Sinceramente, non ero rimasto del tutto convinto della natura “intrinsecamente democratica” delle proteste in Turchia per il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu. Pur pensando “meglio tardi che mai”, avevo ricordato la sostanziale indifferenza (se non partecipazione) con cui l’opinione pubblica turca (chp compreso) aveva accolto gli arresti di decine di sindaci ed eletti curdi.
Così come non dimenticavo che quando si tratta della questione curda, sotto sotto non ci sono grandi differenze tra i laici kemalisti (presunti socialdemocratici) del chp (Cumhuriyet Halk Partisi) e i conservatori islamisti di akp (Adalet ve Kalkınma Partisi, il partito di Erdogan).
E in effetti pare che le ultime manifestazioni antigovernative siano, almeno in parte, degenerate in proteste anti curde (in base allo sperimentato metodo del capro espiatorio). Brutalmente espliciti gli striscioni inalberati da alcuni manifestanti (infiltrati?) che contemporaneamente facevano il simbolo dei Lupi Grigi, come confermano numerosi video.

Tra le scritte più inquietanti, “Imrali basilsin Apo piçi asılsın”, spronando in sostanza ad assaltare il carcere di Imrali per impiccare Ocalan (“Apo”).
Oppure le corde a cui era appesa la fotografia di Cheikh Said (Şêx Seîd), a capo della rivolta che porta il suo nome. Ricordando che venne appunto impiccato a Diyarbakır (Amed), con una cinquantina di seguaci nel 1925.
Da segnalare che ai militanti di chp (anche se vorrei dare per scontata la buona fede democratica dei più giovani, eredi in fondo della lotta di Gezi Parkı e piazza Taksim), non certo teneri con i curdi, si sono presto aggiunti quelli del Partito Zafer (Partito della Vittoria, ultranazionalista e xenofobo) il cui leader, Umit Özdag, è in carcere da qualche mese.
Da manuale il modo in cui i Lupi Grigi e le altre organizzazioni fascistoidi turche (islamisti o seguaci del turanismo panturchista che siano) tentano di scaricare sui curdi la responsabilità dell’attuale situazione.
L’ideologia dei Lupi Grigi del Movimento Ülkü Ocaklari si basa sull’esaltazione della “razza”, della lingua, della cultura e della nazione turca. Tutti gli altri popoli (curdi, armeni, greci, ebrei) costituiscono un potenziale pericolo, una fonte di divisione. Da combattere in quanto “nemici interni”.
“Pericolosi” anche dopo 30 anni di galera…
È di questi giorni la notizia che per altri 33 prigionieri politici curdi (o dovremmo definirli semplicemente ostaggi?) le porte della prigione, nel caso specifico quella di Bolu, non si vogliono aprire nonostante abbiano scontato la pena (magari con un piccolo sovrappiù). Senza dimenticare che sono decine di migliaia i prigionieri politici dietro le sbarre, molti anche senza accuse specifiche o dopo aver espiato la condanna (una sorta di detenzione amministrativa). La decisione presa dal consiglio di amministrazione e sorveglianza penitenziarie appare del tutto infondata in quanto fa uso di pretesti incoerenti, surreali.
Come “aver fatto cattivo uso dell’acqua”, “non aver voluto incontrare l’imam”, “aver letto pochi libri della biblioteca”…