college liberal americani alla loro ricchezza e multiformità. Com’è noto alla storia delle culture umane, e ha ribadito anche l’ampia partecipazione omosessuale a Manif pour tous, le identità maschile e femminile, fondative dell’ampia affettività familiare, non sono affatto riducibili alle pratiche sessuali degli individui (che rappresentano una parte parziale e mutevole nel corso dell’esistenza della personalità). Ciò, però, è intollerabile per qualsiasi ideologia conformista, tradizionalista o liberal che sia.
Claudio Risé, da Vita selvatica. Manuale di sopravvivenza alla modernità, citato da “La Verità”.