Dalle impressionanti immagini di granate completamente incastrate nel cranio di manifestanti uccisi, certificate da vari medici e analizzate dagli esperti di Amnesty International, si intuisce facilmente quale livello di repressione si sia scatenato in Iraq contro le manifestazioni di protesta.
Si tratta di granate lacrimogene pesanti tra 220 e 250 grammi, mentre quelle abitualmente utilizzate da tutte – o quasi – le polizie del pianeta pesano tra i 25 e i 50 grammi.
La potenza dell’impatto sui corpi delle persone (e in Iraq a quanto pare si preferisce mirare alla testa) viene amplificata di almeno dieci volte.
Non solo. In genere le granate lacrimogene sono costituite da numerose cartucce più piccole che al momento del lancio si separano e si espandono a largo raggio. Invece quelle utilizzate a Bagdad nell’ultimo periodo sono fatte di un’unica cartuccia di maggiori dimensioni.
Si calcola che già durante la fase iniziale della ribellione, nella prima settimana di ottobre, il 70% dei manifestanti uccisi fossero stati colpiti alla testa, talvolta al petto. Dal canto suo, lo Stato iracheno ha dichiarato di non essere in grado identificare i responsabili di questo autentico tiro al bersaglio per uccidere.
Dal 24 ottobre, giorno in cui sono riprese le proteste, non risulta vi siano stati nuovi episodi di fuego real (ossia da arma da fuoco). Tuttavia almeno quaranta persone sono rimaste nella strada uccise dalle forze dell’ordine. In totale, in un mese di proteste, i morti sarebbero già oltre 250, almeno secondo i dati ufficiali. Si sospetta, legittimamente, che le vittime della repressioni siano molte di più.
Un breve riepilogo
Dall’inizio di ottobre a Bagdad si svolgevano manifestazioni contro il governo mentre nel sud del Paese queste si caratterizzavano come rivolte contro la disoccupazione e la corruzione. Man mano che il movimento tendeva ad allargarsi, la repressione si inaspriva. A Bagdad (ma parzialmente anche in molte aree del sud) veniva instaurato il coprifuoco notturno, da mezzanotte alle sei del mattino. Allo scopo tra l’altro di svuotare piazza Tahrir occupata giorno e notte dai partecipanti alla protesta (e dove erano già state ammazzate una mezza dozzina di persone). Oscurato – ovviamente – internet nella stragrande maggioranza del territorio statale. Stando alle testimonianze, almeno inizialmente oltre all’armamentario classico (cannoni ad acqua, gas lacrimogeni…), in diverse occasioni le forze di sicurezza hanno utilizzato anche armi da fuoco contro i manifestanti. Solo nella prima settimana di protesta venivano così uccisi una cinquantina di manifestanti e diverse centinaia rimanevano feriti. Da allora, grazie all’utilizzo delle granate di nuova generazione, la lista è andata allungandosi tragicamente.