È un’idea antica quanto controversa quella di definire ufficialmente Israele quale patria della nazione ebraica. Ora il comitato ministeriale per la legislazione si è schierato all’unanimità a favore del disegno la legge del Likud, che per la prima volta dovrebbe dare al Paese la qualifica di “patria nazionale del popolo ebraico”. Se passerà alla Knesset – il parlamento – questa diventerà una delle cosiddette Leggi Fondamentali, una sorta di costituzione che guida il sistema giuridico israeliano.
L’ebraismo è già menzionato nelle varie norme del Paese e le autorità religiose controllano molti aspetti della sua vita, compreso il matrimonio. Ma le undici Leggi Fondamentali esistenti riguardano principalmente istituzioni statali come il parlamento, i tribunali o la presidenza, mentre quella dedicata a Dignità Umana e Libertà delinea il carattere democratico di Israele. Per i suoi sostenitori, il nuovo disegno di legge equiparerà i valori ebraici a quelli democratici.
“Questo è un passo avanti per stabilire che Israele è e sarà uno Stato ebraico e democratico, un grande passo verso la definizione della nostra identità, non solo agli occhi del mondo ma soprattutto per noi stessi israeliani. Essere un popolo libero nella nostra terra”. A dirlo è Avi Dichter, parlamentare del Likud, il partito di centrodestra liberale che ha avanzato la proposta. La nuova legge servirà a contrastare gli sforzi palestinesi di negare i diritti degli ebrei su Israele. “I fatti degli ultimi mesi dimostrano che questa è una battaglia per l’immagine e l’identità nazionale di Israele. I palestinesi non nascondono più il loro obiettivo di cancellare lo Stato-nazione del popolo ebraico”, ha spiegato Dichter.
Tuttavia non mancano le critiche: il disegno di legge sarebbe discriminatorio per le popolazioni arabe e altre minoranze israeliane. Esso recita infatti che – sebbene ogni individuo abbia diritto a “conservare la propria cultura, tradizione, lingua e identità” – il diritto di autodeterminazione “appartiene unicamente al popolo ebraico”.
In un’altra clausola controversa, l’arabo passerebbe dall’essere una delle lingue ufficiali a uno status speciale”, che assicurerebbe ai suoi fruitori il “diritto di accedere si servizi statali”.
Il presidente della Lista Unita araba, Ayman Odeh, ha condannato duramente la proposta, definendola una “dichiarazione di guerra” contro i cittadini arabi di Israele. Altre critiche sono arrivate da partiti ed esponenti dell’establishment, preoccupati che Israele smetta di essere l’unica democrazia del Medio Oriente.