Dopo essercela doverosamente presa con il Fugatti per la sua brillante politica di “contenimento” degli orsi, torniamo a parlare dei grandi predatori presenti nel nostro territorio.
Premettiamo una cosa: noi amiamo immensamente gli animali, ma proprio per questo non riusciamo a digerire la battaglia politica che si è scatenata attorno a orsi e lupi. In sostanza non ci sembra che né i protezionisti a tutti i costi (i cosiddetti animalisti) né i – chiamiamoli così – conservatori siano sospinti da grandi affetti per la natura. I primi, gravitanti nel mondo del progressismo (quindi agli ordini del potere globalista), sono poi quelli che ti distruggono economie industriali e paesaggi in nome di un’ideologia green inventata a tavolino; i secondi, i “liberali”, invece di usare il cervello e avere idee proprie, dicono e fanno l’opposto geometrico degli avversari; talché, invece di adottare una via giusta percorsa malamente da altri, gettano via tutto, l’acqua e il bambino.
Insomma, da una parte quelli che un plantigrado inferocito non si può nemmeno tenere in un recinto, dall’altra un Cruciani che si fa fotografare mentre mangia bistecche di orso.
Oppure, che è peggio: da una parte quelli che l’unica salvezza per il pianeta è l’estinzione della specie umana, dall’altra quelli che il pianeta è un noumeno della nostra specie e senza di noi può anche scomparire. Se i gretini sono da curare, gli antropocentrici convinti che l’ambiente vada massacrato in quanto al servizio dell’uomo dovrebbero ricoverarsi nel reparto attiguo. A questi ultimi verrebbe da chiedere: ma vi è mai venuto in mente che a un sacco di individui la natura piace ed egoisticamente la vogliono mantenere intatta per sé, per goderne?
Ecco perché molti di noi amano avventurarsi in un bosco sapendo che è integro, che è ricco di animali, che bisogna muoversi con rispetto e prudenza, altrimenti saremmo andati ai giardini pubblici. Altro che il trito e ritrito argomento che a difendere i predatori ci sarebbero solo i radical chic, al sicuro nei loro salottini in città mentre gli uomini veri rischiano la pelle sui monti… E chi sarebbero i rudi esploratori: i turisti domenicali con le bacchettine? i marziani in mountain bike? Tutta gente che fa ore di macchina per aspirare a un ambiente asettico, deodorato, possibilmente con vodafone a balla perché se inciampi nelle infradito puoi sempre chiamare il Pegaso.

Approccio ignorante

Stabilito prolissamente che le due squadre in campo non risolveranno mai nulla, proviamo un po’ a capire come salvare capra e cavoli, o meglio capra e lupo. È evidente che se non conteniamo in qualche modo l’esuberanza dei predatori, questi avranno un triste destino. Infatti, tira una brutta aria. Già da vari anni escono a raffica articolini di testate locali a base di “lupo sbrana gallina”, “orso entra in giardino”, “la gente ha paura”, “chiamato i carabinieri”, scritti da beoti che lanciano allarmi invece di tranquillizzare i lettori (come sarebbe loro compito professionale) chiarendo loro che i lupi hanno paura dell’uomo e spiegando come comportarsi nei rarissimi incontri con gli orsi.
E naturalmente, più certi animalisti difendono per pura ideologia questi predatori, più le persone che non sopportano i primi si incarogniscono con i secondi. Senza contare le categorie umane che non frequentano l’ambiente selvaggio per diporto ma ci lavorano, come pastori e allevatori, i quali hanno tutto il diritto di lamentarsi.
La soluzione (sulla carta) è semplicissima, banale: teniamo lontani i lupi dal bestiame e catturiamo (catturiamo, non accoppiamo, Fugatti) gli orsi problematici (problematici, non quelli che seguono qualcuno per qualche metro, Fugatti).

La risorsa lupo

Nella realtà, anche se ai media piace sottolineare quasi soltanto la diatriba tra le due parti, ne esiste una terza che si occupa appunto di “gestire” i grandi predatori, valorizzandone l’immensa utilità per la (si dice oggi) biodiversità, ma elaborando nel contempo i metodi per salvaguardare le attività umane. Per quanto riguarda il lupo, si tratta di equipe di studiosi che monitorano le abitudini dei branchi, la loro alimentazione e gli spostamenti, sperimentando sempre nuovi espedienti per allontanarli dai recinti e, spesso, insegnando tali tecniche agli allevatori.
Uno di questi esperti “costruttivi” è Duccio Berzi, studioso sul campo dal brillante curriculum: laureato in Scienze Forestali, con un master in Conservazione della Natura, si occupa di lupi dai primi anni ’90. La sua specialità è proprio l’analisi della conflittualità con il settore zootecnico, che ha affrontato in buona parte d’Italia. Consulente di molte amministrazioni pubbliche, associazioni di categoria, istituti di ricerca, dal 2019 coordina per il dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Sassari il progetto di telemetria proattiva sul lupo in Veneto. Presidente del Centro per lo studio e la documentazione sul lupo, è membro del direttivo di appia, la Rete del Pastoralismo italiano.

In attesa che accetti di collaborare con “Etnie” sull’argomento lupo (per noi ambiente e difesa delle etnie sono anelli della stessa catena), abbiamo proposto una sua lezione-conferenza all’associazione Anghiari Centro Studi dal titolo Il lupo in Toscana. L’incontro, che si terrà venerdì 6 dicembre a Palazzo Fontana (Anghiari), patrocinato dalla Regione Toscana, sarà l’occasione per far capire al pubblico che il lupo è una “nostra” ricchezza. E che, se passeranno le minacciate politiche europee di indebolimento della sua tutela, saranno guai anche per la stessa salute della natura. Non a caso Anghiari si trova in una regione storica, la Valtiberina, ad alta densità di lupi i quali, godendo qui di un ambiente vasto e intatto, interferiscono poco con le attività umane, tengono sotto controllo i troppi cinghiali e stanno migliorando la salute complessiva dei branchi di cervidi.  

La foto in evidenza è di Marco Novelli.