Se la vendetta si gusta fredda, a Horst Seehofer piace ghiacciata. È da agosto del 2015 che l’attuale ministro degli Interni ce l’ha con Angela Merkel. Tre anni fa la cancelliera si fece paladina dei profughi mediorientali. Ai suoi inviti risposero un milione di siriani, iracheni e afgani, che arrivarono in Germania attraverso il confine austriaco, passando, cioè, dalla Baviera. L’allora governatore bavarese Horst Seehofer chiese, intimò, implorò l’alleata di chiudere i confini senza mai ottenere soddisfazione.
Alle legislative dello scorso settembre i bavaresi hanno fatto capire a Seehofer di non aver gradito la scarsa incisività della sua azione: nelle urne il partito cristiano sociale (Csu) al potere ha perso quasi l’11% dei voti. Poiché a ottobre si rinnova il Parlamento statale con sede a Monaco, la Csu è corsa ai ripari togliendo al leone bavarese il cadreghino di governatore e “retrocedendolo” al rango di ministro federale nel quarto governo Merkel. Gli Interni sono un dicastero di peso eppure sono una magra consolazione per uno come Seehofer: lui, la Baviera e la Csu erano una cosa sola.
Nel 2008 il già più volte ministro di Kohl raccolse la sfida di governare a Monaco assieme al partito liberale dopo decenni di monocolore incontrastato della Csu. Nel 2013 Seehofer riportò il partito cristiano sociale agli antichi splendori – con oltre il 48% dei consensi – unendo la carica di leader del partito e di Ministerpräsident bavarese. La sua rielezione nel 2018 sarebbe stata poco più di una formalità senza la politica dell’accoglienza dell’alleata Merkel.
Mentre la cancelliera tedesca si prepara a incontrare il premier italiano Giuseppe Conte lunedì a Berlino, per preparare quella che lei individua come una risposta europea all’emergenza immigrazione, la sfida interna al governo prosegue e si fa più pericolosa. Adesso è il tempo di rendere la pariglia: ispirato dal vicino di casa, il conservatorissimo cancelliere austriaco Sebastian Kurz, e dall’amico personale Viktor Orbàn al potere in Ungheria, Seehofer ha preparato misure per il respingimento alle frontiere di gran parte dei richiedenti asilo. Merkel lo ha stoppato e lui per tutta risposta ha minacciato la crisi di governo.
I due hanno bisogno l’uno dell’altra ma il vecchio Horst si gode la vendetta: nel 2015 gli elettori erano tutti per la cancelliera delle porte aperte; oggi, dice un sondaggio Ard, il 62% dei tedeschi condivide la linea dura del leone bavarese.
Daniel Mosseri, “Libero”.