La lista delle violazioni dei diritti umani nei territori curdi occupati, invasi, rastrellati dall’esercito turco e dalle sue bande mercenarie risulta ormai infinita. Talmente quotidiane – tra saccheggi, rappresaglie, torture, uccisioni extragiudiziali, stupri – da rendere quasi impossibile un adeguato aggiornamento. Sia in Bakur sia in Rojava e Bashur.
Talvolta, scrivevo, si sfiora l’orrore. In qualche caso si va oltre.
Il 15 febbraio il corpo senza vita di una giovane curda, Sherin Rasul Mahmoud, veniva riportato nel suo villaggio di Mirkan nel distretto di Afrin (nel nord della Siria invaso dall’esercito turco) per esservi sepolto.
La ventenne era morta dando alla luce due gemelli. Secondo i medici il parto risultava prematuro e problematico a causa delle percosse subite dalla donna per mano di una banda criminale filoturca denominata “Fronte del Levante”, composta da collaborazionisti e mercenari. A causa dei maltrattamenti, il suo stato di salute si era aggravato e il giorno 14 i suoi familiari l’avevano autonomamente – e clandestinamente – trasferita in Turchia per un cesareo. Mentre i due gemelli, nati vivi per quanto prematuri, venivano posti in incubatrice, purtroppo Sherin non era sopravvissuta.
La sua situazione risultava ancor più difficile in quanto il marito, Abdo Izzat Ken di 25 anni, era stato rapito (presumibilmente dalla stessa banda di mercenari) insieme a decine di altri abitanti di Mirkan. E lei sapeva che era stato picchiato e torturato selvaggiamente. Non solo, mentre altri abitanti del villaggio in seguito erano stati liberati dopo il pagamento di un riscatto, di Abdo non si hanno più notizie. Tanto che ormai si teme sia andato ad allungare la lunga lista dei curdi siriani desaparecidos in seguito all’invasione turca.