Come ci comunicano i colleghi di Cubdest, organo degli anticastristi, l’incontro tra Bergoglio e il patriarca di Mosca, Kirill I – previsto all’Avana il 12 febbraio – ha importanti risvolti religiosi e politici. Vediamone alcuni.
Il Papa torna a Cuba 5 mesi dopo la sua prima visita all’“isola-prigione” del settembre scorso, una visita caratterizzata da atti, affermazioni e omissioni che hanno favorito il regime e lo hanno rafforzato politicamente. Dal punto di vista della lotta per la libertà a Cuba, considerati i suoi riflessi politico-diplomatici, il viaggio è stato una sciagura: il regime è diventato più forte e la repressione si è intensificata.
La scelta della Cuba comunista quale sede dell’incontro tra Francesco e Kirill ha ulteriormente accresiuto il prestigio dei tiranni dell’Avana, dando loro un ruolo di anfitrioni apparentemente affidabili. Secondo una notizia diffusa dal Vaticano e ripresa da vari media, il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, avrebbe espresso apprezzamento per il ruolo di mediazione del dittatore Castro. Non a caso, questi ha dichiarato di sentirsi “onorato” dal prossimo incontro dei due capi religiosi. Indubbio l’effetto maquillage di queste iniziative per nascondere le zanne e gli artigli del regime: un esempio analogo sono gli incontri tra i narco-guerriglieri delle FARC e il governo colombiano, ospitati anch’essi all’Avana.
Il passato del patriarca Kirill
Il patriarca Kirill ha un deplorevole passato di collaborazionismo con il regime sovietico. Quando nel 2009 venne eletto patriarca di Mosca, “Il Giornale” rivelò in un dettagliato reportage che tanto Kirill quanto i suoi predecessori erano stati agenti del KGB. Il nuovo patriarca era conosciuto in quegli ambienti come agente Mikhailov. Due mesi prima di essere eletto, nell’ottobre 2008, Kirill visitò l’Avana dove si sperticò in lodi per Fidel Castro, che a sua volta definì il visitatore un grande alleato della Cuba comunista nella lotta contro l’imperialismo.
A parte il suo passato filocomunista, il prelato ha un presente non meno criticabile di appoggio al dittatore Putin. Il patriarca ortodosso, per dirne una, è uno dei maggiori responsabili della situazione in cui versano i cattolici russi, considerati cittadini di seconda categoria e relegati in una catacomba politica e umana. Kirill detesta in particolare i cattolici ucraini, e quando Putin invase la Crimea e minacciò di farlo con l’Ucraina intera, egli giustificò indirettamente l’azione.
In definitiva, vista l’attuale situazione di Cuba, Russia, Cina, Venezuela e Bolivia, mettersi a dialogare con lupi e sciacalli suscita dolorosi problemi di coscienza in molti abitanti di questi Paesi, vanificando la resistenza contro le dittature.