Ormai da diversi giorni Ilham Ahmed, presidente del comitato esecutivo del Consiglio democratico siriano, e la sua delegazione sono a Mosca per discutere con esponenti russi di alto livello in merito alla situazione siriana. Soprattutto per individuare una via d’uscita accettabile per tutti i soggetti coinvolti, ma forse anche per convincere i russi a far accettare a Damasco lo statuto del Rojava. Come è noto, finora Bashar al Assad ha sempre rifiutato le proposte di autonomia e di federalismo per la regione; tuttavia, secondo alcuni osservatori, potrebbe essere sul punto di accogliere almeno alcune delle richieste curde.
Il 23 novembre la delegazione del CDS aveva incontrato il ministro russo degli Esteri, Sergej Viktorovič Lavrov, e come previsto si era parlato soprattutto dell’attuale situazione nel nord e nell’est della Siria. Sempre in questi giorni, un comunicato del ministero russo degli Esteri entrava nel merito delle questioni cruciali, ossia di come mettere in pratica la risoluzione n° 2254 del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per far ripartire l’economia del Paese, riorganizzare la vita civile, garantire il ritorno di rifugiati e sfollati (profughi interni) e fornire gli indispensabili aiuti, alimentari e sanitari, ai bisognosi.
Non solo. La Russia si è impegnata a supportare ulteriormente i siriani nel difficile compito di accordarsi nel più breve tempo possibile. Così che possano essere garantite la sovranità nazionale e l’integrità territoriale della Siria (nel modo più soddisfacente per tutti, è auspicabile). Inoltre Mosca dichiara di voler garantire e tutelare i diritti di ogni gruppo etnico e religioso presente in Siria.
La delegazione guidata da Ilham Ahmad si era incontrata anche con Mikhail Bogdanov, viceministro degli Esteri e rappresentante speciale del presidente russo per il Medioriente.
Nel frattempo la paventata ulteriore invasione turca nel nord della Siria – prevalentemente in chiave anticurda – sembrerebbe, se non proprio annullata, per lo meno sospesa. Anche se continuano gli attacchi con i droni, i rapimenti di civili, le esecuzioni extragiudiziali e altri crimini perpetrati dalle forze turche di occupazione e dai loro ascari jihadisti.