La stampa algerina, in parte almeno, l’aveva definita comunque insufficiente e “troppo prudente”. Tuttavia la scelta di Emmanuel Macron di presenziare alla cerimonia in memoria degli algerini assassinati – a centinaia, circa 400, in gran parte annegati – il il 17 ottobre 1961, andrebbe valutata come un passo in avanti. Per quanto piccolo. Definendo la strage di centinaia di civili inermi, che manifestavano per l’indipendenza dell’Algeria, come “des crimes inexcusables pour la République”, si è espresso in maniera più chiara anche rispetto a Hollande che nel 2012 aveva parlato di una “sanglante répression”.
Il 17 ottobre Macron aveva deposto una corona di fiori sul luogo del massacro, le sponde della Senna a Colombes, nord-ovest dell’hinterland di Parigi. Massacro rimasto impunito, volutamente ignorato e non ammesso pubblicamente per decenni.
Niente discorsi ufficiali, temendone forse le inevitabili implicazioni (tra cui i dovuti risarcimenti e riparazioni ai discendenti delle vittime). Tuttavia, in un comunicato successivo Macron riconosceva appunto che “les crimes commis cette nuit-là sous l’autorité de Maurice Papon [all’epoca prefetto di polizia di Parigi] sont inexcusables pour la République”.
Per ora quindi solo un gesto simbolico, ma che forse preannuncia il doveroso passo successivo, il definitivo riconoscimento di un vero e proprio “crimine di Stato”. Come richiesto dai discendenti delle vittime, da intellettuali e politici algerini e anche da una parte della sinistra francese. Forse – come del resto era inevitabile – ci stiamo arrivando.
Anche questa vicenda in fondo è rivelatrice del profondo malessere che attanaglia la Francia ogni qual volta deve fare i conti con il proprio passato coloniale e con gli innumerevoli crimini commessi. Non solo dall’OAS, ma anche dall’esercito e dalla polizia della “Republique”.
Ma, come si diceva, serpeggia anche una certa insoddisfazione.
Per lo studioso Hosni Kitouni il presidente francese non si sarebbe esposto più di tanto (“a fait a minima reconnaître les crimes sans les qualifier”). In sostanza, “une veritable reculade” rispetto a quanto sarebbe stato lecito attendersi. Inoltre, sostiene ancora Hosni Kitouni, quando Macron dichiara di riconoscere tutti i crimini, compresi quelli del FLN, starebbe mettendo sullo stesso piano aggressori e aggrediti, oppressori e oppressi, carnefici e vittime. Per lo studioso quasi una forma di “negazionismo”.
Ugualmente lo storico algerino Mohammed Harbi, intervistato da “Le Monde”, affermava che la Francia non può minimizzare, lesinare (“faire l’économie”) quando affronta la questione della strage del 17 ottobre 1961.
Anche per Harbi il presidente Macron dovrebbe ammettere pubblicamente che si è trattato di un “Massacre d’Etat”. Gli riconosce tuttavia il coraggio di aver aperto “il cantiere” in un Paese dove conta ancora molto il peso dei “nostalgici” (presumibilmente un riferimento al Front National). Quanto alla proposta di “rèconciliation mémorielle” avanzata in gennaio da Benjamin Stora, per Harbi sarebbe preferibile un diverso approccio, quello basato su “verità e giustizia”: in quanto “è la giustizia che favorisce la riconciliazione, non il contrario”.
E comunque – intervenendo sui media – anche Benjamin Stora sosteneva che gli eventi del 17 ottobre vanno inquadrati e riconosciuti come “crimine di Stato”.