Basta con le frottole. Ormai svaporata l’arrogante sceneggiata della capitana da copertina, speronatrice di soldati nell’esercizio delle proprie funzioni, consola leggere finalmente un libro di un intellettuale di sinistra che non ne può più della retorica dell’accoglienza, e spiega accuratamente il perché. Si tratta del linguista e studioso di culture politiche Raffaele Simone, che ha scritto L’ospite e il nemico. La Grande Migrazione e l’Europa (Garzanti editore). Un caso editoriale alla rovescia perché (come ha fatto notare Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera), pur essendo il lavoro più documentato sull’ondata di migranti da anni in corso in Europa uscito nell’ambito della sinistra, ès tato da questa accolto con glaciale silenzio. Tecnica peraltro nota in questa sinistra, che sempre diventa afasica quando si tratta di rispondere ad argomentazioni imbarazzanti, ripetuta anche nei primi 10 giorni del caso dei bambini rubati di Bibbiano. Snobbare gli argomenti di avversari come Belpietro e Borgonovo nella loro Islamofollia (Sperling & Kupfer) già non è elegante, però fingere di nulla anche con quelli degli amici è suicida.
Il libro di Simone ha infatti il pregio di sottrarsi all’obbligatoria melassa dell’accoglienza, del tutto inadeguata ad affrontare una tragedia epocale come “la Grande Migrazione”, come la chiama l’autore senza risparmiarsi maiuscole, utilizzate proprio per segnalare che di questo si tratta, e non di quattro gatti innocui e di facile assorbimento. Né si sottrae alla parola proibita ovunque (tranne che su questo giornale): Sostituzione, l’antico obiettivo di altre Grandi Migrazioni, attraverso cui popoli in cerca di nuovi territori prendevano il posto di quelli che c’erano prima, di solito in declino anche demografico, come l’Europa di oggi che dovrebbe accogliere la fortissima spinta dello sviluppo della popolazione africana. Né l’autore esita a paragonare i capi dell’Europa “accogliente” di oggi all’imperatore romano Valente che “manovrato da abili adulatori s’era convinto che i barbari, entrando in territorio romano, avrebbero fornito con poca spesa nuove reclute al suo esercito” (un po’ come l’ex presidente Inps Tito Boeri, convinto che gli immigrati ci avrebbero pagato le pensioni). A questo scopo l’impero organizzò sul Danubio i barconi dell’epoca “per traghettare quell’orda selvaggia”, come racconta lo storico Ammiano Marcellino. Anche allora, infatti, “parecchi morirono annegati mentre cercavano di attraversare su navi, zattere, e tronchi scavati”. L’effetto finale delle invasioni barbariche fu nientemeno che la dissoluzione dell’impero. “L’universo romano crolla”, scrisse San Gerolamo fuggendo da Roma.
Le ragioni del rimpiazzo
Molti sostengono che era giusto così, e fra i pochi che ammettono che potrebbe ripetersi oggi, alcuni dicono che ciò potrebbe fare “rinascere” l’Europa. Ma, obietta con buonsenso Simone, l’Europa ha proprio bisogno di “rinascere”? O sarà questa la sua morte definitiva? E avverte comunque che ciò che sta accadendo è un sintomo “di quel Mondo Nuovo che la globalizzazione ci sta apparecchiando, se non addirittura il preannuncio di un nuovo ordine mondiale”. Una diagnosi realista e nuova per la sinistra di ciò che sta accadendo sotto l’apparente distrazione dei politici europei e, fino a poco fa, dell’intera classe dirigente del continente, compresa l’Italia che ne ha fatto le spese maggiori. Se però nel frattempo il politico o opinion maker distratto è balzato da una condizione borghese alla ristretta élite delle persone con case a New York e Parigi vuol dire che la svista è stata molto remunerativa. Forse, anzi, più che distratto è un furbo, traditore dei suoi concittadini, un po’ come gli “adulatori” interessati che imbrogliavano l’imperatore romano sulle reali intenzioni degli invasori dell’epoca. Come è possibile, infatti, non aver visto quello che già tre anni fa il maestro della sinistra internazionale, Zygmunt Bauman, presentava (nel suo Stranieri alle porte, Laterza) come il conflitto tra “il mondo delbusiness, che desidera ardentemente e accoglie con favore l’arrivo di manodopera a buon mercato” e “la maggioranza della popolazione” per la quale “quei fenomeni significano più concorrenza sul lavoro, più incertezza e meno speranze che le cose migliorino”?
Tra le possibili spiegazioni del perché si sia rimasti inermi e senza risposte dinanzi a una Grande Migrazione già delineatasi da molti anni c’è appunto l’ipotesi presentata da Simone della Grande Sostituzione, “che punta a riversare in Europa milioni di persone povere e affamate per realizzare il graduale rimpiazzo della popolazione europea con i nuovi arrivati”. Le ragioni di questa sostituzione potrebbero essere diverse, e una non esclude l’altra. Dal punto di vista del mondo islamico africano e asiatico si tratterebbe di una “rivalsa totale sull’Occidente, di cui cancelleranno a poco a poco ogni traccia”. Ma è probabile che nel progetto c’entri anche il cinismo del capitalismo finanziario più spregiudicato, alla Soros, che agli attuali cittadini europei preferisce interlocutori tutto sommato più deboli e non ancora allenati all’attuale processo di sviluppo. E intanto far soldi e accumulare potere.
A distanza ravvicinata
Il cinismo è stata a mio parere l’arma, verniciata da mitezza e umanitarismo, con la quale la classe politica che ha governato in Europa negli ultimitrent’anni ha coperto la propria mancanza di idee e programmi di fronte alla fine del comunismo, al potere pervasivo delle multinazionali, alla perdita di efficacia delle burocrazie degli Stati, condizionati dalle richieste dell’Ue e psicologicamente distanti dai territori cui appartengono. Il mondo è cambiato, ma le parole per dirlo sono ancora quelle di ieri. È su questo terreno che “attorno al tema dell’immigrazione si creò uno spesso clima di ipocrisia e di falsità: l’unica posizione autorizzata al proposito fu quella positiva, perché altrimenti si correva il rischio di essere accusati di razzismo”. Non si vide così l’enorme dimensione storica del fenomeno, che rovesciò sull’Europa milioni di persone e continuerà a farlo se glielo si consente. E si adottò “lo sguardo corto: la Grande Migrazione è stata vista solo a distanza ravvicinata, contando i morti, pubblicando fotografie strazianti di bambini in lacrime o morti nelle traversate, raccontando i soccorsi, i salvataggi e i naufragi. Ma lo sguardo corto, profondamente umano, non serve per capire i fenomeni né tantomeno dar loro un significato”.
Sarò malpensante, ma ho visto che di solito lo “sguardo corto” più che frutto di ingenuità è la scelta di chi di fronte a un impegno di lunga durata ed esito incerto applica il motto “prendi i soldi e scappa”. È del resto la linea della finanza globale: sfrutta i territori e vivi nelle oasi dorate del privilegio per pochi eletti, lasciando che gli sfruttati dell’ex Terzo mondo e i “piccoli bianchi” del primo se la vedano tra di loro e le rispettive miserie. Ma forse non funziona più.
Claudio Risé, “La Verità”.