Per la giornata mondiale dell’oceano, celebrata l’8 giugno, 50 artisti hanno esposto presso il comune di Pirae sull’isola di Tahiti le loro creazioni, realizzate sul tema ‘Rāhui e spirito delle lagune. Anticamente – e tutt’oggi nella remota isola di Rapa – i polinesiani proteggevano le ricchezze del loro oceano con il rauhi, la proibizione, che regolava i periodi di pesca permettendo alla fauna marina di riprodursi. Il ricavato dalla vendita delle opere sarà devoluto alle associazioni che si occupano di ecologia in Polinesia francese.
Durante la presentazione la gente chiacchiera nella sala, sono venuti più che altro per ammirare le opere d’arte realizzate per sensibilizzare contro l’inquinamento degli oceani. Un paio di relatori hanno parlato tra la generale indifferenza fino a che non arriva lei, Jaquie Evans: con voce forte e ferma inizia a recitare la preghiera che gli anziani delle Cook Islands le hanno suggerito. L’attenzione è immediatamente catturata, cala il silenzio. La giovane figlia di queste isole polinesiane a sole due ore di volo da Tahiti, vincitrice del Goldman Environmental Prize (conosciuto anche come Nobel per l’Ambiente), ci presenta le misure in atto nel suo Paese per preservare Moana, l’oceano, intorno a ogni terra emersa nel suo territorio. In seguito ai suoi sforzi volti a preservare l’ambiente marino, nel luglio 2017 il governo delle Cook Islands ha creato il parco Marae Moana, sacro oceano, 15 aree marine protette intorno alle 15 isole che formano questo piccolo Stato sperduto nelle onde del Pacifico (un Paese la cui superficie è per il 99% composta di acqua salata). Entro le 50 miglie nautiche dalla riva è permessa la pesca solo in alcuni periodi e per uso personale, mai su scala industriale. Questo è soltanto il primo atto, lo scopo finale è di arrivare a proteggere l’intera area marina delle Cook.
Incredibile pensare che le stesse misure richieste dalle isole Australi, arcipelago meridionale della Polinesia francese, siano state rifiutate.