Mentre cade il decimo anniversario del massacro di Shengal, a Batman (Turchia) si registra un piccolo gesto di resistenza civile contro l’ennesimo attacco all’identità curda: il ripristino della segnaletica nella lingua locale. Non lo si consideri irrilevante, anche se – paragonato a quanto avviene in Rojava e in Bashur (Iraq) con le operazioni militari di Ankara e dei suoi ascari jihadisti e a dieci anni dalle stragi di Shengal contro i curdi yazidi – potrebbe sembrare una piccola cosa.
Riguardo a tale anniversario, è di questi giorni una dichiarazione del Fronte delle Donne del Kurdistan del Sud sull’aggressione, correttamente definita “genocida”, operata dall’isis a Shengal (Sinjar) il 3 agosto 2014. Un massacro che – sottolinea il comunicato – costituiva il 74esimo sofferto dalla comunità yazidi nella sua storia.
Nel denunciare che migliaia di donne sono state assassinate o catturate (e non sempre è stato poi possibile trovare una soluzione per riportarle a casa), il fronte ricorda tuttavia come le ypg (Yekîneyên Parastina Gel – unità di protezione popolare) e le ypj (Yekîneyên Parastina Jin – unità di difesa delle donne) siano riuscite a liberarne o riscattarne centinaia. Così come è avvenuto per tanti minori rapiti dalle milizie jihadiste (anche se di circa 1300 si son perse le tracce; molti di loro, secondo l’intelligence curda, attualmente si troverebbero in Turchia).
Inoltre l’isis, in sintonia con lo Stato turco, aveva cercato di cancellare, fare tabula rasa della lingua, della cultura, dell’autogoverno e della stessa vita degli yazidi. Senza però riuscirci.
Con la stessa logica di attacco alla cultura curda le autorità turche, con precise direttive del ministero dell’Interno ai prefetti delle province curde, avevano provveduto a far cancellare manu militari la segnaletica in lingua locale posta a tutela dei pedoni nella città di Batman. Con un particolare accanimento erano state eliminate le scritte “Pêşî Peya” (precedenza ai pedoni) e “Hêdî” (rallentate).
Espressione, a mio avviso, di un atteggiamento comunque prevaricatore, intollerante nei confronti dei soggetti più deboli (almeno sulle strade).
Successivamente, il 31 luglio la municipalità (il co-sindaco Gülistan Sönük con numerosi esponenti del consiglio comunale) e la cittadinanza avevano provveduto a ripristinarle. All’iniziativa prendeva parte anche il deputato del partito della Democrazia e dell’Uguaglianza dei Popoli, Zeynep Oduncu.
I partecipanti avevano cantato una canzone curda (Zimanê Kurdî) e scandito slogan in curdo (“Zimanê me rûmeta me ye”, ossia “la nostra lingua è il nostro orgoglio”).
Negli ultimi tempi gli attacchi alla cultura e all’identità del popolo curdo si sono andati intensificando, sia con gli arresti di persone che eseguivano danze e canzoni tradizionali, sia appunto cancellando le scritte nella loro lingua. Non solo la segnaletica stradale ovviamente. Ma questa aveva assunto un significato particolare in quanto, come ha ricordato Gülistan Sönük, “la perdita di vite umane lungo le strade dovute all’assenza di prevenzione sembra non aver turbato il sonno delle autorità turche, ma le scritte in curdo sì”.
Come dicevo, non sembri una piccola cosa. Ricordo solo che il Black Panther Party for Self-Defence di Huey Newton e Bobby Seale nacque da un’iniziativa similare (come si può apprendere dal film Panther di Van Peebles): ossia quando nel 1966 i cittadini afro-americani di un quartiere di Oakland si organizzarono per regolare il traffico su una strada pericolosa e priva di semafori dove molti bambini avevano perso la vita.