Leggendo giornali nazionali e internazionali, in questi giorni, sono rimasto perplesso. Non solo chi pensa di guidare il mondo sta confondendo fini e mezzi, ma anche cause ed effetti. E lo fa agendo sugli effetti anziché sulle cause. E ciò non avviene solo in politica ed economia, ma anche in materia morale. In politica ed economia è più evidente. Proporrò solo due esempi. Lo sforzo con cui alcuni poteri globali, falliti in tutto, si stanno impegnando per imporre le loro pretese è altissimo ed inquietante. Si vorrebbe impedire al nuovo presidente Usa di modificare gli schemi e i modelli con cui è stato gestito finora il processo di globalizzazione, ridandolo in mano a chi lo ha fatto fallire. Si vorrebbe accelerare l’unione europea creando un sistema bancario comune e un ministero delle Finanze unico perché per gestire una moneta unica ci vuole un governo unico (scoprendolo solo oggi dopo 15 anni?). Ma dandolo in mano a chi ha concorso ad affossare la politica economico finanziaria europea (e in specifico quella italiana) negli ultimi dieci anni almeno.
In materia morale la dimostrazione è più complessa, ma potrebbe esser sintetizzata con la considerazione, oggi piuttosto condivisa all’interno della Chiesa, che per risolvere il problema morale si deve prima risolvere il problema materiale e sociale. Così l’autorità morale rischia di arrivare a cambiare la definizione di ciò che è o no morale.
Su questo tema, riprendo alcune considerazioni di Fabrizio Palenzona riferite a un pezzo precedente di Angelo Panebianco (“Corriere della Sera”, 3 gennaio) sul problema delle ex radici cristiane di un’Europa i cui vertici non vogliono manifestamente che il cattolicesimo esista o perlomeno agisca. Disconoscendo che è proprio per questa ragione che è fallito il processo di globalizzazione e quello di unificazione europeo. La cultura gnostica dominante avviata a fine anni sessanta con il cosiddetto nuovo ordine mondiale e supportata dai teologi progressisti che si impossessano delle conclusioni del Concilio Vaticano II, ha fallito in tutto, ma ha trionfato in un solo obiettivo: relativizzare la fede cattolica e ridimensionare il ruolo della Chiesa.
L’Europa, il suo pensiero forte, la sua fede, le sue idee, hanno guidato il mondo per tanti secoli. Ma era cristiana. I nemici (il nemico, in realtà) del cristianesimo hanno lavorato a lungo per far vacillare la forza dello stesso, ma il vero “grande attacco” non ha quasi neppure cinquant’anni. Il mondo occidentale, e tutto il resto, inizia la sua fase di trasformazione irreversibile circa cinquant’anni fa, grazie alla sostituzione delle radici cristiane con radici gnostiche. Queste, negando la morale cristiana e utilizzando tesi neomaltusiane-ambientaliste, hanno provocato il crollo delle nascite in Occidente, che a sua volta, per sostenere il Pil, ha reso necessario una crescita economica consumistica e sempre più a debito, per realizzare la quale si è deindustrializzato l’Occidente (facendolo solo consumare ) e industrializzato l’Oriente (facendolo solo produrre). Anche questa delocalizzazione a scopo consumistico ha prodotto il (supposto) problema ambientale che oggi si propone di far risolvere agli stessi che l’hanno generato.
Ma anche la stessa politica di immigrazione non è affatto una scelta di compensazione del gap di popolazione in Europa: essa venne decisa prima, per reingegnerizzare soprattutto il peso del mondo cattolico in Europa. Si vadano a leggere le grandi “dichiarazioni dottrinali”, dal rapporto Kissinger del 1974, alle grandi conferenze internazionali, fino ai proclami dei segretari generali dell’ONU riferiti al tema migrazione e sincretismo religioso in Europa.
Oggi le cause dei problemi vengono imposte paradossalmente come soluzioni, su questo si deve riflettere. Quando una cultura confonde fini e mezzi e cause ed effetti, che può mai poter risolvere? Benedetto XVI lo spiega in Caritas in Veritate, nella introduzione e nella conclusione. Nella introduzione, quando si domanda come possa una cultura impregnata di nichilismo, senza più valori di riferimento, senza più senso della vita e delle azioni, dopo aver separato fede e opere, permettere all’uomo di oggi di saper governare gli strumenti complessi e sofisticati disponibili. Questi strumenti non potranno altro che prendere autonomia morale (e si immagini uno strumento con autonomia morale che danni fa). Nella conclusione, quando si domanda come sia possibile pensare di risolvere questi problemi cambiando gli strumenti anziché cambiando l’uomo (se l’uomo non è cambiato gestirà male anche i nuovi strumenti, no?). E di chi è la responsabilità di cambiare l’uomo (cambiare, non coccolare) se non della Chiesa? Che deve realizzarlo con il Magistero, Sacramenti e preghiera (si rilegga Lumen Fidei).
Forse il lettore della “Verità” ne è consapevole, ma quello che ben scrive Fabrizio Palenzona appare su decine di blog e giornali online “cattolici conservatori” (ohibò!) da molto tempo. Il fatto che un grande quotidiano laico italiano dia enfasi a questi temi è molto significativo. Probabilmente è uno dei primi effetti della nascita e della lettura quotidiana della “Verità”. E la mia interpretazione è che il mondo laico più saggio e ragionevole si è reso conto che il crollo della fede cattolica provocherà crollo dei valori, quelli veri, di cui detto mondo laico stesso non beneficerà più. E pertanto oggi cominciano a preoccuparsi, domandandosi se l’autorità morale voglia sostenere o no detti valori. Detto mondo laico, come pensava Voltaire, vorrebbe la moglie, il medico e il cameriere cattolici. Per non esser cornificati, avvelenati, derubati. Gran parte del mondo cattolico è invece confuso, separato e in opposizione. E questa è una debolezza che provocherà vulnerabilità elevate. Potranno essere perciò, caro Palenzona, quei “laici” che si preoccupano di questa separazione e confusione e temono conseguentemente una morale cattolica confondente, a salvare il cattolicesimo e riaffermare le radici cristiane? Anche magari temendo, proprio grazie alle migrazioni, l’instaurazione di religioni che impongano leggi di stato rigorosamente antilaiciste? È questa preoccupazione che spiega la recentissima svolta-ripensamento sull’accoglienza e le considerazioni lette su grandi quotidiani laici?
Da “La Verità” dell’11 gennaio 2017.