Storicamente, il Dersim era una regione all’interno dei confini ottomani, confinante a nord con il Ponto e il Lazistan, a sud con il Kurdistan, a est con l’Armenia e a ovest con la Turchia. Si trovava nella parte orientale del moderno Stato turco e comprendeva parte delle città circostanti abitate prevalentemente da aleviti.
Al giorno d’oggi, invece, per Dersim s’intende più che altro la città di Tunceli, circondata dalle province di Erzincan a nord e ovest, Elazığ a sud e Bingöl a est. Qui useremo il termine Dersim per indicare indifferentemente sia l’area geografica più estesa sia la moderna città di Tunceli.
Il Dersim è una regione in cui si parla turco, curdo e zazaki (la lingua autoctona), con una rilevante popolazione alevita. 1) Data la diversità etnica e il carattere autonomo, è sempre stata considerata zona calda dalle autorità centrali turche, sia ottomane sia attuali. Era anche un punto di attrazione per gli aleviti (a partire dal XVI secolo) e gli armeni (soprattutto nel XIX secolo), che avevano rapporti conflittuali con le autorità centrali. Comunque, sino al 1935 il Dersim sopravvisse come regione più o meno autonoma.
Con l’introduzione quell’anno della Legge di Tunceli, pezzi della regione vennero staccati e uniti alle città limitrofe. La parte rimanente fu riorganizzata in un nuovo centro urbano, l’attuale Tunceli. Nel 1936 lo Stato centrale si diede da fare a costruire strade, ponti, scuole, uffici postali, caserme e stazioni di polizia con la scusa di “modernizzare” e “civilizzare” il posto. Con le operazioni militari del ’37 e la pulizia etnica del ’38, Dersim perse quasi un terzo della popolazione, mentre un altro terzo subì la deportazione forzata (gli archivi statali sono ancora segreti, pertanto i numeri dei morti e dei deportati sono incerti). Dersim rimase “zona proibita” fino all’amnistia del 1947. 2)
È fuor di dubbio che la geografia del Dersim abbia avuto un ruolo importante nel lungo periodo di autonomia. Si tratta di una regione montuosa con numerosi corsi d’acqua, vallate, grotte. Quindi, per prima cosa, una terra remota in cui gruppi “eterodossi” poterono vivere in relativa tranquillità. Secondo, non trattandosi di un territorio favorevole all’agricoltura, non poteva autosostentarsi. Terzo, e collegato al precedente punto, viveva di una “economia di rapina” e i dersimi erano noti come “banditi”, il che divenne in seguito un pregiudizio contro gli abitanti da parte dello Stato turco moderno. Quarto, a dispetto dei molteplici attacchi per risolvere il “problema” Dersim, esso rimase inconquistato da forze militari che non ne conoscevano il territorio. Infine, la sua geografia consentì a molti dersimi di rifugiarsi nelle grotte durante la pulizia etnica del 1938 e, dagli anni ’70, durante le attività di guerriglia delle organizzazioni curde.
La città odierna, tra luci e ombre
Oggi Dersim è diventata la città guida in Turchia per attività educative e livello di studio, e primeggia anche nelle statistiche relative alla qualità della vita. Se invece si guarda all’aspetto psicologico, alla soddisfazione dei suoi abitanti, Dersim finisce in coda. Per questo, malgrado la fama di “città di gente illuminata che guarda all’Occidente”, ha un tasso elevatissimo di emigrazione non solo verso altre zone della Turchia ma anche verso le metropoli europee. Da tempo è una delle due città con il maggior numero di emigrati, e gli ultimi dati mostrano che è una delle meno popolose della Turchia: circa 86.000 abitanti con una densità di 11/kmq.
Tende a ripopolarsi in estate, quando migliaia di dersimi tornano per le feste dalla Turchia e dall’Europa. La comunità della diaspora è anche d’aiuto all’economia locale. In Europa vivono 200.000 dersimi, soprattutto in Germania. Altri 250.000 si trovano nel resto della Turchia, di cui 85.159 a Istanbul (2013).
In definitiva, Dersim non può essere descritta come una provincia pacifica. Negli anni ’70 appoggiò ampiamente i movimenti marxisti, e non solo ideologicamente. Fu un punto chiave per le attività di guerriglia. A causa della variabilità religiosa ed etnica, dei conflitti politici con le autorità di Ankara e soprattutto con l’avvento del PKK negli anni ’90, Dersim divenne zona di guerra.
Dopo l’interruzione del processo di pace con i curdi nell’estate 2015, è tornata una regione in cui si affrontano forze militari che vogliono prenderne il controllo e vari gruppi di combattenti. Ecco perché la vita sociale ne esce gravemente deteriorata. E non sembra che si profilino miglioramenti all’orizzonte.
N O T E
1) Come spiega l’antropologo Aykan Erdemir, “nel mondo islamico la divisione fondamentale tra sunniti, il 90%, e sciiti, 10%, risale agli avvenimenti seguiti alla morte del profeta Maometto, la questione della successione, di chi prenderà il suo posto, la lotta per il califfato. Per i sunniti il successore deve essere Ebu Bekir, per gli sciiti invece Ali, marito di Fatima la figlia di Maometto, è destinato a prendere il posto del profeta. Tra gli sciiti, come tra i sunniti, ci sono poi correnti diverse. Quella dei tre imam, Deydi, quella dei sette imam, gli Ismailiti, quella dei dodici imam, di cui si parla spesso negli ultimi tempi in relazione a quanto accade in Iran ed in Libano.
Gli aleviti non rientrano in nessuna di questa due grandi correnti. Si, tra gli aleviti ci sono i dodici imam come discendenti del profeta che torneranno un giorno a portare pace e giustizia nel mondo, elementi che avvicinano gli aleviti agli sciiti. Nella teologia e nella pratica ci sono però molte differenze. La ritualità alevita non prevede le cinque preghiere quotidiane, non c’è il mese del digiuno e neppure il pellegrinaggio alla Mecca. la credenza nella uguaglianza tra uomini e donne che condividono lo stesso spazio nella preghiera, l’esistenza di un semah, l’uso della musica, l’uso degli alcolici nelle cerimonie, sono tutti elementi che mostrano quanto gli aleviti siano lontani dalla tradizione sciita”. (Citato da Fabio Salomoni, Osservatorio Balcani Caucaso.)
2) Nel periodo dal 1999 al 2005 il numero degli abitanti è sceso da 93.548 a 79.176 e si è più che dimezzato a partire dal 1975. Insieme ad alcune altre regioni del sud-est turco, il Dersim è una delle provincie con la maggiore perdita di popolazione. Gli interventi militari degli ultimi 15 anni sono infatti responsabili della distruzione di villaggi, dell’incendio di interi boschi, di arresti in massa, torture e omicidi.
Nello stesso periodo (1975-2007) la popolazione turca è aumentata da 40 milioni a 70 milioni di persone, con una crescita media annua del 1,8 %. Nel Dersim questa stessa percentuale di crescita significherebbe nel 2007 una popolazione ipotetica di 283.000 persone, di fatto però il Dersim conta appena 84.000 abitanti. Il Dersim non ha mai accettato di sottomettersi ad alcuna tirannia. Che fosse l’impero ottomano o i giovani turchi, il Dersim ha sempre levato la sua voce contro l’oppressione ed è sempre stato una spina nel fianco dei potenti. L’impero ottomano ha tentato invano di introdurre in Dersim la giurisprudenza islamica, la sharia, e per la nuova repubblica di Mustafa Kemal Atatürk il disobbediente Dersim costituiva un pericolo.
All’epoca Atatürk disse: “La questione del Dersim è la questione prioritaria della nostra politica interna. È necessario che il governo sia dotato di un’autorità ampia e illimitata per eliminare a ogni costo questa ferita interna, questo repellente ascesso”. Negli anni 1937-38 l’eliminazione di questo “repellente ascesso” comportò il massacro di quasi tutta la popolazione inerme. I leader del movimento di liberazione del Dersim, Seyit Riza, Alishêr e sua moglie Zarife, furono impiccati e sotterrati in luogo sconosciuto, e così, per la prima volta nella sua storia, nel 1930 fu conquistata l’intera regione del Dersim. Quel trauma sembra essersi radicato per sembra nella mente dei suoi abitanti. (Max Schmidt)