Genocidio strisciante? Pulizia etnica a “macchie di leopardo”? Pogrom diffuso? Forse ancora no, ma comunque in fase propedeutica.
Comunque lo si definisca, la sostanza resta la stessa: un attacco continuo, uno stillicidio di aggressioni, violenze, ferimenti e uccisioni a danno dei curdi. Il tutto sotto lo sguardo benevolo e compiaciuto, diciamo pure la supervisione dei governanti turchi. Ormai non si contano più gli episodi in cui famiglie curde subiscono attacchi da parte di razzisti turchi.
Recentemente, per esempio, in soli due giorni (20 e 21 luglio) abbiamo avuto un bilancio, provvisorio, di un morto e numerosi feriti, rispettivamente nelle province di Konia e di Ankara.
Il 19 luglio a Ayfon dei fascisti (uso il termine in senso generico, “fascisti di fatto”, non necessariamente Lupi Grigi) turchi avevano attaccato alcuni lavoratori agricoli curdi che stavano parlando nella loro lingua (sette feriti tra cui alcune donne). Il giorno dopo è toccato a una famiglia curda (Boztaş) subire l’assalto di oltre un centinaio di turchi armati ad Ankara (dove, ricordo, vivono molti curdi scacciati dalle loro terre, dal Bakur, dopo che i loro villaggi erano stati distrutti a cannonate nel corso degli ultimi venti-trent’anni).
Quattro curdi erano rimasti gravemente feriti dai colpi sparati dagli aggressori. Mentre da parte sua la polizia, rimasta inerte durante l’assalto, aveva poi caricato con manganelli e lacrimogeni i familiari dei feriti che si trovavano davanti all’ospedale, impedendogli anche di rientrare nel loro quartiere (Altindag, nel comune metropolitano di Ankara). Alcuni familiari dei feriti in seguito sono stati arrestati.
Il 21 luglio in un altro attacco di marca fascista (sempre in senso lato, di fatto) a Konya. Il commando era composto da almeno sessanta persone armate, provenienti pare da Karahuyuk, e un curdo di 43 anni, Hakim Dal, ha perso la vita.
A subire l’aggressione, una famiglia di pastori curdi originaria di Dijarbakir che da oltre vent’anni vive a Cariklikoy (nel distretto di Meran, provincia di Konya) e che recentemente era già stata minacciata e attaccata. E, ça va sans dire, non risulta che alcuno degli aggressori turchi sia stato fermato dalle forze dell’ordine (tranne, forse, il mukhtar del villaggio, ritenuto l’istigatore) per cui sembrerebbe che attualmente possano agire in una sostanziale impunità.
Il 12 luglio un’altra famiglia era stata attaccata nel quartiere curdo di Bahcesehir (Konya) da un gruppo di “nazionalisti turchi” (così almeno si erano presentati). Almeno sette i curdi feriti, tra cui alcune donne.
A completare il quadro – e a conferma che la politica anticurda del governo turco e dei suoi mazzieri si muove ad ampio raggio internazionale – la polizia tedesca ha confermato l’esistenza, dopo quelle già note, di una lista di almeno altri 55 curdi e oppositori turchi (giornalisti, politici, artisti) rifugiati in Germania. Tutte persone che qualcuno avrebbe intenzione di eliminare fisicamente.
In particolare è stato allertato Celal Baslangic, (giornalista che si è occupato anche recentemente delle reti mafiose interne allo Stato turco, ritenuto uno degli obiettivi principali.
Scontato intravedere dietro questa lista (e dietro altre analoghe che coprono il resto dell’Europa) i servizi segreti turchi, il MIT.
Inizialmente si era parlato di una lista di 21 persone con nomi e cognomi. Poi di altre 43 di cui non si conoscerebbero ancora tutti i nominativi. La polizia tedesca ha poi reso nota l’esistenza di questa ultima lista di 55 nomi di oppositori di Erdogan “nel mirino”.