L’incoronazione di re Carlo III d’Inghilterra e del Commonwealth, nonché capo della Chiesa anglicana è avvenuta a Londra il 6 maggio scorso a Westminster. Il rito, trionfo dell’ecclesiasticamente corretto, è iniziato con l’ingresso, lungo la navata dell’abbazia, del leader della Camera dei Comuni, Penny Mordaunt, che precedeva il re con la Spada di Stato. Hanno concelebrato tre donne “vescovo”: Dame Elizabeth Anionwu, britannica di origini irlandesi e nigeriane che ha portato il globo, e Floella Benjamin, baronessa di origine caraibica, con lo scettro reale.
La moderatrice delle Free Churches, la reverenda Helen Cameron, ha consegnato a Carlo la veste e il Mantello Imperiale, presenti Stephen Cottrell di York, numero tre nella gerarchia anglicana, e l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby.
Nutrita la partecipazione di membri di altre confessioni cristiane: il vescovo ortodosso Nikitas Loulias (Carlo III ha un legame con questa confessione grazie alle origini ortodosse del defunto padre Filippo); i vescovi cattolici di Galles, Scozia e Irlanda; e per la prima volta dal 1553 un cardinale in rappresentanza del papa, Pietro Parolin segretario di Stato della Santa Sede, accompagnato dal nuovo nunzio apostolico in Gran Bretagna, l’arcivescovo Miguel Maury Buendía.
Al cerimoniale pubblico hanno partecipato anche membri di religioni non cristiane: l’induista Rishi Sunak, primo ministro britannico, e poi musulmani, ebrei, buddisti, induisti, sikh, giainisti, bahà’i e zoroastriani.
L’incoronazione è stata preceduta dal giuramento di fedeltà del re alle leggi del Regno, alla dottrina della Chiesa d’Inghilterra, ai doveri di “fedele protestante” e di “servo” nel nome “di Gesù Cristo, Re dei Re”. Testa, mani e petto del sovrano sono stati unti con il crisma consacrato nella chiesa del Santo Sepolcro dal patriarca di Gerusalemme Theophilos III e dall’arcivescovo anglicano Hosam Naoum. Carlo III, dapprima celato al mondo da un paravento, si è poi seduto sul trono di legno costruito 700 anni fa, nel quale è incastonata la “pietra di Scone” (un sito preistorico in Perthshire), e gli sono state consegnate la spada, lo scettro e il globo. Infine ha ricevuto la corona imperiale con il diamante incastonato, la “Stella d’Africa”, reclamato dal Sudafrica, che per la monarchia è e resta un dono del governo coloniale sudafricano nel 1907 a re Edoardo VII.
Abbiamo detto della partecipazione dei vescovi cattolici della Gran Bretagna, del segretario di Stato vaticano e del nuovo nunzio. Fin qui possiamo accettare l’invito diplomatico ad assistere a un atto pubblico. Di contro presenziare al rito, come ha fatto l’arcivescovo cattolico Vincent Nichols, insieme a protestanti e ortodossi, e alla benedizione di un re anglicano, oltre al piegarsi alla demagogia ecumenista è stato un atto grave poiché si è avallata, di fatto benedetta, una confessione scismatica. Inoltre si è incensata la seconda monarchia al mondo, dopo il papato, che investe sé stessa attraverso una cerimonia religiosa, e ciò non può essere avvenuto senza il placet dell’alta gerarchia dei Sacri Palazzi.
Da Enrico VIII a Elisabetta I
I cattolici dovrebbero ricordarsi che la famiglia reale inglese discende da coloro che non avrebbero avuto il diritto di regnare su Scozia, Irlanda, né sulla stessa Inghilterra. Come dimenticare che, per un secolo e mezzo, il passaggio all’anglicanesimo è avvenuto a costo del sangue attolico? La storia ci rammenta le sanguinose vicende di Enrico VIII Tudor fautore dello scisma politico- religioso anglicano il quale fu un fervente cattolico. Grazie all’aiuto di Tommaso Moro scrisse nel 1521 la Assertio septem sacramentorum confutando Lutero e gli attacchi del Porcus Saxonie (così lo chiamavano i contemporanei) ai Sacramenti cattolici ribadendo il primato di Roma. Papa Leone X gli conferì il titolo di Defensor fidei, che fu revocato nel 1534 da Paolo III dopo l’atto scismatico di Enrico.
Enrico VIII chiese a Clemente VII di annullare il matrimonio del 1509 con Caterina d’Aragona, figlia di Ferdinando II re di Spagna, ritenendo a suo dire invalida la dispensa ottenuta da papa Giulio II per sposarla, dopo la morte del fratello maggiore Arturo, primo marito di Caterina. Il papa, estenuato, stava per cedere, ma la regina s’appellò a lui e all’imperatore Carlo V suo nipote che, difendendo gli interessi spagnoli, bloccò la liberatoria.
Il mancato annullamento fu il pretesto del monarca per rompere con la Chiesa di Roma. Decise che il suo primo matrimonio dal quale non era nato un erede maschio era nullo, e il 25 gennaio Thomas Cranmer – uno sconosciuto sacerdote nominato primate d’Inghilterra – lo unì in matrimonio con Anna Bolena.
Enrico fondò la “Chiesa” inglese e nel 1534 il parlamento approvò l’Act of Supremacye. Dopo essersi autonominato capo supremo di quella Chiesa, con l’Act of Succession egli spostò la linea dinastica dalla prima moglie Caterina alla discendenza di Anna Bolena.
Il popolo inglese, profondamente religioso, soffrì in modo traumatico lo smantellamento della cattolicità. Le conseguenze dell’instaurazione della nuova comunità ecclesiastica, sotto il dominio del monarca, determinò la reazione dei cattolici e causò un migliaio di vittime. Il 6 luglio 1535 fu decapitato l’umanista cristiano ed ex cancelliere Tommaso Moro (santo martire per fedeltà a Dio e al cattolicesimo) che si era espresso a favore dell’indissolubilità del primo matrimonio con Caterina. Stessa sorte toccò nel 1536, con l’accusa di stregoneria e tradimento, ad Anna Bolena alla quale fu mozzata la testa con la spada, secondo l’orribile comando del re inebriato dal delirio d’onnipotenza.
Il re revocò l’obolo di San Pietro, chiuse i monasteri, i beni della Chiesa vennero incamerati dai nobili, “rapiti” dallo scisma che li esentava dalle decime da pagare Roma (come accadde ai principi tedeschi di Lutero).
Il 17 dicembre 1538, papa Paolo III scomunicò Enrico dopo gli attacchi iconoclasti al culto cattolico in Inghilterra, compresa la distruzione a Canterbury del santuario e della tomba (con le ossa dissotterrate e bruciate) di San Tommaso Becket, il quale era stato a favore dell’indipendenza della Chiesa dall’autorità reale ed era stato ucciso nel 1170 sotto re Enrico II.
Il cesaropapista Enrico VIII morì nel 1547 a palazzo Whitehall. Gli subentrò il re bambino Edoardo VI figlio di Jane Seymour, terza moglie di Enrico morta dopo il battesimo. Edoardo, soggetto a un consiglio di reggenza, nel 1549, spinto dall’arcivescovo di Cantenbury Thomas Cranmer, promulgò il Book of Common Prayer sostituendo i testi cattolici, e lo scisma partorì l’eresia. Nei nuovi libri si negava il carattere sacrificale della Messa. La riforma prevedeva pene severe per i trasgressori, ma i cattolici della Cornovaglia e del Devon insorsero. Cranmer represse nel sangue la rivolta con morti, impiccagioni e lo squartamento dei capi.
Edoardo VI morì a soli 15 anni nel 1553 per tubercolosi. I suoi consiglieri con un complotto designarono come sovrana la cugina Jane Grey, pronipote di Enrico, per scalzare dal trono Maria I la Cattolica. Jane regnò solo nove giorni. Maria infatti, grazie al consenso popolare, fu dichiarata regina legittima, depose Jane e la fece imprigionare nella Torre di Londra condannandola a morte insieme ai responsabili del complotto.
Il padre Enrico VIII impedì sempre a Maria di vedere la madre e dopo una triste giovinezza, ai margini della vita di corte, a trentasette anni ella salì al trono e sposò re Filippo di Spagna. Tremila protestanti nel 1554, opponendosi alle nozze con il cattolicissimo re, assediarono Londra. La giovane donna non si impressionò, fece accerchiare dalle truppe gli insorti e tagliò la testa al loro capo. Leale alla madre Caterina d’Aragona ripristinò il culto romano, tentando di riportare l’Inghilterra al cattolicesimo. Diede ai protestanti tre scelte: l’esilio, la conversione o la morte sul rogo. L’opposizione politico religiosa la spinse a ricorrere a misure drastiche, guadagnandole l’appellativo di “Maria la Sanguinaria”.
Non si può dire però che sia stata l’unico sovrano inglese ad attuare la repressione in materia religiosa: ciò era avvenuto con Enrico VIII, con Edoardo VI e avverrà con Elisabetta I.
Maria morì nel 1558 per un tumore ovarico e il cardinale Reginald Pole fu l’ultimo arcivescovo cattolico di Canterbury. Non ascoltò i nobili che la incitavano a condannare a morte la sorellastra Elisabetta. In punto di morte cercò, invano, di convincerla a non restaurare il protestantesimo.
Dopo la morte di Maria I, Maria Stuarda, dal 1542 regina di Scozia, seconda in linea di successione dopo la cugina Elisabetta (la nonna paterna era Margaret Tudor, sorella di Enrico VIII) avrebbe dovuto ereditare la corona d’Inghilterra. Infatti per i legittimisti Elisabetta, figlia della Bolena le cui nozze con Enrico VIII erano state annullate, non poteva diventare regina, ed essi si dichiararono fedeli a Maria Stuarda.
Elisabetta però si era già fatta strada sulla via del trono d’Inghilterra e diventò una delle nemiche più spietate della Chiesa Romana. Maria Stuarda fu catturata dagli ufficiali di Elisabetta e imprigionata per quasi vent’anni. Per Elisabetta era un potenziale ostacolo e, negandole la misericordia che aveva avuto per lei Maria I, malgrado il legame di sangue firmò il 7 febbraio 1587 il decreto di morte della cugina.
Divenuta regina nel 1559, Elisabetta scelse come arcivescovo di Canterbury Matthew Parker, ordinato con il rito edoardiano che non menzionava il conferimento al sacerdote della consacrazione eucaristica. La consacrazione fu invalida per difetto di forma, e i “vescovi” anglicani dai quali derivò quell’episcopato non vennero riconosciuti da Roma, così come i 39 articoli frutto della Confessio Augustana e della Confessio Elvetica di Heinrich Bullinger, successore di Ulrico Zwingli di Zurigo.
Con Elisabetta il cattolicesimo fu distrutto, e l’anglicanesimo si diffuse in tutto il mondo anglosassone.
Hugh Ross Williamson (1901-1978), storico e drammaturgo britannico, divenne prete anglicano nel 1943. Nel 1955 si convertì al cattolicesimo e scrisse opere storiche in tono apologetico cattolico, tra le quali The Beginning of the English Reformation, Neumann Press, 1994. Qui descrisse così il regno elisabettiano: “Le case dei cattolici potevano essere perquisite dalla polizia in ogni momento e senza alcun preavviso, poiché essi erano considerati come traditori del regno al servizio di una potenza straniera, il Papato. I preti e i frati erano stati banditi dalle isole britanniche: se uno di essi veniva scoperto veniva condannato a morte per squartamento”.
Per tali atrocità, avendo usurpato l’autorità della Chiesa pretendendo illegittimamente d’esser regina d’Inghilterra, avendo deposto e incarcerato vescovi cattolici affidandone il ruolo a scismatici e laici, ella fu sottoposta dal papa a un formale processo. Con la bolla Regnans in excelsis del 25 febbraio 1570, San Pio V emetteva la scomunica nei suoi confronti. Il regno del terrore di Elisabetta si concluse con la morte della sovrana nel marzo 1603. Non avendo eredi, la corona passò agli Stuart di Giacomo I.
Il caso della funzione anglicana in Laterano
Un comunicato ufficiale del Capitolo di S. Giovanni in Laterano, rilasciato lo scorso 20 aprile, recita: “Il Capitolo Lateranense, nella persona di Sua Ecc.za Mons. Guerino Di Tora, Vicario Capitolare, esprime profondo rammarico per quanto avvenuto martedì scorso, 18 aprile, all’interno della Basilica di S. Giovanni a Roma. Infatti, un gruppo di circa 50 sacerdoti e il loro vescovo appartenenti alla comunione anglicana hanno celebrato sull’altare maggiore della cattedrale di Roma, contravvenendo alle norme canoniche”.
Monsignor Di Tora, che è il vicario dell’arciprete della Basilica Lateranense, ha attribuito l’accaduto a un difetto di comunicazione. Resta il fatto che cinquanta sacerdoti anglicani hanno concelebrato illecitamente all’altar maggiore della Basilica Laterana, senza il celebret, ossia l’autorizzazione ad amministrare la Santa Messa e i sacramenti. La cattedrale di Roma non è San Pietro, come molti credono, ma la Basilica di San Giovanni in Laterano, vale a dire la più importante delle quattro basiliche papali maggiori. L’iscrizione latina scolpita sul marmo della facciata della Arcibasilica recita: Omnium Urbis et Orbis Ecclesiarum Mater et Caput (madre e capo di tutte le chiese dell’urbe e del mondo). Il Laterano è il luogo dove si trova la cattedra papale, simbolo dell’autorità del vescovo di Roma.
Il “malinteso” è stato il frutto della superficialità delle autorità lateranensi. Comunque sia, gli anglicani non potevano ignorare come la funzione religiosa svolta fosse in contrasto con le leggi canoniche della Chiesa di Roma. Il loro gesto è stato un atto fraudolento e offensivo per l’autorità della Santa Sede e per la fede cattolica. Sullo scranno del sommo pontefice ha osato sedersi il vescovo Jonathan Baker, già massone, divorziato e risposato, tutte caratteristiche permesse dalla Church of England.
Ma per la Chiesa cattolica non è nemmeno un vescovo. Per quest’ultima i vescovi anglicani non sono vescovi, i preti non sono preti e le messe celebrate non sono messe.
La Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus
Come si è detto, riguardo alla presenza e partecipazione della gerarchia cattolica all’incoronazione di Carlo III, sembra che siano state trascurate le pronunzie del magistero pregresso dei papi sull’anglicanesimo.
Infatti un documento del 2009 di Benedetto XVI spinse molti anglicani a tornare all’ovile di Pietro, ridando alla Chiesa di Roma la forza centripeta che ebbe prima delle eresie germaniche, e ancor prima di Filippo il Bello.
La Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus pose le basi canoniche per l’affrancamento dalla comunità anglicana da parte di coloro che erano contrari alla sua deriva ecclesiale, sempre postmodernista. Ci riferiamo, per esempio, alle benedizioni delle coppie omosessuali e al silenzio sull’eutanasia infantile di Stato. Ai piccoli Charlie Gard (2017), Isaiah Haastrup (2018), Alfie Evans (2018), Tafida Raqeed (2019), Archie Battersbee (2022), contro la volontà dei genitori, i medici “grazie” all’alta corte londinese fermarono la ventilazione e la nutrizione che li teneva in vita e impedirono qualsiasi metodo sperimentale ritenendo i piccoli, dal loro punto di visto scientifico, ormai condannati a morte. Intervennero papa Francesco, Donald Trump, l’ospedale Bambin Gesù di Roma… ma il capo della comunità anglicana, la defunta regina Elisabetta II, non spese una sola parola di speranza a favore dei suoi piccoli sudditi.
Altro argomento sensibile fu l’insofferenza di sacerdoti e fedeli anglicani ad accettare il ministero sacerdotale femminile. Nonostante il malcontento, nel febbraio del 1987 il sinodo anglicano votò a favore della loro ordinazione e pronunciò il suo sì definitivo nel 1992. Nel 2014, per non farsi mancare nulla, deliberò in favore delle donne vescovo. La norma, approvata dal parlamento, ebbe il placet della sovrana.
La Costituzione rispose alle richieste del clero e dei fedeli anglicani desiderosi di rientrare, corporativamente o individualmente, in comunione con il cattolicesimo. Questa la portata ecclesiale del documento: “Sebbene l’unica Chiesa di Cristo sussista nella Chiesa cattolica e retta dal Successore di Pietro e dai Vescovi in unione con lui, elementi di santificazione e di verità si trovano anche al di fuori dei suoi confini visibili, nelle comunità cristiane separate da lei”.
Il mezzo canonico con cui verranno accolti gli anglicani nella comunione con la Chiesa cattolica sarà l’erezione di ordinariati personali, autorizzando a conservare elementi del loro patrimonio spirituale. La cura pastorale dei fedeli che appartengono all’ordinariato verrà affidata all’ordinario (vescovo), che eserciterà la funzione vicaria a nome del pontefice.
Uno dei punti più sensibili della Costituzione sarà l’ordinazione di preti, “anche uomini sposati”, provenienti dall’anglicanesimo in deroga alla legge definita nel canone 277: “I chierici sono vincolati al celibato”. Si prevede così che vengano ammessi al sacerdozio della Chiesa cattolica gli attuali preti anglicani coniugati. Invece i vescovi anglicani, se sposati, potranno essere riordinati solo come sacerdoti.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1983 sarà l’autentica espressione della fede e il riferimento dottrinale dei membri dell’ordinariato, il quale si potrà organizzare in parrocchie personali, dopo aver consultato il vescovo diocesano locale e ottenuto il consenso della Santa Sede. L’arricchimento sarà reciproco: i fedeli provenienti dall’anglicanesimo, entrando nella piena comunione cattolica, riceveranno la ricchezza della tradizione spirituale, liturgica e pastorale della Chiesa integrandola alla propria tradizione. La Costituzione, risultato di un processo nel quale si sono dibattute molte questioni dottrinali, palesò il genio teologico di Joseph Ratzinger. Egli demolì le tesi del cardinale Walter Kasper, secondo le quali la Chiesa locale avrebbe una priorità ontologica sulla Chiesa Universale: teoria tendente ad atomizzare la Verità. Il 15 gennaio 2011 venne eretto il primo ordinariato personale per i fedeli anglicani, con il nome di Nostra Signora di Walshingham, in Inghilterra.
La Santa Sede approvò il nuovo Messale, e nominò monsignor Steven Lopes ordinario della Cattedra di San Pietro conferendogli l’ordinazione episcopale.