Nel passato le comunità ebraiche hanno arricchito la cultura del nostro Paese, la Tunisia. Nomi importanti che da oggi resteranno impressi ancora di più nella nostra memoria: Nessim Samama, Albert Samama-Chikli, Paul Sebag, Albert Memmi, Colette Fellous, Gilbert Naccache, Georges Adda, Albert Bessis, Jacob Chemla, Habiba Msika, Cheikh El Afrit, René Trabelsi, Victor Perez, Louisa Tounsia, Pierre Lévy, Gisèle Halimi, eccetera. E non solo: il patrimonio ebraico culturale ci consente di immergerci nelle nostre tradizioni, nella memoria e nei monumenti, ma è anche radicato nella nostra realtà sociale.
Difficile dimenticare Sidi Mahrez (951-1022), considerato il patrono di Tunisi, strenuo protettore delle minoranze religiose. Il suo nome rimase legato alla fondazione del quartiere ebraico della città vecchia di Tunisi, Elhara, per quasi dieci secoli. Elhara era il cuore pulsante della comunità ebraica della capitale: la sua localizzazione sarebbe stata scelta gettando un bastone dall’alto della moschea che oggi porta il suo nome, come racconta David Cohen nel libro Le parler arabe des Juifs de Tunis (Paris 1964).
La minoranza ebraica di Tunisi ebbe la possibilità di vivere all’interno della città, mentre nel passato gli ebrei ne erano esclusi ed erano costretti, dopo la chiusura delle porte, a trascorrere la notte all’esterno del perimetro urbano.
Isola felice
Un emblematico esempio di convivenza arriva da Gerba, dove si respira un’atmosfera di tollerante serenità, e dove ebrei e musulmani coabitano in pace e armonia da sempre. La minoranza giudaica abita sull’isola da secoli e ogni anno ospita migliaia di correligionari nell’antica sinagoga di Ghriba, divenuta meta di pellegrinaggio. Per non parlare delle oltre duecento moschee mescolate ad antichissime sinagoghe. Sull’isola è presente una delle comunità ebraiche più numerose della Tunisia.
Nel 1492, dopo la caduta dell’ultima città iberica musulmana, Granada, gli ebrei furono cacciati dalla Spagna e nel 1496 dalla Sicilia e dal Portogallo. Un certo numero di quei profughi si rifugiò in Tunisia. Durante la seconda guerra mondiale, quando nel 1942 arrivarono i nazisti, il Paese ospitava circa 100.000 ebrei, che il bey (re) Ahmed II provò a proteggere.
Poi nel 1967, a causa delle tensioni tra musulmani ed ebrei causate dalla “guerra dei sei giorni”, la popolazione ebraica iniziò a emigrare verso Israele. Ma chi di loro è rimasto, vive sereno accanto ai vicini musulmani.
El-Harra, il quartiere giudaico di Gerba, ospita la maggior parte dei 1500 ebrei tunisini. Alcuni musulmani sono nati nel loro stesso quartiere, hanno avuto buone relazioni con i vicini e hanno frequentato le stesse scuole. Oggi i figli dei due gruppi fanno lo stesso senza problemi (nelle scuole della repubblica tunisina non si sono mai manifestate vere e proprie tensioni).
Anche a Sfax, la seconda città della Tunisia per importanza e dimensioni, esiste una comunità ebraica. La sua presenza risale a prima dell’arrivo degli arabi. La maggior parte degli ebrei di Sfax erano artigiani e commercianti. Nel 1905 venne istituito il Comitato della comunità ebraica. Nel 1909 c’erano 2722 ebrei; nel 1939 erano 3000, corrispondenti a circa un terzo della popolazione europea. Nel 1955 venne inaugurata la sinagoga Beth-El situata in via Algeria, nel cuore della città.
Un patrimonio dell’intero Paese
Nel 1870 la Tunisia contava circa un milione di abitanti, di cui quasi 15.000 europei. La comunità più numerosa era quella italiana, mentre i francesi erano circa 800. Gli ebrei – di diversa provenienza e immigrati in tempi diversi – costituivano circa il 3% della popolazione totale e si erano stabiliti nelle principali città, come Sousse, Sfax, Biserta, Monastir, e ovviamente a Tunisi (nel 50% dei casi). Così come a Gabes e Le Kef, dove si occupavano dell’agricoltura, anche se esistevano ebrei nomadi. Il linguista e ricercatore francese di origine tunisina Claude Hagège ne parla nella sua ricerca Communautés juives de Tunisie à la veille du Protectorat français (“Le Mouvement Social”, janvier-mars 1980).
Nella città di Le Kef vissero tre grandi famiglie ebraiche – Allali, Sabbah e Smadja – che ebbero grande influenza sulla storia urbana tra il XVIII e il XIX secolo. A Le Kef peraltro le religioni sembrano “intrecciarsi”: per esempio, troviamo un’antica chiesa dedicata a San Pietro, una sinagoga del XVIII secolo, venerata anche dai residenti islamici, e tre cimiteri adiacenti: musulmano, ebraico e cristiano.
Un’importante comunità giudaica, Kehillah, si trova anche nella città costiera di Susa. Nel 1862 contava un migliaio di componenti, saliti a 3530 nel 1946. Purtroppo l’unica sinagoga ancora esistente è quella di Keter Torah, fondata dal rabbino Youssef Guez Zal (1860-1934), nativo di Susa, che dal 1928 divenne “gran rabbino” (in sostanza il primate del giudaismo tunisino).
In realtà, il patrimonio giudaico in Tunisia, spesso dimenticato, quasi mai citato, è destinato a cadere nell’oblio… Il nostro Paese dovrebbe costituire ufficialmente un museo dedicato alla protezione e alla valorizzazione del patrimonio culturale giudaico. Sarebbe indispensabile anche il recupero e il restauro delle antiche sinagoghe abbandonate.
Noi tunisini dobbiamo mantenere viva la cultura ebraica, poiché essa è parte integrante della fisionomia del nostro Paese.