Se non impossibile, comprendere cosa stia realmente accadendo nel campo di Al-Hol è perlomeno complicato. Comunque proviamoci, andando con ordine.
Al-Hol viene considerato, tra gli innumerevoli campi di profughi e prigionieri sparsi sul pianeta, uno dei più pericolosi per chi suo malgrado vi risiede. Situato nell’area ad amministrazione autonoma della Siria del Nord e dell’Est, vi sono detenute migliaia di donne di Daesh (Stato Islamico) con i loro figli. La sicurezza viene garantita dalle forze della sicurezza interna (Asayish), dai miliziani delle FDS (l’alleanza arabo-curda) e dalle forze di autodifesa, gli stessi combattenti che l’anno scorso hanno liberato dalla presenza di Daesh questo lembo di territorio.
Sempre più spesso giungono notizie di violenze – compresi omicidi – ai danni delle donne presenti, e anche il personale delle ONG ha riscontrato ematomi e ferite sui corpi delle donne che sta curando. In diverse occasioni, poi, sono state incendiate le tende delle donne che rifiutano di sottoporsi alle richieste delle integraliste (da queste definite “traditrici” quando chiedono di poter essere rimpatriate con i loro figli).
In un primo momento si è sospettato delle forze a guardia del campo, ma in realtà le cose vanno diversamente. Le violenze ai danni delle internate sarebbero opera per lo più di altre donne, in massima parte di origine “russa” non meglio precisata – forse da interpretare come “cecene” o comunque caucasiche – che si ostinano a difendere, applicare e imporre la legge islamica. Punendo duramente quelle che non si sottopongono alla sharia. Inoltre queste “russe” riceverebbero cospicui finanziamenti dall’esterno, anche se per ora non è stato possibile individuare i canali.
Questo almeno è quanto ha potuto verificare un corrispondente dell’agenzia Hawar che ha visitato il campo, senza però poterlo fotografare. Ovvero: le donne vengono effettivamente punite, maltrattate, picchiate, ma appunto dalle donne rimaste devote a Daesh e alla legge islamica, non dai guardiani del campo. Tra l’altro, l’assicurazione che le forze di sicurezza non maltrattano nessuna donna è venuta, oltre che da quelle che rifiutano di sottoporsi alla sharia, anche dalle islamiste, genericamente definite “russe”.
Quanto alle FDS che vigilano sul campo, confermano che le “russe” costituiscono lo zoccolo duro, il più pericoloso, di quanto resta in questo territorio dello Stato Islamico. Nonostante tutti i loro sforzi, per ora non stanno riuscendo a impedire l’imposizione della legge islamica nella struttura, ma soltanto a “limitarne gli effetti”.
Sempre secondo le FDS, non sarebbe corretto considerare terroriste tutte le detenute nel campo: molte erano arrivate in Siria al seguito del marito soltanto per amore dei figli. E molte di loro (ma non le “russe”) preferirebbero potersene ritornare in patria. Da ciò la richiesta di “un comitato per verificare quante donne, in particolare quelle con bambini, non sostengono lo Stato Islamico e quindi non rappresentano un pericolo per la società”.
Preoccupazione anche per le condizioni sanitarie e alimentari in cui verrebbero a trovarsi migliaia di bambini (tra cui molti orfani). Bambini che restando ad Al-Hol rischiano di non poter accedere ad alcun progetto di scolarizzazione. O peggio, di venire indottrinati dalle islamiste che sperano in una futura rinascita di Daesh. A complicare ulteriormente il quadro, la notizia che diverse persone legate all’ISIS hanno potuto evadere dal campo grazie ad aiuti esterni.