La Demos ha svolto un sondaggio per il “Gazzettino” sulla sensibilità linguistica nel cosiddetto Nord-Est, intervistando residenti in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e provincia di Trento. L’affermazione da commentare era: “Il veneto è una vera e propria lingua e andrebbe riconosciuta e tutelata come il sardo, il ladino, il friulano, eccetera”. Come spiega Natascia Porcellato di Demos, è d’accordo il 54% dei veneti. Ma non sono soltanto loro a pensarlo: l’idea che il veneto sia più di un dialetto viene infatti condivisa anche dal 51% dei cittadini del Friuli-Venezia Giulia e dal 48% di quanti vivono in provincia di Trento.
Le diverse componenti del Nord-Est, dunque, ritengono in larga parte che il veneto sia una vera e propria lingua e che dovrebbe essere riconosciuta e tutelata come già accade per altri idiomi. La raccolta firme promossa nei mesi scorsi in Veneto e terminata a fine settembre, sembra, secondo le dichiarazioni del Comitato promotore, aver raggiunto quota 32mila adesioni. Non avrebbe quindi superato il numero minimo richiesto dalla legge (50mila), ma il segnale proveniente dal territorio è abbastanza chiaro: questa soglia, infatti, è riferita al territorio nazionale, e 32mila per una sola Regione è una cifra più che ragguardevole.
Tra i veneti, chi maggiormente pensa che la loro sia una vera e propria lingua da riconoscere e tutelare come sardo, ladino, friulano, eccetera? Nei settori sociali considerati, osserviamo il tratto della trasversalità. Tra i giovani, infatti, il 52% ritiene che il veneto sia una lingua; il valore scende al 44% tra quanti hanno tra i 25 e i 34 anni, ma torna stabilmente sopra la soglia della maggioranza assoluta nelle rimanenti classi d’età. Tra le persone di età centrale (35-44 anni) si attesta intorno al 52%; sale al 60% tra coloro che hanno tra i 45 i 54 anni e si stabilizza intorno al 56% tra gli over-55.
Guardando al livello di istruzione, poi, vediamo come questa idea sia condivisa da metà dei rispondenti che hanno conseguito la licenza elementare. Il valore sale poi al 63% tra quanti sono in possesso della licenza media e si attesta intorno al 47% tra chi ha un diploma o una laurea. Questi dati indirettamente confermano l’antica tradizione che ha salvaguardato il veneto: l’essere socialmente trasversale alle classi, utilizzato da tutti, “studiati e non”, in casa e in comunità, strumento di comunicazione e non di divisione sociale.
Dal punto di vista della dimensione urbana, poi, osserviamo come l’idea che il veneto sia una lingua vera e propria è condivisa dal 57-58% di coloro che vivono in centri fino a 50mila abitanti, mentre la quota scende al 42% tra coloro che vivono in città più grandi.
Consideriamo, infine, l’influenza della politica, e qui le divisioni si fanno più profonde. L’idea che il veneto sia una lingua trova il sostegno del 30% degli elettori del Pd, quota sostanzialmente analoga (31%) a quella osservata tra i sostenitori del M5s. L’adesione si fa più larga analizzando il centrodestra: il 51% di quanti voterebbero per Forza Italia ritiene che il veneto sia una lingua, ma l’opinione raggiunge il massimo del consenso tra chi guarda a FdI (80%) e, soprattutto, alla Lega (83%).

 

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