Il 9 maggio scorso la città macedone di Kumanovo è stata sconvolta da uno scontro armato tra un gruppo terroristico e la polizia, che ha provocato 22 morti (8 poliziotti e 14 aggressori) e numerosi feriti. Secondo le autorità tra i 30 terroristi incarcerati si trovano 18 albanesi del Kosovo, 11 macedoni (due residenti in Kosovo) e un albanese di Albania. Un video girato dalle autorità mostra che alcuni arrestati indossavano divise del UÇK, l’esercito di liberazione kosovaro, ora sciolto.
Mentre l’azione sta creando forti tensioni tra la Madedonia e il Kosovo, molti osservatori nutrono dubbi sulla vera paternità dell’attacco. Come osserva l’analista Violeta Hyseni Kelmendi (Osservatorio Balcani e Caucaso), “La violenza a Kumanovo è scoppiata in un momento di tensione politica nel Paese, dove l’opposizione sostiene che il governo conservatore avrebbe intercettato i telefoni di 20.000 persone, tra cui membri della polizia, giudici, leader religiosi, giornalisti e diplomatici stranieri. Gli analisti di Pristina notano il carattere sospetto della tempistica delle violenze, con le profonde tensioni politiche tra il governo di Gruevski e i partiti d’opposizione; credono che alcuni kosovari siano stati manipolati dalla coalizione di governo per orchestrare lo scenario di Kumanovo, nel tentativo di distogliere l’attenzione dallo scandalo sorveglianza”.