Scendiamo dalla valle di Alaverdi. Nel tratto di strada che collega Vanadzor e Dilijan ci sono i due piccoli villaggi di Lermontovo e Fioletovo, in una zona spettacolare. Il paesaggio è dolce e le montagne sono verdissime, con foreste di latifoglie che frusciano nel vento mentre più in alto le montagne sono coperte da faggete e pinete: il panorama è molto simile ai classici paesaggi svizzeri o alpini. Sono estasiato da queste vedute: ti danno un senso di apertura mentale, di pace.
A un certo punto, proprio sul ciglio della strada noto un uomo anziano con una lunga e folta barba bianca che taglia l’erba con la ranza. Chi sarà mai costui? A prima vista non sembra un armeno. Chiedo pertanto ad Hagop, il mio meraviglioso autista, e lui mi risponde pronunciando una sola parola: “molokan!”. In questa pace agreste vivono infatti gli ultimi molokan, una popolazione che professa un antico credo cristiano, proviente dalla Russia e stabilita qui due secoli fa. Pur restando orgogliosi della lingua russa e delle loro tradizioni, convivono perfettamente con gli armeni, segnale che la “balcanizzazione” del Caucaso non è un fattore inevitabile e ineluttabile.
L’emigrazione dai tre Stati del Caucaso meridionale – Armenia, Azerbaijan e Georgia – è stata in gran parte determinata dalle guerre, dai conflitti etnici, dal crollo del tenore di vita avvenuto dopo la caduta dell’URSS e dalla disoccupazione. Le popolazioni minoritarie sono spesso le prime a emigrare, in quanto più deboli ed esposte alle difficoltà economico-sociali, e l’emigrazione di massa ha profondamente influito sul carattere della regione interessata rendendola sempre più monoetnica.
Ecco che la “balcanizzazione” prende il sopravvento rispetto alla secolare coesistenza pacifica dei popoli, cui subentrano isolazionismo e nazionalismo etnico che lasciano poco spazio alle diversità e al confronto. Poi i nazionalismi entrano in rotta di collisione fra loro generando tensioni a livello internazionale. Ecco che il Caucaso meridionale, che un tempo ospitava una grande diversità etnica e religiosa, oggi vive una stabilità assolutamente precaria per via delle continue tensioni tra gruppi maggioritari e minoritari. Nel Nagorno Karabakh le tensioni interetniche hanno portato al vero e proprio scontro bellico tra armeni e azeri, tuttora irrisolto. Per questo la presenza dei molokan armeni è un segnale importante per tutta questa immensa regione, e ci dà ancora speranza: la coesistenza pacifica tra diversi è ancora possibile.
Oggi Lermontovo e Fioletovo sono rimaste le ultime enclave russe in Armenia, ma un tempo i villaggi dei molokan erano 22. Dei 12.500 molokan di un tempo oggi ne rimangono solo 450, soprattutto anziani visto che i giovani sono spesso costretti a emigrare. Dopo molti anni di repressione culturale e nonostante le difficoltà economiche, le autorità governative armene stanno finalmente comprendendo l’importanza di tutelare questa minoranza etnico-religiosa.
Chi sono i molokan?
Molokan è una parola di origine slava, utilizzata per identificare i membri di diverse sette spirituali cristiane che si sono differenziate dai cristiani d’oriente nelle terre russe. Il termine in lingua russa significa “bevitori di latte”, posto che i molokan non rispettano le prescrizioni della Chiesa ortodossa russa e consumano latte e prodotti lattiero-caseari anche durante i giorni di digiuno quaresimali. La pratica risale alla Chiesa nestoriana nell’XI secolo e nacque proprio per favorire la conversione di circa 200mila pastori tartari che vivevano di carne e latte. Successivamente queste pratiche sono state adottate anche dai cristiani armeni che avevano le loro comunità nelle land euroasiatiche. I molokan arrivarono poi nelle terre russe con l’invasione tartara del XIII secolo. Durante il regno di Ivan il Terribile (1547-1584) vi fu il primo martire molokan, ma è nel XVII secolo che essi divengono oggetto di ostracismo da parte della società russa per il loro pacifismo. Il primo ricorso al termine molokan appare in un documento del 1670, dove la Chiesa ortodossa russa stigmatizza il mancato rispetto, da parte dei molokan, del divieto di assumere latte durante i giorni del digiuno quaresimale.
Dalla fine del Settecento i molokan vengono tollerati sotto il regno della zarina Caterina, ma vincolati da strette regole imposte per frenare la crescita delle loro comunità. Coloro che ignoravano tali restrizioni venivano puniti come eretici, reclusi ed esiliati: i molokan furono costretti all’endogamia. Alla fine la politica del governo zarista russo portò alla deportazione dei molokan nel Caucaso (1833) e in altre zone periferiche dell’impero russo per impedire loro di influenzare i contadini.
Questi parchi di betulle di Lermontovo e Fioletovo risalgono a circa 170 anni fa, quando i primi molokan si stabilirono in Armenia. Ancora oggi questi bellissimi alberi continuano a deliziarci con la loro presenza, e i discendenti dei primo molokan continuano a vivere qui pacificamente offrendo ai rari turisti che arrivano da questi parti la loro squisita bevanda di segale – il kvas – e le deliziose fragoline con la panna. Nella loro cucina non mancano i funghi (abbondanti in questi boschi meravigliosi), i crauti (che vengono venduti anche nella capitale Yerevan!) e deliziosi formaggi; si astengono totalmente dall’uso di distillati alcolici.
Gli uomini hanno la barba lunga e bianca, le donne indossano fazzoletti bianchi sul capo. Questi cristiani russi considerano l’Armenia la loro patria, e sono conosciuti per la loro onestà, pazienza e laboriosità. Parlano la loro madrelingua pur conoscendo molto bene l’armeno, restando fedeli alle loro tradizioni ed evitando i matrimoni misti.
Ci sono molti e diversi modi per essere molokan. Alcuni costruiscono cappelle per il culto, altri venerano i santi e le icone, mentre altri ancora rifutano tutte le tradizionali pratiche religiose perseguendo approcci individuali alla Scrittura. In genere, comunque, i molokan respingono tutti i formalismi istituzionali del culto ortodosso dando massima enfasi al cristianesimo originario (in tal senso praticano il battesimo). Sono pacifici e praticano l’obiezione di coscienza (qualche molokan è finito anche nelle carceri armene) e come nei presbiteriani eleggono un consiglio degli anziani che conserva una sorta di successione apostolica, fatto considerato eretico dalla Chiesa ortodossa.
Oggi le bellissime ragazze molokan, bionde e con gli occhi azzurri, lavorano negli hotel e nelle pensioni di Dilijan. L’acqua minerale di questi luoghi (Frolova Balka) è la seconda al mondo per qualità e viene venduta in Russia, Germania e Stati Uniti. Durante la stagione estiva è stupendo sedersi accanto alle signore anziane molokan sulle bianche sedie di pietra e riposarsi all’ombra delle betulle, gustando i loro stupendi dolci fatti in casa.
Se riusciremo a preservare la loro etnia dall’estinzione (e per fortuna nelle scuole elementari si è tornati a insegnare la lingua russa), i molokan continueranno a insegnarci che c’è sempre un modo pacifico per rimanere in questo mondo, godendo della natura e del cibo sano, e soprattutto che si può rimanere se stessi rispettando chi è diverso da noi. Per vivere bene non c’è bisogno di distruggere il territorio e di arricchirsi in modo smodato: il nostro futuro in fondo sta tutto nel loro passato.