L’azione finora più decisiva del Consiglio d’Europa, nel quadro della sua politica etnolinguistica, è stata la compilazione della Carta Europea per le Lingue Regionali o Minoritarie. La Carta è stata approntata per le firme nel 1992, a Strasburgo, ed è entrata in vigore il 1° marzo 1998. Si tratta di una convenzione studiata, da un lato per proteggere e promuovere le lingue regionali e minoritarie in quanto manifestazione a rischio di estinzione del patrimonio culturale europeo, dall’altro per permettere ai portavoce delle minoranze di usarle nella vita privata e pubblica. Copre lingue regionali e minoritarie, lingue sprovviste di territorio e lingue ufficiali meno diffuse. È il primo documento giuridicamente vincolante per la loro tutela e definisce chiaramente le aree in cui gli Stati hanno l’obbligo di agire a favore dei parlanti. È destinato a garantire, per quanto possibile, che le parlate regionali o minoritarie siano utilizzate nel campo dell’istruzione e dei media, incoraggiandone l’impiego in contesti giuridici e amministrativi, nella vita economica e sociale, nelle attività culturali e negli scambi transfrontalieri. Come definito dalla Carta, le “lingue regionali o minoritarie” sono tradizionalmente utilizzate nell’ambito di un territorio di uno Stato da cittadini di quello stesso Stato che costituiscono un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione. Sono diverse dalla lingua ufficiale e non comprendono suoi dialetti né i linguaggi degli immigrati.
Si distinguono varie lingue minoritarie: lingue uniche in un unico Stato, per esempio gallese nel Regno Unito e galiziano in Spagna; lingue uniche diffuse in più Stati, come il basco in Spagna e in Francia, il catalano in Spagna, Francia e Italia; lingue transfrontaliere che possono essere di minoranza o di maggioranza a seconda dello Stato, per esempio l’ungherese in Slovacchia e il tedesco in Danimarca, Italia, Belgio e Francia; lingue nazionali a livello statale, ma non ufficiali nell’UE come il lussemburghese o l’irlandese. Le lingue che sono ufficiali all’interno delle regioni, province o unità federali appartenenti a uno Stato (è il caso della Catalogna in Spagna) non sono classificate come ufficiali e possono quindi beneficiare della Carta. D’altra parte, l’Irlanda non è stata in grado di firmare la Carta per la lingua irlandese, sebbene sia una parlata minoritaria, in quanto è definita prima lingua ufficiale di quello Stato.
La Carta prevede numerose iniziative statali per proteggere e promuovere le lingue storiche locali. Esistono due livelli di protezione, e tutti i firmatari devono applicare il livello di protezione inferiore. I firmatari possono dichiarare che una o più lingue godranno del livello più alto, il quale contempla una serie di azioni che i governi si impegnano a intraprendere. La procedura di monitoraggio della Carta, comprendente relazioni periodiche triennali, un comitato internazionale di esperti e le raccomandazioni del Comitato dei Ministri, fa sì che gli sviluppi di queste politiche siano costantemente monitorati.
Per quanto riguarda la Germania, la Carta Europea per le Lingue Regionali o Minoritarie è entrata in vigore il 1° gennaio 1999. Tenuto conto del fatto che questo Paese ha una struttura federale, la politica linguistica non è tanto responsabilità del governo centrale quanto delle autorità locali. Lo Stato non ha alcun potere legislativo relativo alla lingua e può soltanto regolamentarne l’uso nella pubblica amministrazione. Le parlate minoritarie in Germania definite dalla Carta sono: basso tedesco, danese, sorbo, frisone e la lingua romanì dei sinti e rom tedeschi. Nonostante alcuni sforzi compiuti in questo settore, in Germania mancano ancora strumenti validi per realizzare le misure di politica linguistica. È difficile stabilire quanti parlanti abbia ciascun linguaggio poiché il governo fornisce solo stime al riguardo.
Ma vediamo ora come le disposizioni della Carta vengono applicate in Germania per due minoranze in particolare, quella della Frisia settentrionale e quella sorba (o soraba), le cui lingue sono state dichiarate gravemente a rischio dall’UNESCO.
I frisoni del nord
L’area storica di insediamento dei frisoni del nord, un popolo germanico, si trova sulla costa meridionale del Mare del Nord tra i fiumi Reno e Weser in Germania. La lingua frisona è il marcatore di identità più importante per questa popolazione. Ufficialmente i parlanti sono circa 8-10.000, ma molti linguisti ritengono che la cifra sia parecchio inferiore.
Esistono tre varianti linguistiche frisone, in Olanda e in Germania, di diffusione assai diversa: la Frisia occidentale, in Olanda, rappresenta la comunità più grande con 400.000 parlanti, mentre i due gruppi tedeschi sono divisi in Frisia orientale (circa 2000) e Frisia settentrionale (9000). In Germania, questa lingua ha ottenuto uno status ufficiale soltanto dopo l’adozione della Carta Europea per le Lingue Regionali o Minoritarie.
Come per la maggior parte delle minoranze, l’insegnamento della lingua locale negli asili e nelle scuole è di estrema importanza per i frisoni del nord. Essi non dispongono di un proprio sistema scolastico, ma la loro lingua viene insegnata nelle strutture pubbliche e in alcune scuole della minoranza danese. In generale, la si insegna solo in terza e in quarta per due ore alla settimana, e su base facoltativa. Quanto all’istruzione superiore, esistono corsi presso le università di Kiel e Flensburgo. Nel 1950 fu creato un dipartimento per il Dizionario Frisone del Nord. A organizzare corsi introduttivi e avanzati per bambini e adulti provvedono oggi associazioni etniche, istituti privati, gruppi culturali e singoli appassionati. Si organizzano anche visite culturali presso altre minoranze, come i sorbi nei dintorni di Bautzen, o i gallesi e i cornici in Gran Bretagna.
L’uso del frisone nei media è consentito anche se non ufficialmente regolamentato o supportato. I giornali locali tedeschi si limitano a pubblicare mezza pagina al mese, mentre il suo impiego alla radio è minimo: la Norddeutscher Rundfunk trasmette un notiziario settimanale di appena 2 minuti. La produzione letteraria locale ammonta a circa 3 libri l’anno, comprese grammatiche, dizionari, libri per bambini e raccolte di canti e favole, in edizioni limitate.
Nella pubblica istruzione, il frisone è lingua facoltativa di insegnamento in alcune scuole. Nel 2009 ha interessato 785 studenti, ma nell’ultimo decennio il numero di scuole, insegnanti e studenti coinvolti nella formazione in frisone sta lentamente aumentando. Tuttavia, come accade spesso alle comunità minoritarie, i problemi maggiori sono mancanza di insegnanti qualificati, metodologie di insegnamento bilingue, organizzazione delle materie e dei programmi di studio. Esistono corsi di formazione per l’insegnamento in frisone presso le università di Flensburgo (scuole primarie e secondarie) e Kiel (secondarie).
Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti dalle autorità locali e nazionali, la lingua della Frisia del Nord resta gravemente minacciata, e i parlanti sono notevolmente diminuiti negli ultimi dieci anni. Un recente sondaggio condotto dal governo tedesco ha mostrato che le giovani generazioni non riescono a riconoscerne il valore sociale ed economico.
I sorbi
I sorbi sono una piccola nazione slava che vive nella parte orientale della Germania, nei Länder di Sassonia e Brandeburgo, vicino al confine con la Cechia e la Polonia. Sono gli ultimi discendenti degli slavi baltici che hanno resistito all’influenza tedesca per più di mille anni. I sorbi dapprima si stabilirono nella regione tra il Mar Baltico, i fiumi Elba e Oder, e le montagne tra gli odierni Stati di Germania e Repubblica Ceca, circa 1400 anni fa nel corso di una grande migrazione.
Dopo la perdita dell’autodeterminazione nel X secolo, i loro insediamenti sono stati progressivamente assorbiti da altre strutture politiche.
Il XX secolo è stato particolarmente difficile per i sorbi. Il processo di assimilazione da parte delle aree germaniche tutt’attorno, la repressione politica del nazismo e la globalizzazione culturale hanno gravemente minato il futuro della loro lingua. Oggi rimangono circa 40-50.000 persone che sanno ancora parlare il sorbo, una lingua appartenente alla famiglia slava occidentale; ma sono soltanto 15-20.000 a dargli un ruolo primario nel linguaggio quotidiano. Esso, inoltre, è diviso in due varietà standard: alto sorbo e basso sorbo.
Dopo la seconda guerra mondiale, questa popolazione ha ottenuto vari diritti, con la creazione di una vasta rete di istituzioni, scuole e media. La tendenza all’assimilazione, tuttavia, non si è invertita e i sorbofoni continuano a diminuire rapidamente, al tasso di circa un migliaio all’anno. Dopo l’unificazione della Germania nel 1990, si è avvertita la necessità di studiare nuovi metodi per conservare e rivitalizzare il linguaggio e la coscienza etnica dei sorbi. L’urgenza è data anche dalla bassissima natalità nelle regioni orientali della Germania dopo il 1990, in particolare nella comunità sorba dove si calcola che ogni anno siano appena 50 i bimbi che vengono al mondo in famiglie da cui potranno apprendere la madrelingua.
Nonostante lo sviluppo di media, scuole e altre istituzioni pubbliche sorbe nel periodo della Repubblica Democratica Tedesca, la politica dello Stato comunista non brillava per le capacità di pianificazione linguistica. La situazione è rimasta invariata anche dopo i rivolgimenti seguiti alla caduta del Muro. Soltanto all’affacciarsi del terzo millennio le organizzazioni sorbe e quelle governative hanno cominciato a studiare nuove politiche di tutela, prendendo esempio dagli sforzi di rinascita da parte di altre minoranze etniche in Europa e nel mondo.
L’innovazione più significativa è stata il progetto Witaj (benvenuto), derivato principalmente dall’esperienza dei bretoni. Il suo programma si basa su una school immersion che ha avuto successo con la minoranza francofona in Canada e quella danese nel nord della Germania. Eccellente risultato, nel 1998 è stata inaugurata la prima scuola materna witaj nel villaggio di Žylow/Sielau, nella Bassa Lusazia, dove il tradizionale insegnamento in sorbo si era estinto negli anni ‘50. Il basso sorbo parlato in questa regione è un dialetto sensibilmente diverso da quello della regione a massima concentrazione di sorbi, l’Alta Lusazia. A partire al 2000 sono state avviate le prime classi in alcune scuole elementari, in zone in cui il sorbo è attualmente parlato soltanto dalle vecchie generazioni.
Questo tipo di formazione ha ancora numeri limitati. Nel marzo 2009 c’erano 6 asili e 14 gruppi di gioco witaj per un totale di 436 bambini. Le elementari in cui sono state create classi witaj per collegare l’educazione prescolare a quella scolare – con un massimo di 14 lezioni a settimana in sorbo – non reggono il confronto con le 6 scuole totalmente sorbe. Sebbene il numero di alunni witaj sia piuttosto esiguo, il fatto che sia stato creato e diffuso un simile modello ha dato una mano al prestigio dell’idioma, che in molte zone della Lusazia è assai basso al confronto della dominante lingua tedesca. La crescita della rete witaj di scuole materne, tuttavia, si porta appresso una serie di nuovi problemi; come la carenza (quando non inesistenza) di tutor e docenti di madrelingua sorba. Ciò è stato risolto in parte organizzando corsi di lingua intensivi e impiegando altri madrelingua più anziani (in alcuni casi i nonni degli alunni). Un risultato straordinario quanto inaspettato del progetto witaj è stato il notevole cambiamento di opinione della popolazione locale nei confronti della loro lingua e degli sforzi per rilanciarla. Dall’iniziale atteggiamento di scherno e di rifiuto, a una cauta accettazione. Così come è rimarchevole che molte famiglie tedesche senza alcuna tradizione sorba partecipino all’iniziativa witaj.
Alcuni genitori, inoltre, hanno compreso e apprezzato i vantaggi di un’educazione bilingue in tenera età, come l’aumentata capacità di pensiero astratto e lo sviluppo intellettivo in generale.