Valico pirenaico al confine tra Francia e Spagna nonché una delle prime tappe del Cammino di Santiago di Compostela, Roncisvalle è molto più che un semplice passo montano di frontiera: il suo nome è indissolubilmente legato a una delle più celebri battaglie dell’Alto Medioevo avvenuta il 15 agosto 778 che vide la completa disfatta dell’esercito del re dei franchi, Carlo Magno. L’episodio riveste una notevole importanza storica, ma la fama dell’evento è dovuta anche alla tradizione letterario-mitologica in cui i fatti storici hanno alimentato la leggenda grazie alle chansons de geste, tra cui soprattutto la Chanson de Roland, la cui notorietà e grandezza ha reso immortali protagonisti e luoghi.
L’eco della parola Roncisvalle riecheggia così tra le valli dei monti circostanti come nelle nostre menti e conoscenze in quanto pietra miliare della letteratura occidentale e snodo fondamentale della storia europea.
Il passo di Roncisvalle segna il confine naturale tra il versante francese a nord e quello spagnolo a sud e prende il suo nome dal villaggio di 30 abitanti Roncisvalle/Orreaga, situato non lontano dal valico all’interno della comunità autonoma della Navarra, dunque in territorio basco. È per l’appunto importante ricordare come il Paese Basco sia incredibilmente ricco di luoghi simbolici dallo straordinario valore culturale, storico, mitologico e spirituale per la sua popolazione: siano essi una città, un monumento o uno spazio naturale, risultano spesso pervasi e contraddistinti da un forte carattere identitario che rimanda a uno o più significati precisi, fondamentali per la configurazione culturale nella quale sono inseriti e che permette quindi di decifrarli. Roncisvalle, con la sua notevole rilevanza storica, mitologica e anche spirituale per i baschi, è uno di questi luoghi.
A differenza di quanto si è soliti pensare, infatti, influenzati sicuramente dalla grandissima notorietà e valore attribuito alle chansons del ciclo carolingio, non furono in realtà i mori-saraceni, gli infedeli musulmani, a sbaragliare la retroguardia dell’esercito franco, bensì un gruppo di montanari baschi appartenenti alla tribù dei vascones per vendicare i saccheggi perpetrati dalle truppe carolingie in territorio navarrese. Da qui si deduce la notevole importanza dal punto di vista culturale che questo episodio ricopre all’interno della tradizione basca, soprattutto in termini etno-identitari.
La spedizione in Spagna
L’episodio di Roncisvalle è stata tramandato come una delle più famose battaglie di Carlo Magno, quando in realtà molti storici sono propensi a ritenere che non possa nemmeno essere definita una vera battaglia, quanto piuttosto una studiata ed efficiente imboscata, trasformatasi in una carneficina per l’esercito franco. Sicuramente non dovrebbe essere considerata un evento parte della Reconquista1) giacché la cacciata dei mori musulmani fu un’impresa condotta e portata a termine da popolazioni iberiche di religione cristiana, mentre Roncisvalle è da annoverarsi all’interno di quel filone di operazioni belliche con cui il re dei franchi voleva ampliare i confini del suo vasto impero.
All’epoca Carlo Magno si proponeva realmente come paladino della fede cristiana, naturale difensore della Chiesa e principale antagonista di tutti gli infedeli che combatteva in nome dei valori della cristianità; tuttavia la spedizione franca in Spagna, nella quale si inserisce la vicenda di Roncisvalle, appare incentrata su motivazioni principalmente politiche. Il Califfato omayyade 2) rappresentava infatti una minaccia concreta proprio a livello territoriale: nonostante gli arabi fossero stati fermati a Poitiers da Carlo Martello nel 732 nella celeberrima battaglia, lo Stato musulmano aveva consolidato i propri domini dall’altra parte dei Pirenei in terra spagnola, costituendo dunque un serio rischio per i confini meridionali del regno franco. Svariati furono i tentativi di Carlo Magno di creare, in seguito a ripetute campagne militari, uno stato cuscinetto in territorio iberico per alleggerire e allontanare la pressione araba.
È in questo contesto che va quindi inserito il tentativo del sovrano di porsi come difensore dei cristiani spagnoli che vivevano sotto il dominio degli emiri musulmani arabi di al-Andalus: la motivazione religiosa, sicuramente presente, risulterebbe quindi secondaria rispetto a quella geopolitica, ossia la pericolosa vicinanza al territorio franco del Califfato. Carlo Magno avrebbe risposto all’invito di un esponente musulmano il quale, mosso dalle trame interne alla politica di al-Andalus, avrebbe incontrato il re franco nella città di Paderborn invitandolo a palesarsi nella Penisola iberica, con l’idea di usufruire del suo aiuto per sbarazzarsi dei nemici politici.
Alcune fonti storiche identificano il personaggio protagonista dell’invito nella figura di Solimano, governatore abbaside 3) di Barcellona e Girona, ovvero Suleiman ibn Yakzan ibn al-Arabi, spesso erroneamente presentato come Wali di Saragozza (che era invece Husain ibn Yahya al-Ansari). Suleiman, in aperto conflitto con gli emiri omayyadi di Cordoba, avrebbe indubbiamente tratto giovamento dall’aiuto straniero per limitarne l’influenza. Il governatore di Barcellona e Girona avrebbe così convinto re Carlo della certezza di una facile vittoria poiché, una volta arrivato a Saragozza, il Wali della città e tutti gli abitanti, cristiani e musulmani, lo avrebbero accolto come liberatore e supportato contro gli omayyadi.
Così nella primavera del 778 i franchi attraversarono i Pirenei e giunti in Spagna conquistarono dapprima Pamplona, città abitata dai baschi, popolo da tempo convertito al cristianesimo e per nulla soggetto al dominio arabo. I franchi devastarono la città e l’intera regione combattendo in modo cruento e non risparmiando razzie e soprusi, senza un apparente fondato motivo. Furono proprio queste immotivate scorrerie ad accendere la scintilla della successiva vendetta nelle popolazioni locali e possono quindi spiegare quanto successe sulla via del ritorno a Roncisvalle. Il comportamento adottato dai soldati franchi in questa occasione segnerà il loro destino e verrà pagato a caro prezzo.
In seguito l’esercito proseguendo lungo il corso del fiume Ebro raggiunse Barcellona, conquistandola, e si diresse alla volta di Saragozza. Tuttavia già prima della conquista della città catalana, Carlo, imbattendosi nelle diverse popolazioni trovate lungo il cammino, si era reso conto come la situazione fosse profondamente differente da quella che gli era stata prospettata. Le presunte incredibili vessazioni del governo omayyade non erano così evidenti, né di conseguenza l’astio degli abitanti nei confronti del Califfato: gli abbasidi non esercitavano nessun ruolo politico dominante tanto che una sollevazione popolare contro gli omayyadi era assolutamente irreale. Infatti dopo le prime conquiste la popolazione autoctona, cristiana o musulmana, non seguì in alcun modo i franchi, disapprovando il comportamento da loro adottato con le genti del posto, come in Navarra.
Arrivato a Saragozza il Wali, probabilmente d’accordo con Suleiman, non aprì le porte della città al re franco che, adirato per il raggiro, decise di porla sotto assedio. Le motivazioni con le quali il governatore abbaside aveva indotto Carlo alla spedizione non corrispondevano alla realtà, in quanto i cristiani spagnoli, in questo periodo storico, non risultavano così oppressi dal dominio arabo che garantiva anzi determinate libertà e una discreta tolleranza. In particolare in materia religiosa i cristiani potevano praticare le loro liturgie e celebrare i loro riti, data la sostanziale indifferenza omayyade, concentrata maggiormente su questioni di ampliamenti territoriali.
Carlo Magno, nonostante la consegna di ostaggi e oro per placarne l’ira scaturita dall’inganno, fece catturare e arrestare Suleiman al-Arabi, che non solo era venuto meno alle sue promesse ma era addirittura apertamente passato dalla parte degli omayyadi di Cordoba. Contemporaneamente la notizia di una repentina insurrezione in terra teutonica dei sassoni, sottomessi da poco, suggerì al re franco la decisione di prendere la via del ritorno, abbandonando momentaneamente la “questione spagnola” che si era rivelata ben diversa dalle aspettative. I franchi lasciarono il campo di battaglia mettendosi così di nuovo in marcia per rientrare in patria.
L’imboscata di Roncisvalle
Il viaggio di ritorno in patria obbligava i franchi ad attraversare gli stretti valichi montuosi e le profonde gole pirenaiche: in testa, Carlo guidava l’esercito mentre l’intera retroguardia con il bottino reale accumulato durante la campagna militare era stata affidata a Hruotland, conte palatino e marchese di Bretagna, identificabile con il celebre Orlando/Rolando della letteratura epica. Il percorso costringeva i franchi a passare nuovamente in territorio basco, all’interno di zone che in precedenza avevano messo a ferro e fuoco, razziando, saccheggiando e uccidendo le genti locali.
Le tribù basche all’epoca facevano parte del Ducato di Vasconia, realtà politica consolidata e sostanzialmente indipendente capace di resistere sia ai visigoti sia agli stessi arabi e dunque poco propensi ad accettare soprusi esterni. I baschi si erano già convertiti al cristianesimo, ma avevano con il tempo intrapreso buoni rapporti con i potentati musulmani della pianura i quali avevano rinunciato a una conquista forzata della zona, che poteva di fatto considerarsi libera e non soggetta ad altre dominazioni. I baschi non avrebbero quindi sicuramente visto di buon occhio l’eventuale creazione di un avamposto franco a sud dei Pirenei, dal momento che gli stessi franchi avrebbero poi inevitabilmente esercitato uno stretto controllo sui passi montani, unica via di collegamento con i loro domini settentrionali, cuore dell’impero. La paura di questa prospettiva che avrebbe indubbiamente limitato la secolare autonomia del popolo basco, unita a un ferreo desiderio di vendetta per le depredazioni subite, spinse probabilmente i vascones all’attacco.
Così il 15 agosto 778 al calar del sole, un gruppo di contadini e montanari baschi, desiderosi di pareggiare l’affronto subìto nei villaggi della Navarra, tesero un’imboscata al convoglio franco piombandogli improvvisamente addosso, sbaragliandone l’intera retroguardia e uccidendone quasi tutti gli uomini. Il massacro terminò solamente l’indomani mattina con i baschi che si impossessarono dell’intero bottino, averi e carri regi. Nell’imboscata trovarono la morte il conte palatino Anselmo, il siniscalco Eginardo (o Aggiardo) e per ultimo il conte Rolando. I guerrieri baschi, molto più a loro agio con un armamento leggero in luoghi stretti e impervi e su un terreno montagnoso, scagliarono nugoli di frecce, pietre e giavellotti contro i cavalieri franchi, sorpresi e ostacolati dalle pesanti armature, che dopo una breve resistenza capitolarono cadendo a uno a uno.
La descrizione della scena nella Vita Karoli da parte del biografo ufficiale di Carlo Magno tratteggia perfettamente l’accaduto illustrando la feroce combattività dei montanari baschi che, grazie alla perfetta conoscenza dei luoghi e alle tecniche di guerriglia in questo determinato ambiente geografico, sfruttando l’effetto sorpresa, riuscirono nell’impresa di metter in scacco e annientare completamente la retroguardia del più grande esercito del tempo, avendo la meglio su soldati di professione meglio preparati.
Mentre l’esercito sfilava in una lunga colonna, obbligato dalla natura e dalla ristrettezza dei luoghi, i Vascones, che avevano organizzato un’imboscata in cima alla montagna, si slanciano sulla colonna che scortava i bagagli e respingono i soldati che la proteggevano in una valle situata al di sopra e quindi ingaggiano il combattimento, uccidendoli fino all’ultimo uomo. Dopo di ciò, facendo man bassa dei bagagli e favoriti dal calare della notte, essi si sono dispersi con la più grande celerità. I Vasconi erano avvantaggiati in questa azione dalla leggerezza del loro armamento e dalla configurazione geografica dei luoghi. In questo combattimento Eginardo, prevosto della tavola reale, Anselmo, conte di palazzo e Orlando/Rolando (Rotland), prefetto della Marca di Bretagna, rimangono uccisi insieme a tanti altri. 4)
Secondo alcune fonti storiche i baschi riuscirono addirittura a liberare il prigioniero Suleiman. Questa cocente sconfitta e terribile carneficina, unita alla malriposta fiducia che aveva invano concesso ai capi musulmani iberici, convinsero Carlo a scegliere momentaneamente di privilegiare gli interessi immediati nel cuore del suo regno, rinforzando i confini. Sempre in quell’anno egli creò infatti il Regno di Aquitania, affidato poi al figlio Ludovico, territorio cuscinetto formato appositamente per presidiare e controllare i valichi pirenaici sul lato francese.
Les chansons des gestes
La battaglia di Roncisvalle va annoverata come un episodio all’interno delle numerose spedizioni militari del sovrano franco in terra straniera e ne costituisce solamente un evento minore, senza significative conseguenze geopolitiche. Tuttavia, come sappiamo, l’avvenimento è stato notevolmente amplificato in Occidente ed è passato alla storia in quanto narrato, tramandato e celebrato dalle chansons des gestes composte in langue d’oil dai trovieri e in langue d’oc dai trovatori, che insieme ai giullari e agli uomini di cultura hanno fatto conoscere nelle corti europee ed eternato il mito di un re che si richiamava ai valori della fede proclamandosi suo più rappresentativo difensore, e di un eroe impavido, fiero e leale pronto al sacrificio per i compagni come il paladino Orlando.
La vicenda di Roncisvalle inizialmente è stata resa celebre come poema epico trasmesso in forma orale, fino a quando nell’XI secolo un anonimo troviere codificò l’intera narrazione in un’opera scritta, la Chanson de Roland, inserita nel più ampio ciclo di racconti denominato carolingio, costituito per l’appunto da altre chansons. La persona che probabilmente raggruppò il testo in endecasillabi viene generalmente individuata nella figura del monaco Turoldo.
Nella Chanson de Roland, ritenuta una delle più importanti opere della letteratura medievale non solo francese ma continentale, rispetto all’episodio reale i baschi vengono trasformati nei mori saraceni, i nemici della cristianità, e la disfatta dei franchi assume un ruolo centrale all’interno del quadro epico del ciclo carolingio, interamente dominato dalla contrapposizione tra il mondo civilizzato cristiano occidentale e quello barbaro e incivile dei miscredenti.
I montanari vascones divennero così un’orda di 400.000 mori, e Roncisvalle il teatro di una delle battaglie più imponenti e cruciali degli scontri tra cristiani e musulmani. Il cambiamento è facilmente spiegabile considerando il periodo di composizione della canzone, l’XI secolo, ovvero in piena epoca di crociate e di Reconquista dell’Europa dagli arabi. Una datazione certa è pressoché impossibile, tuttavia nella Gesta regum anglorum (1125) di Guglielmo di Malmesbury si può leggere come le truppe di Guglielmo il Conquistatore intonassero sul campo di battaglia una canzone di Orlando: se ne deduce quindi l’anteriorità di composizione.
La canzone racconta che Carlo Magno aveva già trascorso ben sette anni in territorio iberico quando si diresse a Saragozza e, dopo aver conquistato diverse città, ripartì alla volta della Francia, lasciando al nipote Rolando/Orlando, ai suoi 12 paladini e a 20.000 soldati il compito di organizzare e guidare il ritorno. I saraceni però, con l’aiuto del traditore Gano di Maganza, assaltarono l’esercito franco il quale ingaggiò battaglia ma dovette presto soccombere a causa dell’elevato numero dei musulmani. Il conte Orlando dimostrerà tutto il suo coraggio e onore guidando la retroguardia dell’esercito e rifiutandosi di suonare il suo corno, l’olifante, in richiesta di aiuto a Carlo Magno, perché avrebbe gettato disonore sulla sua figura. Nel feroce combattimento troveranno la morte l’amico fraterno Oliviero e il saggio Turpino e infine lo stesso Orlando nonostante i prodigi della Durlindana, la sua magica spada. Carlo Magno, giunto sul luogo dello scontro, successivamente ne rovescerà le sorti sbaragliando gli avversari, uccisi o costretti alla fuga, vendicando così il prode Orlando.
Le chansons des gestes e in particolare la Chanson de Roland hanno profondamente influenzato la nostra percezione sull’episodio storico di Roncisvalle, conferendogli una straordinaria importanza, maggiore e differente rispetto a quella che ebbe realmente il fatto in sé: la poesia ha reso immortale nei secoli l’avvenimento imprimendolo nelle nostre coscienze nella forma dell’epopea eroica dello scontro religioso tra un popolo che incarnava e proteggeva i valori di un intero mondo cristiano contrapposto a un altro, quello infedele saraceno, ritenuto empio, sacrilego, feroce e inferiore. L’eroico sacrificio di Orlando e dei paladini e la vittoria finale di Carlo Magno, massimo rappresentante, difensore e autentico emblema della cristianità e della lotta contro i miscredenti, spiegano perché il poema abbia riscosso tanto successo in un tempo, quello medievale, marcatamente caratterizzato dall’ostile dualismo e reciproca intolleranza tra le due realtà, quella cristiana e quella degli infedeli.
È però interessante sottolineare come le gesta di Orlando e la battaglia di Roncisvalle trovino spazio anche in altre opere letterarie non appartenenti esclusivamente alla letteratura francese. Ovviamente non si possono non citare l’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo e l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto per quanto riguarda la letteratura italiana, così come per quella spagnola il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes nel quale il folle protagonista si paragona spesso al coraggioso Orlando. Echi delle vicende dei carolingi si trovano anche in alcune opere appartenenti alla letteratura nordica: il Roulandesliet, novemila versi utilizzati da un prete bavarese per glorificare il sacrificio di Rolando, insieme a numerose saghe e composizioni realizzate anche in Inghilterra, Norvegia e Danimarca.
Il ricordo della battaglia di Roncisvalle naturalmente è anche presente nella tradizione culturale basca, in particolare nei canti dei pastori: la memoria collettiva basca fa però ovviamente riferimento ai fatti storici realmente accaduti piuttosto che alla versione letteraria alimentata dalla leggenda delle chansons des gestes. Non è dunque vista come uno scontro decisivo per la storia europea rientrante nella lotta della cristianità agli infedeli, ma piuttosto un ennesimo successo del popolo basco contro l’invasore straniero, reo di voler occupare lo storico territorio locale limitandone l’autonomia. Si tratta quindi di una delle migliori espressioni del radicamento dell’identità culturale basca.
La Roncisvalle basca
Se sul piano esclusivamente storico e militare la sconfitta di Roncisvalle non aveva sconvolto più di tanto i piani dei franchi né modificato equilibri politici continentali, lo stesso non si può dire per le tribù basche. Per Carlo Magno poteva essere considerato semplicemente un episodio minore di una serie di lunghe campagne in territorio iberico – che verranno riprese più tardi senza troppa fretta – mentre per i vascones rappresentava un’ulteriore conquista.
Infatti, dai documenti degli anni successivi emerge come fortemente probabile che il re franco sia sceso a patti con la popolazione locale, dal momento che successivamente i carolingi attraverseranno i Pirenei ritornando in territorio spagnolo senza incontrare alcuna difficoltà, ma soprattutto evitando di abbandonarsi a soprusi e razzie all’interno di Euskal Herria come avevano fatto in precedenza. Sembra insomma che anche Carlo Magno avesse riconosciuto di fatto una sorta di sostanziale autonomia ai vascones in cambio del libero passaggio nel loro territorio.
Questa situazione si inserisce nel discorso complessivo riguardo alla tenace resistenza del popolo basco agli oppressori stranieri: prima i romani non erano stati in grado di occupare in modo stabile e permanente l’area a causa della bellicosa reazione della popolazione autoctona, poi la stessa sorte era capitata ai visigoti e, appunto, ad arabi e franchi. Per questa combattiva opposizione anche grandi realtà politiche di diverse epoche avevano dovuto venire a patti con i baschi, garantendo loro l’autogoverno sul territorio e limitandosi solamente a controllare superficialmente la zona.
L’incredibile volontà di non essere dominati da alcuna autorità superiore, incarnata perfettamente nello spirito guerriero di difesa della propria patria quando minacciata o attaccata, ha contribuito a forgiare la peculiare identità basca, figlia di una realtà geografica che di fatto è sempre rimasta autonoma. Per questi motivi l’evento di Roncisvalle è fondamentale per la tradizione culturale basca, sia dal punto di vista storico per aver respinto concretamente l’“invasore” e aver mantenuto la libertà, sia soprattutto da quello simbolico.
La versione basca dell’accaduto differisce ovviamente molto meno dalla realtà storica rispetto alla trasposizione epico-letteraria scolpita nelle menti grazie alle chansons des gestes. La tradizione locale privilegia la variante secondo cui Carlo Magno si sarebbe recato in Spagna non ingannato da alcuni capi musulmani ma piuttosto per respingere i visigoti più a sud. Vi è chiaramente conversione invece sulle motivazioni dell’agguato, in quanto nei canti dei pastori locali sono piccoli gruppi di contadini e montanari baschi a inseguire i franchi in ritirata e a tender loro una perfetta imboscata tra le strette gole pirenaiche per vendicare l’oltraggio subìto nei villaggi della Navarra e l’incendio e la distruzione delle mura di Pamplona. L’esercito reale viene completamente annichilito e quasi tutti i componenti della retroguardia uccisi, tanto che i nemici sono costretti alla fuga e a rinunciare alla conquista di aree oltre i Pirenei.
L’accento viene posto sull’elemento numerico e sociale dei protagonisti: i vascones sono un piccolo gruppo di agricoltori o montanari sicuramente meno esperti dell’arte della guerra rispetto ai valorosi e ben addestrati soldati franchi, che tuttavia vengono sbaragliati e costretti alla fuga. In questo si ritrova l’orgoglio basco dell’amore per le proprie origini, l’attaccamento alle radici, il coraggio per la difesa della patria in nome della libertà e autonomia che porta a compiere grandi imprese come quella di sconfiggere l’esercito più forte dell’Europa di quel tempo e scacciare “l’usurpatore straniero”. Per questo la vicenda ha assunto una rilevanza primaria nella storia e cultura autoctona, sicché Roncisvalle si configura come un luogo dalla forte valenza simbolica per la popolazione e per l’identità basca, luogo storico della memoria di un evento che ha sancito la forza e la coesione locale contro gli oppressori stranieri.
Inoltre risulta molto significativo il fatto che uno dei sepolcri ufficiali della dinastia navarra, 5) regno basco e potenza completamente indipendente tra l’824 e il 1512, si trovi proprio a Roncisvalle, località che nella storia epico-letteraria cristiana occidentale rappresenta il martirio dei difensori della fede contro gli infedeli musulmani, mentre per i baschi è un posto simbolico dove si commemora la resistenza all’invasore straniero e l’indipendenza del popolo basco da qualsiasi tipo di dominio. Come osserva Gianni Sartori, “mi sembra lecito individuare nella vicenda di Roncisvalle una precisa manifestazione della volontà di autodeterminazione del popolo basco. 6)
Infine Roncisvalle è anche luogo di profondo significato spirituale, in quanto una delle principali tappe della prima parte del Cammino di Santiago in territorio basco. Considerata la profonda devozione della popolazione basca e l’importanza dei valori della fede nella loro cultura, è facile comprendere l’ulteriore peso che assume il luogo: sito di rilevanza etno-nazionalista, storico-politica, simbolico e anche trascendentale. La cittadina pirenaica teatro di una delle più celebri battaglie del medioevo è quindi uno di quei luoghi, come la città di Guernica, il Gernikako Arbola o lo stesso Cammino di Santiago, che possono definirsi iconici e parte del complesso universo culturale basco in quanto incredibilmente significativi e rappresentativi della sua storia, delle sue tradizioni e dei suoi costumi. Sono uno dei numerosi elementi che insieme ad altri – tra cui su tutti il tratto linguistico – contribuiscono a mantenere saldi, a conservare e tramandare i principali caratteri tradizionali che forgiano ancora oggi una precisa identità di gruppo.
A differenza di quanto si è soliti pensare, influenzati dalla grande eco dell’epica cavalleresca del ciclo carolingio, a Roncisvalle probabilmente non s’è fatta l’identità europea, ma piuttosto si è ulteriormente rafforzata e cementata quella del popolo basco.
N O T E
1) La Reconquista è il periodo storico in cui le popolazioni iberiche riconquistarono i propri territori scacciando i mori musulmani che li avevano occupati a partire dal 711. Le battaglie, protrattesi per diversi secoli, terminarono il 2 gennaio 1492 quando i sovrani Fernando II d’Aragona e Isabella I di Castiglia espulsero dallo Stato l’ultimo governante musulmano, Boabdil di Granada, riunendo buona parte della Spagna attuale sotto un unico grande regno.
1) Il Califfato omayyade, una delle dinastie arabe più ricche già ai tempi di Maometto, si rese protagonista di numerose conquiste territoriali creando, tra gli altri, un regno nella penisola iberica, il Califfato di Cordoba, in continua lotta con i rivali meno potenti abbasidi. Il Califfato omayyade andaluso rimase in vita fino all’XI secolo.
3) Gli abbasidi furono un’altra dinastia califfale arabo-musulmana che governò il mondo islamico tra il 750 e il 1258, costituendosi come la terza dinastia regnante. Dopo un periodo di grande espansione territoriale il Califfato visse un periodo di decadenza in cui diverse aree regionali al suo interno riuscirono a staccarsi e ottenere l’autonomia guidati da singoli emiri.
4) Eginardo, Vita et gesta Caroli Magni (Vita Karoli).
5) Il Regno di Navarra fu un’entità politico-statale sorta nella Spagna medievale, uno Stato abitato da popolazioni basche. Il Ducato di Vasconia infatti con il tempo si consolidò assumendo una struttura organizzata e molto ben definita, in cui inizialmente il potere politico venne esercitato dall’autorità militare. Nell’810 d.C. salì al potere Inigo Aritza che fondò il Principato Indipendente di Pamplona. Nel corso del IX secolo il governo militare venne sostituito da una vera e propria monarchia: nel 905 salì al trono Sancho Garces I, membro della prima dinastia navarra, quella degli Jimena. Nacque così il Regno di Pamplona che si caratterizzò come una monarchia ereditaria di fede cristiana. Questa dinastia governò per tre secoli rivelando la sua natura fortemente espansionista, raggiungendo il suo apice tra il 1000 e il 1035 con Sancho III El Mayor. Il suo regno prese la denominazione definitiva di Regno di Navarra e fu protagonista di diverse annessioni territoriali. Il Regno controllava così tutte e sette le regioni storiche del Paese Basco più diverse parti di territori limitrofi.
6) Sartori G., Indiani d’Europa, Scantabuchi, Loreggia 2004, p. 21.