È corretto dire che i settanta (o più) migranti sbarcati dalla nave “Diciotti” sono fuggiti? I responsabili dell’accoglienza e alcuni commentatori hanno detto di no, perché non erano detenuti: è un grave errore, perché non si è parlato di evasione, ma di “fuga”. Un termine usato dalla stessa Chiesa per chi “fugge” dalla miseria, dalla guerra e dalla fame.
Ed è il termine che vorremmo usare noi, per indicare chi fugge dalle proprie responsabilità civili, prima ancora che giuridiche. Come appunto questi migranti, che dopo aver chiesto e ottenuto vitto, alloggio e assistenza si sono subito dileguati per le strade di Roma, per dirigersi poi, forse, verso amici e parenti già in Italia o altri Paesi. Con la conseguenza che l’Europa ci rimprovererà di non saper controllare questi flussi disordinati, mentre il nostro ministro dell’Interno è paradossalmente inquisito per sequestro di persona, e altro, proprio per aver cercato di fermarli.
Un enigma costituzionale che coinvolge il sacrosanto principio della separazione dei poteri, perché, comunque la si veda, l’indagine verte su una scelta squisitamente politica – la strategia sui flussi migratori, appunto – per la quale si è ricevuto un esplicito mandato da parte dei cittadini e di cui casomai è doveroso rispondere in Parlamento.
Ma è discutibile che si possa farlo in Tribunale. Insomma, un pasticcio di cui il nostro Paese, e stavolta non per colpa del governo, pagherà il conto in termini di prestigio e di credibilità. Forse sarebbe bene rifletterci sopra, esaminando senza pregiudizi sentimentali la dinamica di questi sbarchi. Partiamo dall’origine: molti di questi poveretti scappano, è vero, dalla guerra e dalla fame. Ma se guardiamo bene i loro percorsi ci sorgono una serie di dubbi. Per esempio: come fanno ad attraversare, poveri e affamati, mezza Africa (dalla lontana Eritrea, passando per il Sudan, fino alla Libia) senza soccorsi e senza trasporti? E qui nasce la prima domanda. Non è che sono scelti, invogliati e magari costretti da una sorta di Mano Invisibile, che ha organizzato questo esodo con cinico raziocinio?
Non basta. Questi viaggi costano dai tre ai cinquemila euro a persona. Dove trovano, questi sfortunati, una cifra così esorbitante, che li renderebbe ricchi nel loro paese, per di più – stando al loro racconto – dopo essere stati torturati, e se donne stuprati, nell’inferno libico?
E ancora: è possibile che in ogni imbarcazione si trovino, in regolare sequenza, le stesse percentuali di donne, magari incinte, che denunciano violenze, e di bambini? Non è che i trafficanti li collocano a bordo calibrandone il numero con la premeditata spregiudicatezza di chi è disposto a buttarne qualcuno a mare per sollevare il nostro sdegno e sollecitare la nostra carità?
E infine: è ancora possibile parlare di naufragi e soccorsi in mare, così come sono interpretati dalle nostre coscienze e disciplinati dalle leggi internazionali, quando questi affondamenti sono sapientemente programmati nel tempo, nel luogo e nelle conseguenze? Queste domande sono brutali e sollevano, nelle anime belle, l’accusa di razzismo.
Bene, rispondiamo che questi migranti non sono mai stati accolti da nessuno per carità cristiana. Sono stati accolti per rassegnata impotenza. Se noi fossimo buoni, non lasceremmo a questa Mano Invisibile la scelta di chi può imbarcarsi e chi no. Perché, siamo sinceri, vecchi, malati e più semplicemente chi non ha soldi per pagarsi il viaggio resta lì, nella nostra ipocrita indifferenza. Mentre quelli che arrivano a credito sono quasi costretti a delinquere per pagare gli scafisti pronti a tagliare loro la gola.
E poi, perché continuare a parlare di costoro come “miserabili mercanti di carne umana”? L’opinione corrente li condanna, e la legge li punisce: ma se davvero fossero lo strumento per salvare le vittime della guerra e della fame, non dovremmo piuttosto premiarli? Non è anche questa ipocrisia? Concludo. Questa Mano Invisibile che pianifica, organizza, sfrutta e se necessario uccide questi poveretti non nasce dal caso. Nasce dal principio comune a tutte le organizzazioni criminali: che quando il delitto rende, ogni mezzo è buono per farlo rendere di più. E cosa hanno fatto negli anni passati l’Europa e l’Italia, almeno prima che arrivasse Minniti, con i loro proclami un giorno soccorrevoli, un giorno severi, ma sempre velleitari e inefficaci? Niente. Parole, parole, solo parole.
Ora i nodi sono arrivati al pettine con una figuraccia che discredita un po’ tutti i patrocinatori dell’accoglienza incondizionata. Non c’è da meravigliarsi che, secondo gli ultimi sondaggi, la popolarità del ministro Salvini, benché indagato, o forse proprio per questo, si avvicini pericolosamente a quella del Papa.
Carlo Nordio, “Il Messaggero”.