La situazione politica in quella che è stata la prima repubblica costituzionale parlamentare della storia moderna.I dati drammatici del processo di colonizzazione francese nell’ambito demografico, economico e sociale. I risultati delle elezioni del 1984.
Dopo l’elezione di F. Mitterrand alla presidenza della Repubblica la situazione politica in Corsica (cfr. “Etnie” n. 3) richiede un aggiornamento. Le prime elezioni per l’Assemblea regionale, in attuazione dello Statuto, come previste nell’impegno elettorale del leader socialista vittorioso, videro per l’assegnazione dei 61 seggi ben 17 liste, proposte ai 200.000 elettori, raggruppabili in quattro schieramenti: la sinistra e la destra, profondamente divise nel loro interno (occorre però tener conto che questi termini non hanno qui sempre il loro significato tradizionale, e che, alla base delle divisioni, ci sono più motivi di clan e clientele che ideali); gli autonomisti; le liste indipendenti o corporative.
Le votazioni del 1982
La sinistra presentava ben tre liste del MRG (Mouvement radicaux de gauche, radicali di sinistra), diviso in MRG pour une région démocratique (o MRG – Nord, di Prosper Alfonsi, presidente uscente del vecchio Consiglio regionale a elezione indiretta); Unité et démocratie MRG (o MRG-Sud, di Nicolas Alfonsi, già segretario nazionale del MRG, sindaco di Plana e deputato); Union réplubicaine de défense et de promotion de la Corse (di Don Philippe Semidei, dissidente MRG). Due liste socialiste: il PS (di Ange Pantaloni) e la dissidente Liste socialiste pour le vrai changement (di Carlo Santoni, già segretario del PS per la Corsica-Nord). Anche i comunisti ebbero la loro dissidenza, poiché, oltre al PCF (Dominique Bocchini), si presentò anche la lista Gestion et Justice pour tous (di Camille Simonpietri, ex PCF). La destra: Rassemblement pour la Corse dans l’Unité nationale (di Jean-Paul Rocca Serra, uomo di Chirac, sindaco di Portu-Vecchiu, raggruppante i gollisti RPR, una parte dell’UDF, il Comitato centrale bonapartista ed il Centro nazionale degli indipendenti); la Union regionale pour le progrès (composta da dissidenti dell’UDF – Union démocratique frangaise facenti capo a José Rossi, vicepresidente del vecchio Consiglio regionale della Corsica-Sud); e il Renouveau de la région Corse (gollisti dissidenti di Jean-Louis Albertini, ex RPR). Gli autonomisti: Unione di u populu corsu (UPC, già ARC: è la più vecchia formazione autonomista, di Edmond Simeoni), e il Partitu populari corsu (PPC, nazionalisti di sinistra di Dominique Alfonsi). Infine le liste indipendenti: Renaissance corse (Philippe Ceccaldi). Rassemblement démocratique pour l’avenir de la Corse (Denis de Rocca Serra), Union pour la défense de l’economie corse (Simon Cruciani), Corse voix nouvelles (Jean-Gaston Susini).
I risultati, che pubblichiamo nel prospetto a parte, videro un sostanziale equilibrio tra “sinistra” e “destra” e una forte affermazione degli autonomisti, che conquistarono ben 8 seggi (7 UPC e 1 PPC), divenendo così determinanti. Nelle votazioni per il presidente, Prosper Alfonsi (MRG) ebbe 23 voti, compresi quelli dei comunisti e dei socialisti; la destra di Rocca Serra, 20. Gli autonomisti e il gruppo URP (J.Rossi) votarono i rispettivi leader. Gli autonomisti consentirono comunque la maggioranza di sinistra, ma il loro gruppo si indebolì nel 1983 con la perdita dell’avvocato Lucien Nelli, che costituì un gruppo con l’unico eletto del PPC, D. Alfonsi, e con l’ex PS Carlo Santoni, passato all’autonomismo di sinistra. La maggioranza di sinistra non riuscì però a governare, a causa delle lotte dei clan e del passaggio all’opposizione degli autonomisti, che avevano anche deciso di non partecipare più ai lavori dell’assemblea; non fu possibile stendere il bilancio e così l’organismo rappresentativo fu sciolto d’ufficio. I dati drammatici dello spietato processo di colonizzazione denunciano il fallimento della politica governativa: ogni anno vi sono 3.000 emigranti in più, con un tasso del 44% tra i 20 e i 30 anni; 1 abitante su 4 è forestiero; la Corsica, tra tutte le regioni francesi, è la meno popolata (26 abitanti per kmq) e ha la metà della sua popolazione concentrata ad Ajaccio e Bastia; ha la popolazione più anziana: più del 17% ha passato i 65 anni; in zona rurale, 1 su 5 ha oltre 80 anni, e 1 su 3 oltre 65 anni; la Corsica interna continua a spopolarsi; ha la maggior mortalità della Francia, e la più debole natalità (nel 1981, 9,7% contro il 16% nel continente). Se confrontiamo la Corsica con le due isole indipendenti del Mediterraneo, abbiamo: Malta, la cui superficie è soltanto 1/20 della Corsica, con 380.000 abitanti; Cipro, la cui popolazione conta 800.000 abitanti, come due secoli orsono.
L’aggravarsi della situazione coloniale
L’agricoltura e l’allevamento decrescono con l’aumento della desertificazione dell’interno; il turismo, privo di ogni programmazione, è un’attività “di rapina” interagente con la speculazione edilizia, controllata dal capitale straniero. L’industria è pressoché inesistente (cfr. L. Nelli, Le problème corse et le statut particulier, in Les régions périphériques frontalières d’Europe, Presse d’Europe, Paris-Nice, 1983). La vittoria di Mitterrand ebbe come conseguenze positive, in Corsica, la soppressione del tribunale speciale (Corte di sicurezza dello Stato), l’amnistia per i detenuti nazionalisti, l’attuazione dello Statuto speciale regionale. Con queste misure il governo intendeva aprire un dialogo con l’ala riformista corsa (gli autonomisti moderati di E. Simeoni, dell’UPC), e nel contempo emarginare i nazionalisti radicali del FNLC (Fronte nazionale di liberazione corso). Tuttavia la liberazione dei prigionieri apparve all’opinione pubblica come risultato delle battaglie popolari più che una “concessione” del nuovo governo. La situazione coloniale è andata sempre più aggravandosi: i disoccupati sono diventati 12.000, 50% in più rispetto al 1981; un Corso su 1 è senza lavoro (dati dell’agosto 1984); il turismo è diminuito del 20%, l’edilizia è in crisi e ciò scontenta anche sulla destra i commercianti di origine continentale e la borghesia compradora forestiera. Il FNLC rompe la tregua, riprendono le nuits bleues: sparatorie, attentati e azioni dimostrative. Parigi invia ad Ajaccio uno dei suoi superpoliziotti, Robert Broussard, il “prefetto di ferro” che, secondo la denuncia dei nazionalisti, mette in atto un processo di “gangsterizzazione” di cui sono vittime i patrioti corsi, di cui si vanno riempendo le carceri. Guy Orsoni, militante nazionalista, è assassinato nell’estate 1983: il governo non è stato in grado di far luce sul delitto, né di rispondere alle rivendicazioni del popolo corso, preferendo, come il vecchio regime, continuare ad appoggiarsi sui clan e sulle clientele; i nazionalisti sono criminalizzati, e ciò, invece di portare all’emarginazione dei nazionalisti, rafforza la tesi per cui soltanto la guerriglia può liberare il paese. Nel 1983 si costituisce il Muvimentu corsu per l’Autodeterminazione (MPC), che è l’“ala politica” del FLNC “militare” (strutturatosi come l’IRA irlandese e l’ETA basca). Il 18 giugno 1984 è scarcerato Jean Simon Alfonsi, uno degli imputati dell’assassinio Orsoni; proprio mentre la giustizia “coloniale” si scatena contro i nazionalisti, la liberazione di uno dei maggiori protagonisti dell’assassinio di Guy Orsoni è sentita come una vera provocazione. Il FNLC compie un raid nelle prigioni di Ajaccio e vendica Orsoni; Alain Orsoni (fratello di Guy) e Leo Battesti, due leader del MCA, vengono arrestati per “apologia di reato” e cioè, sostengono i nazionalisti, per un delitto di opinione. Il MCA, che ormai va soppiantando i moderati autonomisti dell’UPC, denuncia che il governo non ha prospettato alcuna soluzione per decolonizzare l’isola, mentre lo Statuto speciale si va svuotando di ogni contenuto. Il potere cerca, secondo i nazionalisti, di snaturare la lotta, tentando di far apparire i patrioti corsi come dei gangster mossi da interessi personali che utilizzerebbero, per loro copertura, l’etichetta nazionalista; nelle carceri i detenuti sono vittima di torture. Una tale strategia della tensione servirebbe a stornare l’attenzione dell’opinione pubblica dai vari problemi economici che uccidono l’isola. I leader più prestigiosi dell’indipendenza corsa rischiano di essere eliminati fisicamente, come avvenne per Guy Orsoni, prelevato, torturato e assassinato “da sicari al soldo del colonialismo” (discorso del leader del MCA, Petru Poggioli, a Corti, agosto 1984). Il FNLC proclama: “Fintanto che ci si rifiuterà di affrontare il problema nazionale corso, la violenza dei patrioti corsi sarà giusta, legittima, storica. Noi chiediamo il riconoscimento del popolo corso come una sola comunità di diritto, e cioè:
“volontà politica del governo di fermare il processo di colonizzazione, mettendo i Corsi nei pubblici uffici dell’isola, favorendo il ritorno degli emigrati e la partenza dei funzionari continentali; incentivi di tal sorta sono necessari anche nel settore privato;
“lingua corsa obbligatoria dalla scuola materna all’università, e priorità alla cultura corsa;
“scioglimento dell’assemblea regionale e nuove elezioni [il che è avvenuto, ndr];
“partenza di tutte le forze militari di repressione, e liberazione di tutti i detenuti.
“Perché, se si vuol far cessare la violenza, si tace su queste proposte politiche,nascondendole? Se il potere socialista non vuole tradire i suoi ideali politici, deve affrontare questa problematica e sostenere le soluzioni conseguenti. Soltanto allora saranno garantite al nostro popolo le prospettive per poter sopravvivere, e cambieranno i dati politici di questo paese” (documento FLNC del 6 febbraio).
Le organizzazioni autonomiste
Accanto alla vecchia UPC di E. Simeoni (che continua a pubblicare il giornale “Arritti!”), nasce dalla Consulta di i comitati nazionalisti (l’organizzazione pubblica della lotta di liberazione, favorevole a una soluzione politica del problema corso), il Muvimentu corsu per l’autodeterminazione (MCA, ottobre 1983), strutturandosi come contro parte e punto di riferimento per la lotta a ogni livello (nascita delle Associ di l’artigiani, di l’agrigultori ecc.). “U Ri-bombu” (il rimbombo, riprendendo una parola dell’inno nazionale corso: Disceda la speranza, a voce di columbu, chjama di u so ribombu a santa libertà…), vecchio giornale fondato dalla Consulta di i studenti corsi (CSC) a Nizza nel1974 (quadrimestrale), poi stampato in Corsica dal 1976 divenendo l’organo della Consulta di a ghiuventù naziunalista corsa, e che nel 1979 si intitola “Ghjurnale naziunalista corsu”, dal dicembre 1980 diventa mensile e dal marzo 1984 settimanale, è praticamente il portavoce del MCA (B.P. 115, 20292 Bastia Cedex). Il MCA indice tre grandiose manifestazioni nel 1984: 31 marzo a Bastia, 23 giugno ad Ajaccio e 25 agosto ancora a Bastia (sempre con una partecipazione superiore alle 10.000 persone). Il Partitu populari corsu continua a far uscire “Populu Corsu”. Più radicali ancora del MCA sono i Cumitati naziunalisti populari (CNP), che pubblicano il periodico nazionalista “U Populu”; costoro non hanno aderito alla lista di Unità naziunalista promossa dal MCA, convinti che le elezioni siano una “trappola” e che l’unica a contare sia l’attività rivoluzionaria (direttrice del periodico è una donna, M.me Giovanangigli, Mazzetta, Porti-Vecchiu). Anche sul piano culturale nel 1984 si è riscontrata una serie di boicottaggi governativi che hanno preso di mira specialmente i gruppi musicali (I Muvrini, I Chjami aghialesi, Canta u populu corsu) vittime di proibizioni emanate da sindaci “allineati con il colonialismo” (“U Ribombu”, n. 73) con i più svariati pretesti. Contro questi attentati alla libertà d’opinione sono state organizzate manifestazioni dall’URFR (Union régionale des foyers ruraux, che riunisce 50 associazioni culturali ed economiche del mondo contadino), il Comité régional de liaison du Mouvement associatif rural, la FALCE (federazione di 48 associazioni e gruppi culturali corsi). Vi è poi A riscossa, organizzazione umanitaria di aiuto ai prigionieri politici, e il MCD (Muvimentu Corsica democratica), costituitosi l’8 febbraio 1984. La nuova legge elettorale, stabilendo il limite minimo del 5% per poter accedere alla ripartizione dei 61 seggi, ha tentato di escludere dall’assemblea le forze indipendentiste e ha scoraggiato molte formazioni minori, cosicché le liste in lizza sono scese a dieci.
Le elezioni del 12 agosto 1984
Per la sinistra si presentavano i radicali (MRG) di Francois Giacobbi, i socialisti di Nicolas Alfonsi (ex dissidente MRG), i comunisti (PCF) di Dominique Bucchini; a destra, la lista di Pascal Arrighi, che ha come referente a Parigi il Front national del neofascista Jean-Marie Le Pen, e in Corsica il CFR (Corse française et républicaine), feroce nemico dei nazionalisti, e la lista dell’Opposition nationale, guidata da Jean-Paul de Rocca Serra, dove erano ammassati parte dei gollisti e dei giscardiani, bonapartisti e indipendenti. Altra lista di destra era quella di Chiarelli. Gli autonomisti si ripresentavano con l’UPC di E. Simeoni, e i nazionalisti, presenti per la prima volta, con la lista di Unità nazionale (sostenuta dal MCA di Petru Poggioli); era sceso ancora in lizza il PPC, guidato questa volta dal socialista Carlo Santoni, unitosi a Domenicu Alfonsi nel gruppo dei nazionalisti di sinistra. L’avvocato L. Felli, uscito dall’UPC, non si era più presentato. Ancora una volta la politica governativa ha fallito lo scopo: l’assemblea rimane ingovernabile; gli autonomisti moderati dell’UPC sono rimasti soltanto in 3 (perdendo 4 seggi), mentre i nazionalisti hanno superato imprevedibilmente il limite del 5%, portando all’Assemblea regionale tre consiglieri (Petru Poggioli, Iori Stella e Domenicu Gallet), e cioè una forza ormai pari a quella dell’UPC. I tre nazionalisti hanno già dichiarato che usufruiranno dell’assemblea soltanto come di una cassa di risonanza per denunciare il colonialismo patito dai Corsi; non appoggeranno quindi alcun esecutivo, e nemmeno parteciperanno ai lavori delle commissioni; sedendo sui banchi dell’estrema sinistra, non avranno contatti con altri gruppi a eccezione dell’UPC. Né C. Santoni, né D. Alfonsi, entrambi del PPC (nazionalisti di sinistra), sono stati rieletti. La sinistra ha complessivamente 25 seggi, cui si possono aggiungere i 3 autonomisti dell’UPC; la destra ne ha 30, inclusi però 6 neofascisti di Arrighi. La politica corsa è paralizzata da questa antinomia: da una parte la Francia, che costituzionalmente non può andar oltre l’autonomia, e non è così in grado di “smontare” il processo coloniale; dall’altra una “nazione proibita” (“corsa” e non “italiana”) che da secoli ha combattuto per la propria indipendenza (contro Lucchesi, Genovesi, Francesi) e ha dato alla storia moderna il primo modello di repubblica costituzionale parlamentare, perfettamente funzionante fintanto che non fu travolta dagli invasori e oppressori continentali.