Maurizio Karra, I rom – Un popolo senza patria (e senza una terra promessa), Edizioni Fotograf, Palermo 2025, 12,00 euro.
C’è qualcosa che distingue quest’ultimo volume dedicato ai rom rispetto a tutti gli altri che hanno avuto come oggetto vari altri popoli minoritari d’Europa. È il fatto che, mentre baschi, bretoni, corsi, ruteni, sami, walser, eccetera, sono stanziati in territori specifici e la ricerca etnografica “sul campo” può essere effettuata acquisendo in loco le opportune interviste, visitandovi biblioteche e musei ed entrando in contatto con realtà storicamente e geograficamente delimitabili, ciò non è del tutto possibile con i rom e gli altri gruppi (sinti, gitani, gypsy, romanichals, eccetera) che possono essere ascritti a quell’universo variegato e quasi magmatico che rientra nella odierna denominazione di “gruppi rom” o in quella ben più nota, ma ovviamente generica, di “zingari”.
La ragione è semplice: questo popolo, originario storicamente del sub-continente indiano, dopo le sue grandi peregrinazioni avvenute nei secoli, appare ormai privo di un territorio proprio, cioè di una “patria”, come evidenzia lo stesso titolo del libro, e quindi oggi non è definibile come residente all’interno di un singolo e specifico territorio anche quando vari suoi gruppi hanno abbandonato da generazioni il nomadismo.
La loro cultura si fonda su un sentimento fortemente identitario, il quale tuttavia rimane frammentato per la grande eterogeneità dei dialetti che formano la lingua da loro parlata, il romaní, tramandato solo oralmente fino all’800, con la conseguenza di evidenziare una scomposizione odierna in un innumerevole gruppo di parlate locali nate e alimentate dagli interscambi semantici e morfologici con le lingue (neolatine, slave, germaniche o celtiche) parlate dai residenti nei territori dei loro vari insediamenti.
È lo stesso mondo dei rom a non essere stato davvero studiato e compreso per ciò che è e per ciò che rappresenta, prima di tutto e fondamentalmente per gli stessi rom; è quel mondo così chiuso, e quindi per molti incomprensibile, a essere in genere presentato seguendo le logiche delle “opposte fazioni”, quindi in termini agiografici e quasi mitografici, come può accadere anche in apprezzabilissimi studi di self-ethnology (con le loro quasi inevitabili derive giustificative), o al contrario criminalizzanti. Sia l’una che l’altra forma di narrazione sono in fin dei conti delle distorsioni che alterano quello stesso mondo (di storie, di persone, di tradizioni, di idee e sentimenti) senza permettere in nessun modo di conoscerlo davvero e di entrarvi significativamente in contatto.
Ecco spiegate, quindi, le difficoltà della redazione di questo volume, nonostante la più che trentennale esperienza dell’autore come antropologo culturale specializzato in etnologia europea, come testimonia la sua ampia produzione saggistica e giornalistica.
Nel volume I rom, un popolo senza patria, proprio partendo dalle sue esperienze etnografiche in vari territori europei dove sono insediati rom e sinti, e dopo aver raccolto alcuni dei più importanti contributi della “ziganologia” (come evidenzia la corposa bibliografia in appendice al testo), Maurizio Karra traccia la storia delle migrazioni e degli insediamenti di questo popolo sul territorio europeo, analizza i loro rapporti familiari e sociali, e in particolare il valore della famiglia e dei figli, la loro filosofia di vita fra mito, sacralità e senso del destino, per poi analizzare alcune delle caratteristiche della lingua romaní e illustrare le loro più interessanti espressioni letterarie e musicali, chiudendo con alcune considerazioni sul futuro dei vari gruppi rom fra identità e integrazione.
Un libro da leggere tutto d’un fiato, dalla prima all’ultima pagina, per scoprire un popolo ben diverso da come è spesso raccontato, superando gli ostacoli che si manifestano e si frappongono alla sua reale conoscenza.